Ha davvero pronunciato quelle frasi, il premier Conte, in riferimento ad un Natale, ormai prossimo, che sarà il primo al tempo del Covid. L’emergenza ha ormai stravolto le nostre vite da mesi ma è nella massima festività cristiana, insieme alla Pasqua, che si avvertirà il senso del cambiamento nelle nostre vite. Per questo le domande su come vivremo la ricorrenza, se anche appaiono premature o oziose, rivelano una domanda più profonda: a che punto siamo arrivati. E la risposta è nella frase del Premier, e nel suo sorriso.
L’intenzione sarà stata delle migliori – rassicurare e indurre ad una riflessione – ma l’esito non potrebbe dirsi altrettanto. Ci riferiamo alle parole del premier Conte, pronunciate in collegamento con il segretario della Cgil, Maurizio Landini. Il tema era la prossime festività e, sul punto, l’inquilino di Palazzo Chigi ha commentato:
“Non dobbiamo identificare il Natale solo con lo shopping, con il fare regali e scambiarsi dei doni. Questa è una cosa molto buona e può dare un impulso all’economia: ma Natale, a prescindere dalla fede religiosa, è senz’altro anche un momento di raccoglimento spirituale. Il raccoglimento spirituale, farlo con tante persone non viene troppo bene“.
Frasi ragionevoli se non fosse per quel sorriso che ha accompagnato la breve riflessione, dall’inizio alla fine. E il sorriso stona, a dire il vero, perchè sembra nascondere la divertita consapevolezza del genitore che ha già deciso qualcosa di poco piacevole per il bambino e la tiene per sè, questa decisione, ancora qualche giorno, sicuro che le rimostranze saranno innocue. E comunque lui ha già deciso.
Ecco, sembra quella del premier un diplomazia minima e canzonatoria, la diplomazia che si concede ai bambini con un sorriso che è, allo stesso tempo, gentilezza e sufficienza. Ed è già tanto, e la si dovrebbe apprezzare, perché il papà premier ha altro da fare: salvare l’Italia, ad esempio: una frase che l’inquilino di Palazzo Chigi non si è stancato di ripetere in questi mesi.
Sì, ha salvato l’Italia da losco figuro che, a pancia scoperta, reclamava “pieni poteri“. Ed è arrivato lui, tutt’altro stile, a firmare Dpcm come se piovesse – se ne contano tredici – senza disturbare il Parlamento. Sta salvando l’Italia dal Covid e chissà da cos’altro, fra poco. L’idea di un Paese nuovo, vagheggiata durante i giorni degli Stati Generali, lì è rimasta: lì e nelle carte del comitato di esperti, Vittorio Colao in testa: parole e tempo persi, mentre l’acqua si era ritirata sinistramente dalla spiaggia e a largo la si poteva vedere, la seconda ondata. Ma no, noi eravamo i migliori del mondo: il Ministro Speranza lo certificava scrivendo un libro in estate come un Cesare di ritorno dalla Gallia, un libro che ora, con i morti che straripano dai bollettini del Ministero, ha pudore a far leggere.
In estate c’era gente che puntava il dito contro la movida e non muoveva un dito, intanto, per creare argine e provare a cambiare la risposta sanitaria sul territorio. La movida è stata un enorme alibi per un Esecutivo stanco, comprensibilmente, e con poche idee, o forse nessuna. Perchè aggiornare i protocolli per l’assistenza domiciliare, sostenere la risposta sanitaria dei territori, reclutare personale medico e infermieristico, varare un progetto di edilizia ospedaliera riconvertibile potevano sembrare idee. Se non pensi almeno a questo, puntare il dito sui ragazzi e gli aperitivi appare riduttivo e, forse, neanche in buona fede. Ma il Governo dei migliori non poteva attardarsi su queste facezie: del resto aveva già visto il futuro dai giardini di Villa Doria Pamphili, a giugno. Ma siamo in novembre, ora, e siamo tornati in trincea. E moriamo, dicono.
Per questo il sorrisino del premier Conte quando parla del Natale stona, e non poco. Stona perchè a pronunciare quelle parole non è un sacerdote. E’ il sorriso di un avvocato che un giorno si risvegliò premier e che, non contento delle elargizioni di una realtà generosa fino alla prodigalità, non smette di sognare da statista e, forse, da guida spirituale. Ma è l’uomo che non ha esitato, in nome dell’emergenza, a vietare messe e funzioni religiose, fossero anche di commiato ai defunti. E sembra compiacersi nel dare quella sensazione di affettuosa sufficienza, e di garbata presa in giro, ora.
L’epilogo di quel sorriso, allo stesso tempo leggero e pesantissimo, potrebbe essere il Natale con il coprifuoco, il primo della nostra vita. Sarebbe la fisiologica prosecuzione di una sequela di Dpcm, inaugurata con largo anticipo rispetto alla Pasqua, e ora prossima a dipanare i propri effetti nell’Avvento: arriveremo al diciassettesimo Dpcm in prossimità della Vigilia. Basterà confermare quanto già promulgato: tutti a casa alle 22:00. Niente cena dai parenti, perchè non si potrebbe tornare a casa per tempo e, soprattutto, niente messa. Palazzo Chigi e dintorni non contemplano fedeli in strada, la notte di Natale.
Ma alla fine questi sono problemi secondari, lascia intendere il premier. E, intanto, sorride.