Governo al lavoro sugli ultimi dettagli del Dpcm di Natale. Si va verso un blocco totale degli spostamenti tra Regioni, con misure ancora più rigide nei giorni festivi: vietato lasciare il proprio comune di residenza il 25 e 26 dicembre ed a Capodanno.
Il Dpcm di Natale arriva alla volata finale. Ancora poche ore a disposizione del Governo per mettere a punto i dettagli e cercare di ridurre il più possibile gli elementi di frizione con le Regioni, che pure sembrano essere ancora numerosi. Ma il tempo rimasto è poco e la strada, per la gran parte delle decisioni, pare tracciata.
Quasi certo, ad esempio, il divieto di spostamento dal proprio comune di residenza nei giorni di Natale, Santo Stefano e Capodanno. La decisione è arrivata al termine di un lungo confronto tra il Premier Giuseppe Conte ed i capidelegazione della Maggioranza. Il tema della mobilità, d’altra parte, è uno di quelli su cui ancora non è stata trovata una quadra: da una parte l’esigenza di impedire spostamenti tra regioni – magari con l’eccezione di chi far ritorno nel proprio luogo di residenza o domicilio – e dall’altra la volontà, espressa dallo stesso Conte, di far sì che vengano consentiti i ricongiungimenti familiari e le vacanze nelle seconde case. Deroghe che incontrano il muro da parte dei capidelegazione di Pd, Movimento 5 Stelle e Leu, convinti che “senza misure rigorose durante le feste, ci ritroveremo a febbraio con una terza ondata peggiore della seconda“. A dar voce all’ala più rigorista del Governo è ancora una volta il Ministro della Salute Roberto Speranza, forte del sostegno dei rappresentanti inviati sia dal Partito Democratico che dal Movimento: Dario Franceschini e Alfonso Bonafede. E’ grazie a questo inedito asse che i sostenitori della via della prudenza sembrerebbero aver avuto la meglio: nessuna deroga e mobilità tra regioni bloccata dal 21 dicembre al 7 gennaio, con l’aggravio dei giorni di festa: 25 e 26 dicembre, 1 gennaio. Probabile che le norme sugli spostamenti vengano fatte rientrare in un decreto legge che produrrà i suoi effetti nel periodo compreso tra il 21 dicembre ed il 7 gennaio, così da rafforzare il quadro normativo delle limitazioni alla libertà di movimento, mentre tutte le altre misure saranno ricomprese nel Dpcm in via di approvazione.
Alla base della scelta più severa c’è un calcolo piuttosto semplice: l’allentamento delle misure deciso la scorsa estate, quando i positivi erano numericamente limitati rispetto ad oggi, ha portato alla durissima seconda ondata che stiamo affrontando. Cosa succederebbe se si desse il via libera oggi, con molti più casi in circolazione? La media settimanale di contagi parla di 30 mila nuovi casi al giorno: in queste condizioni, una lieve crescita dell’indice Rt comporterebbe una terza ondata di proporzioni gigantesche che “senza regole ci arriverebbe in faccia“, ammette il Presidente del Consiglio.
Ciò nonostante Conte prova a resistere sulla possibilità di concedere deroghe allo spostamento tra Regioni. Un fronte su cui anche i Governatori insistono e si mostrano compatti chiedendo, attraverso un documento unitario firmato dal Presidente ligure Giovanni Toti, la riapertura degli impianti sciistici e la totale libertà negli spostamenti interregionali. “Non esiste“, mura il Ministro dei Rapporti con le Regioni Francesco Boccia, che insieme all’Esecutivo ragiona sull’idea di mantenere gli impianti chiusi almeno fino a febbraio. Possibile invece che sia concesso di rimanere aperti agli hotel delle località di montagna.
Qualcosa, invece, potrebbe essere concesso sul fronte del cenone, i cui limiti e le cui regole rimangono al centro del dibattito. Fermo restando il coprifuoco alle 22 – che già di per sé dovrebbe rappresentare un limite all’organizzazione serale di grandi tavolate – la discussione riguarda ora il numero di possibili invitati. E se Speranza insiste per una linea particolarmente rigida – che prevede la presenza esclusivamente dei membri conviventi del nucleo – il Premier valuta positivamente l’ipotesi di un approccio più morbido, alla tedesca, con il limite massimo di dieci commensali.
Permesse, infine, le Messe della notte di Natale, anticipate però alle 20. Confermate le regole per bar e ristoranti con la chiusura obbligatoria alle 18 ma la possibilità, su cui Italia Viva e Matteo Renzi hanno insistito a lungo, di rimanere aperti in occasione dei pranzi di Natale e Santo Stefano.