Il Consiglio dei ministri ha approvato il testo della legge di bilancio, che vale circa 38 miliardi di euro. Nel testo, un capitolo importante è dedicato all’assunzione nel pubblico impiego.
Più di duecento articoli suddivisi in 20 capitoli che si raggruppano in due parti, e in chiusura le regole sui fondi e gli stati di previsione dei ministeri. Dopo un non finire di lavoro e revisioni sul testo, la legge di bilancio è servita. E ieri è stata approvata dal consiglio dei Ministri, che l’ha esaminata per la seconda volta, come sollecitato dal Quirinale. La manovra, che ha un valore di circa 38 miliardi di euro, va a regolamentare le spese pubbliche in praticamente tutti i campi: sanità, impresa, occupazione, famiglia, fisco, ambiente, turismo e cultura. Anche al pubblico impiego è dedicata una sezione a dir poco importante.
Infatti è particolarmente consistente il capitolo dedicato all’impiego nelle pubbliche amministrazioni. La manovra, oltre a trovare risorse per il rinnovo contrattuale, dispone di un nuovo meccanismo che mette a disposizione per i prossimi 13 anni – dal 2021 al 2033 quindi – un totale di 3,63 miliardi di euro. Il fondo è dedicato alle assunzioni che lo Stato – i ministeri e la Pubblica amministrazione centrale in genere – potranno realizzare, in deroga alle regole generali, le quali limitano spesa e ricambio del personale.
Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha dichiarato che la manovra è soltanto il primo passo dei nuovi interventi in arrivo. Interventi che verranno ulteriormente potenziati, nonché altre misure per “il sostegno alla ripresa dell’economia”, con l’obiettivo di dare un supporto a imprese e famiglie colpite dalle nuove restrizioni previste negli ultimi Dpcm. Ma di certo il primo pacchetto previsto – e già dettagliato nel testo della manovra – per le assunzioni nella pubblica amministrazione fa impressione: sono previste per esempio 3.280 assunzioni nella giustizia, 250 al Viminale, 142 al ministero della Salute, 550 alle Ragionerie territoriali dello Stato, 61 all’agenzia nazionale delle erogazioni in agricoltura.
La manovra assicura anche alle pubbliche amministrazioni del Mezzogiorno la possibilità di assumere nei prossimi tre anni 2.800 persone, per un totale di 126 milioni di spesa annua. Assunzioni, e fondi, che dovranno essere dedicati esclusivamente alla gestione dei fondi europei in arrivo. La manovra va a esaudire in parte una richiesta fatta ad agosto dal presidente dell’Anci, l’Associazione Nazionale Comuni Italiani, Antonio Decaro, e contenuta nel documento “Città-Italia”, firmato dai sindaci italiani. Il documento, presentato al ministro degli Affari Europei Enzo Amendola, dicastero che si occupa dei fondi europei, indica la cifra minima di cui avrebbero bisogno i governi locali per uscire dalla crisi: 20 miliardi di euro. “Rispetto ai 200 miliardi del Recovery Fund, la richiesta dei Comuni è il 10% come per tutti i fondi europei, quindi non stiamo chiedendo la luna”, sono state le parole di Decaro.
Il progetto dei Comuni si snoda in dieci punti: dall’efficientamento energetico alla mobilità sostenibile, dalla gestione dei rifiuti alle reti digitali, dalle scuole alla edilizia abitativa, dal recupero di periferie ai beni culturali, passando anche per la creazione di una scuola nazionale per la formazione di una classe dirigente della Pubblica Amministrazione. “Tutte cose – ha detto Decaro – che i sindaci italiani stanno già facendo pur senza soldi. Ora ci diano i mezzi e l’Italia la facciamo ripartire noi”.
Quello delle assunzioni nella pubblica amministrazione è un punto polemico. Si sa che l’Italia è uno dei Paesi che storicamente non riesce a spendere tutti i soldi assegnati dai Fondi Strutturali europei. Il problema alla base sarebbe proprio la mancata capacità dei governi locali – dalle Regioni ai Comuni – di elaborare e poi gestire i progetti necessari per il territorio. E questo fa capire quanto la mancanza di risorse umane adeguate, quasi un ossimoro in molte amministrazioni pubbliche, sia deleterio per il Paese. Che si punti, con il progetto “Città – Italia”, alla formazione di risorse umane di qualità nella pubblica amministrazione, è dunque un ottimo punto di partenza. Ma il rischio che si corre di vedere invece l’ennesimo piano di assunzione sfrenato, che risponda più a logiche di partito e di favoreggiamenti vari che alle necessità reali, è molto alto. Anche la vera necessità di assumere nuovo personale, invece che riqualificare quelli attuali, viene seriamente messa in discussione.
Le controversie sul potenziamento del pubblico impiego ai tempi del coronavirus sono ancora più accese. In questo periodo storico, gran parte del Paese deve fare i conti con una crisi economica senza precedenti, e senza contare sugli ammortizzatori sociali adeguati per superare la crisi senza il rischio di uscirne gravemente indeboliti, o di non uscirne affatto. Il filosofo ed ex sindaco di Venezia Massimo Cacciari ha allertato sulla scandalosa asimmetria tra quelli che non hanno lo stipendio sicuro e le categorie super protette. “Prima o dopo arriveranno i tagli anche agli statali e parastatali”, ha sostenuto Cacciari, per il quale è “del tutto impossibile, impraticabile, intollerabile, che questa crisi la paghi soltanto metà della popolazione italiana”.
Questa percezione di disuguaglianza, sempre più diffusa, soprattutto tra i tanti lavoratori precari e piccoli imprenditori, che ormai compongono lo strato sociale più ampio dell’Italia, fa sì che il rafforzamento delle misure contenute nella manovra e che vanno a beneficiare il pubblico impiego suoni come un vero e proprio schiaffo. Perché, almeno a leggere il testo della manovra, il settore non sembra per niente toccato dalla crisi occupazionale e di reddito che sta travolgendo quasi tutti i settori del privato. Si prevedono i 400 milioni aggiuntivi promessi qualche settimana fa dal governo, che portano a 3,8 miliardi lo stanziamento complessivo per il rinnovo contrattuale relativo al 2019/2021. Il costo totale per la finanza pubblica sale quindi a 6,7 miliardi.
Ma neanche tutti questi miliardi sono bastati a fermare l’agitazione sul fronte sindacale. La battaglia è sulle cifre, per l’inclusione nei conti dell’aumento i soldi per la vacanza contrattuale obbligatoria per legge. Con l’arrivo della manovra si è alzata la tensione e si potrebbe arrivare allo sciopero. Anche quella dei sindacati è l’immagine di una realtà parallela, inesistente per una fetta sempre maggiore della popolazione. Queste associazioni, che tanto hanno fatto per i diritti dei lavoratori nel Secolo scorso, si rivolgono a un pubblico sempre più circoscritto, diventato quasi una casta nella guerra tra poveri che assistiamo quotidianamente.
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