Arianna, cacciata dalla Polizia per un tatuaggio. Ma altri sono stati trattati diversamente

La poliziotta sospesa per un tatuaggio sul polso torna a protestare attraverso i suoi profili social: «Ho subìto una disparità di trattamento».

"È disparità di trattamento", dice la poliziotta sospesa per un tatuaggio

«Una notevole, disgustosa, disparità di trattamento». Così commenta Arianna Virgolino la sua esclusione dalla Polizia di Stato in un video pubblicato sul suo profilo Facebook. Sospesa nel 2019, l’agente era stata definita un «nocumento all’immagine della Polizia» a causa di un tatuaggio sul polso prontamente eliminato con il laser. Eppure oggi scopre che i provvedimenti non sarebbero uguali per tutti. La sua sentenza, dice Virgolino, risulta «un po’ strana, mettendo in paragone il mio iter con quello di una mia pari corso. Si sono comportati con noi in modo completamente diverso». E dicendo “noi” comprende altri tre colleghi che stanno combattendo la stessa battaglia: Valeria, Sara e Claudio. Nel video la poliziotta sospesa confronta i suoi documenti con quelli della collega vice ispettore che avrebbe ricevuto un trattamento di favore. Carte alla mano, risulta che il vice ispettore avrebbe avuto un «tatuaggio in zona non coperta (dall’uniforme, ndr), di centimentri 10×4» durante i controlli fisici e medici della Polizia, rimosso solamente in seguito.

Nonostante questo, l’agente non sarebbe stato sospeso. Al contrario di Arianna, Valeria, Sara e Claudio. Non solo. Stando a quanto racconta Virgolino, da dopo la loro sospensione, gli agenti con tatuaggi esposti vengono sottoposti a controlli con il righello e fotografie con la divisa per verificarne la visibilità. «Noi non siamo stati rivalutati, mai. Ci hanno sospeso direttamente. In sede concorsuale, durante gli accertamenti medici, non ci hanno scattato le fotografie», racconta. E per questo si definisce «un’agente di Polizia ingiustamente sospesa». Anche Virgolino avrebbe voluto eseguire tutte le verifiche necessarie a dimostrare che il suo tatuaggio era stato completamente rimosso anche prima delle visite medico concorsuali, come raccontato da Repubblica, ma non è stato così. «Noi al Consiglio di Stato abbiamo perso senza prove. Io sono sicura che se ci avessero scattato le fotografie all’appello non ci si sarebbe neanche potuti arrivare mai. A noi mai nessuno ci ha mandato a verificazione. Perché? Non stiamo parlando di periodi storici differenti. Stiamo parlando degli stessi periodi», spiega ancora con rabbia. La sua sospensione e quella dei suoi colleghi che stanno vivendo lo stesso disagio è piombata nelle loro vite inesorabilmente. E per Virgolino non può che trattarsi di disparità di trattamento: «Cos’altro dire qua? Forse davanti alla Quarta Sezione del Consiglio di Stato due individui umanamente uguali non hanno lo stesso valore. Forse per la Quarta Sezione del Consiglio di Stato un viceispettore merita di più rispetto a un agente semplice». Ciononostante, la speranza è che tutto questo non sia voluto, sia un errore involontario, in modo che gli agenti sospesi possano indossare di nuovo la «divisa che noi ci siamo sudati».

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Fonte: Facebook Arianna Virgolino – La Repubblica

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