A Genova, presentato un documento con la bozza del protocollo da seguire per le cure domiciliari dei pazienti affetti da Coronavirus. E ai medici italiani non piace per niente. Intanto il nuovo bollettino del Ministero della Salute aggiorna i dati del contagio: il numero dei decessi giornalieri non accenna a diminuire.
Sono 33.979 i positivi al Coronavirus individuati nelle ultime 24 ore in Italia, secondo i dati del Ministero della Salute. I morti sono 546, due più di ieri. Sotto pressione anche la terapia intensiva: è cresciuto di 116 unità il numero di pazienti ricoverati. Il totale delle persone in rianimazione è di 3.422. I ricoveri nei reparti ordinari sono aumentati di 649 unità, portando il totale a 32.047. In flessione il numero dei tamponi: ne sono stati effettuati 195.275 tamponi, oltre 30 mila meno di ieri, con il consueto netto calo del weekend. Un altro dato preoccupante è il rapporto rapporto tra positivi e test è del 17,4%, in aumento di oltre un punto percentuale rispetto a ieri.
Il problema della cure domiciliari
“Non è questo il sistema giusto per fornire delle indicazioni, siamo rimasti fermi a marzo-aprile”, è la protesta dei medici di famiglia e di base riguardo le nuove norme per somministrare le cure domiciliari ai pazienti di Covid con sintomi più lievi che saranno trattati direttamente a casa o in apposite strutture alberghiere. Le norme – ancora in via provvisoria – sono redatte dall’Agenas, l’agenzia nazionale per i servizi sanitari, sotto la guida del dott. Matteo Bassetti, direttore della clinica di Malattie Infettive del San Martino, nominato dal Ministro Speranza coordinatore nazionale nella gestione dei pazienti Covid.
Sono norme indispensabili per dare un po’ di sollievo ad un sistema sanitario estremamente in difficoltà e che in alcuni territori – come Monza e Napoli – ha già raggiunto il sovraccarico. Una soluzione che però deve fornire risposte chiare e semplici alle domande del personale sanitario che sarà incaricato di gestire tale iniziativa. Ma i medici di base protestano: “Non siamo stati consultati da nessuno. I protocolli sono stati redatti senza il nostro aiuto e ci lasciano una libertà d’azione limitatissima”.
Riguardo le cure domiciliari, i medici non possono praticamente fare nulla nel caso si presentino determinati sintomi molto frequenti nei pazienti malati di Coronavirus: “Ai pazienti con la febbre sotto i 38 gradi possiamo dare paracetamolo o aspirina. Se la febbre sale oltre i 38 gradi e dura più di 96 ore con presenza di tosse e dispnea, le indicazioni rimangono le stesse con l’aggiunta della somministrazione di eparina. E questo è quanto”, dicono i medici. Il documento è stato presentato da Matteo Bassetti che dirige il reparto Malattie infettive dell’Ospedale San Martino. La bozza del documento è stata redatta nel corso di un vertice con i responsabili della medicina generale di Genova. Il medico ha voluto specificare che nei casi più gravi, il paziente viene trasferito comunque in ospedale. Per aiutare i medici di famiglia in questo gravoso compito, sono disponibili però videoconsulenze: “In questo modo, sarà possibile consultare il personale ospedaliero senza recarsi materialmente sul posto, aiutandoci a decongestionare le strutture di cura”, ha aggiunto Bassetti.
Cure domiciliari, i medici: “Ci mandano allo sbaraglio”
Un’altra protesta arriva dal direttore della Federazione dei medici di famiglia Pier Luigi Bartoletti che afferma: “Le cure domiciliari, somministrate a casa o nei ‘Covid hotel’ che il Governo sta assistendo, non possono essere affidate a medici impreparati, dobbiamo ricevere indicazioni chiare e una preparazione che ci permetta di gestire l’emergenza. Oltre tutto, mandare medici di una certa età ad assistere i malati è molto pericoloso per la loro salute, devono avere le attrezzature adatte e non essere inviati senza i mezzi necessari”. Ancora una volta, le misure prese dal Governo scatenano malumori nella categoria interessata: sfortunatamente, non è il primo caso in cui un provvedimento non risulta chiarissimo e viene criticato da chi dovrebbe metterlo in atto.
Il Ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia intanto sta allestendo le strutture che dovranno servire allo scopo di tenere i pazienti meno gravi fuori dagli ospedali: “Serve almeno un hotel per provincia in modo da coprire tutto il territorio regionale con strutture adeguate”, sono le sue parole. Per fare ciò, il ministro ha interpellato il Commissario straordinario per l’Emergenza Covid Domenico Arcuri. Nel frattempo, l’emergenza continua ad infuriare nel paese: con molti ospedali ormai allo stremo delle forze, ridurre il flusso di pazienti che ogni giorno si presentano nei reparti con sintomi meno gravi rispetto a quelli che finiscono in terapia intensiva potrebbe essere un grande sollievo per il personale sanitario.