Le forze dell’ordine di Bergamo confermano che il DNA rinvenuto sulla scena del crimine di due violenti omicidi è lo stesso. E c’è un sospettato.
I casi di omicidio o scomparsa non risolti suscitano sempre una grande angoscia: sicuramente, i cittadini di Bergamo non saranno affatto tranquilli di scoprire che il responsabile di due omicidi avvenuti nel 2016 è lo stesso e che chiunque sia questa persona, non è ancora stata incriminata. I casi in questione sono quello di Daniela Roveri, manager 48enne ritrovata morta il 20 dicembre 2016 nella sua abitazione, presso il quartiere colognola e quello della professoressa Gianna Del Gaudio, assassinata a Seriate il 26 agosto dello stesso anno, pochi mesi prima. Stando alle ultime analisi forensi, ad assassinare le due donne sarebbe stata la stessa persona.
A questa conclusione è arrivata la scientifica di Bergamo che ha rinvenuto tracce dello stesso DNA sulla scena di entrambi gli omicidi. A dirlo è il genetista Giorgio Portera che ha seguito anche il brutale omicidio di Yara Gambirasio per il quale venne accusato e condannato all’ergastolo l’unico indiziato Massimo Bossetti. Il caso Roveri è stato archiviato dopo una proroga di due anni nelle indagini ma potrebbe ora essere riaperto di fronte alle nuove evoluzioni del delitto Del Gaudio, per il quale c’è un sospettato. La persona in questione è il marito della vittima, l’ex capo stazione Antonio Tizzani, assente al processo in Corte d’Assise.
“C’è una forte compatibilità tra il Dna rilevato su un guanto trovato accanto al taglierino dell’omicidio Del Gaudio e il Dna individuato sul volto di Daniela Roveri”, ha rivelato l’ex Ris nel corso dell’udienza: pur non volendo parlare di un serial killer, Portera ha insistito sul fatto che la dinamica dei due delitti è molto simile e che questa difficilmente potrebbe rivelarsi solo una coincidenza. I due crimini potrebbero dunque aggiungersi alla lista di casi irrisolti che quest’anno sono stati riaperti. Il legale di Tizzani intanto nega il coinvolgimento del suo cliente in entrambi i casi e parla di una accidentale contaminazione delle prove avvenuta nel laboratorio del Ris che ha ripetuto le analisi più volte, dato che il quantitativo di DNA ritrovato sull’arma del delitto era molto scarso: “Il mio assistito aveva i vestiti puliti e la scena del crimine era piena di sangue“, prosegue la sua difesa l’avvocato riferendosi all’omicidio Del Gaudio. Le indagini proseguono.
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