Emergenza Covid, a scioperare contro il sovraffollamento delle carceri sono centinaia di detenuti.
Quello del sovraffollamento delle carceri italiane è uno di quei – tanti – problemi di cui si torna a parlare solo quando genera qualche fatto di cronaca. Ribellioni, morti, “incidenti” più o meno prevedibili. Senza considerare, ad esempio, che il sovraffollamento è, di per sé, un fatto di cronaca. Che in tempi di coronavirus rischia di diventare una “bomba sanitaria”, che mette in gioco “la tutela della salute di tante persone recluse e sono in gioco la tutela della salute e della sicurezza di migliaia di agenti di polizia penitenziaria”.
Che la situazione nelle carceri italiane sia “molto pesante” sono in tanti a dirlo, a il deputato e responsabile giustizia del PD Walter Verini lo diceva ad aprile – in piena prima ondata della pandemia. L’obiettivo, diceva allora Verini, era evitare appunto una “bomba sanitaria”, ed il ripetersi di “rivolte che mettono a rischio la sicurezza della collettività“. Per questo sono state tante le voci autorevoli a chiedere di mandare ai domiciliari i detenuti verso la fine della pena, che non rappresentano un allarme sociale, che hanno tenuto buone condotte, “escludendo ovviamente quelli per reati gravi e ostativi”, affermava Verini.
Ma su quanto siano state inefficaci le misure prese dal Governo si è espressa Rita Bernardini, leader del Partito Radicale e di Nessuno Tocchi Caino. Per richiamare l’attenzione del Governo sul problema, a inizio novembre Bernardini ha iniziato uno sciopero della fame, che intende portare avanti “a oltranza fino a quando non ci sarà il varo di provvedimenti adeguati a far diminuire la popolazione detenuta”, ha affermato la politica. “Quello che l’amministrazione sta facendo è inadeguato ad affrontare la situazione nelle carceri, ad oggi molto preoccupante”, accusa Bernardini, che punta il dito contro il provvedimento varato dal governo, che “non sta sortendo gli effetti sperati”. Sono pochi, spiega la radicale, quelli che vanno ai domiciliari, pur dovendo scontare pene bassissime. E nel frattempo, “gli spazi vitali nelle carceri si riducono. Bisogna intervenire subito“.
Alla sua protesta – a cui all’inizio hanno partecipato, anche loro attraverso lo sciopero della fame, una sessantina di persone tra colleghi radicali e i familiari dei detenuti, – si affiancano ora nomi di peso come quelli di Roberto Saviano, Luigi Manconi e Sandro Veronesi. I tre hanno scritto una lettera pubblicata contemporaneamente sul Corriere della Sera, La Stampa e Repubblica, per denunciare la situazione delle carceri italiane e manifestare il proprio appoggio all’iniziativa di Rita Bernardini. Il cui intento, si legge nella lettera, “è quello di chiedere al Governo e alle autorità pubbliche di adottare provvedimenti in grado di ridurre in misura significativa il sovraffollamento delle prigioni italiane”. Intento non solo della radicale, ma anche “nostro e di altre centinaia di cittadini e di oltre 700 detenuti, attualmente in sciopero della fame”, scrivono i tre scrittori. Allo sciopero della fame di Bernardini hanno infatti aderito anche i detenuti dell’Alta sicurezza di Sulmona: “Per noi nessuno farà nulla, ma almeno aiutiamo i nostri compagni“, hanno fatto sapere.
Sovraffollamento carceri, Walter Verini non alimenta illusioni sull’amnistia
Con l’arrivo sulla scena di nomi di peso – come quelli di Saviano, Manconi e Veronesi, – anche Walter Verini è tornato a dire la sua, per difendere il PD dalle accuse di non aver fatto nulla per migliorare la situazione nelle carceri in tempi di pandemia. “Questo non è il governo del ‘marciscano in galera’”, si difende Verini: anche se si poteva “fare di più e certamente meglio”, la situazione attuale è meglio che a febbraio, quando “c’erano oltre 62mila detenuti che oggi invece sono diminuiti di quasi 9mila unità”, grazie ai “provvedimenti adottati dal governo” che, sostiene il dem, il Pd “vuole ancora migliorare, con gli emendamenti“. Emendamenti che punterebbero a “domiciliari senza braccialetto a per chi deve scontare solo 12 mesi e ha tenuto una buona condotta”, così come ad un “aumento di 30 giorni rispetto ai 45 attuali ogni sei mesi a chi ha seguito percorsi rieducativi”. E anche per dare “un’accoglienza domiciliare a chi potrebbe uscire ma non ce l’ha“.
Sono misure che puntano a migliorare la situazione di sovraffollamento ma sono molto lontane dagli obiettivi ultimi dei radicali e di Bernardini stessa, che vorrebbe vedere approvata una vera e propria amnistia. “Non ci sono le condizioni politiche e i numeri per raggiungere i due terzi del Parlamento”, taglia corto Verini, che consiglia di “non alimentare tra le persone detenute speranze che si rivelerebbero illusorie”.
Cosa dice il Ministro Bonafede sulle carceri Italiane
I positivi al coronavirus nelle carceri italiane sono 826 detenuti e 1042 operatori penitenziari. A fare il punto della situazione nel Paese sul contagio nelle carceri italiane è stato il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, in risposta al question time alla Camera: tra i detenuti contagiati 804 sono gestiti dall’Area sanitaria interna e 22 ricoverati presso luoghi esterni di cura. Invece presso gli istituti minorili, ci sono 3 positivi su 299 presenze, uno dei quali già contagiato al momento del suo ingresso, ha spiegato Bonafede, che ha concluso: “Per quanto riguarda gli operatori positivi, 970 sono del personale del corpo di polizia penitenziaria e 72 fra il personale amministrativo e dirigenziale del Dap“.