Il Ministro della Salute Roberto Speranza, dopo due giorni di attacchi da parte di diversi Governatori, riferirà oggi in Parlamento sulla suddivisione delle regioni nelle tre diverse zone previste dall’ultimo Dpcm. Intanto, si sfoga: “Le Regioni ignorano la gravità della situazione, invece di assumersi le proprie responsabiltà”.
Sembra sul punto di esplodere, il Ministro della Salute Roberto Speranza, alla vigilia del suo passaggio parlamentare in cui illustrerà le scelte fatte dal Governo sulla suddivisione dell’Italia nelle tre aree di rischio. Gli ultimi giorni, per lui, sono stati una vera maratona fatta di dati, incontri, trattative estenuanti con quei Presidenti di Regione che ormai da due giorni lo attaccano e lo accusano. C’è addirittura chi finge di aver scoperto dalla televisione che la propria regione è stata inserita nella zona rossa – come se il Ministero della Salute non avesse tenuto un filo diretto con tutti i Governatori in tutte le fasi che hanno preceduto il Dpcm più complicato di sempre.
Un periodo difficile, per il Ministro che ha rinunciato, per il momento all’uscita di un suo libro, scritto in estate: “Perché guariremo” il titolo, atteso nelle librerie giovedì 22 ottobre. Ma del uo libro dedicato alla pandemia di Covid-19 non c’è traccia. Dalla casa editrice, infatti, fanno sapere che, vista la situazione di recrudescenza della pandemia in Italia, si è deciso di rimandare l’uscita.
“Sono arrivati attacchi oltre il limite“, confidava ieri Speranza, con riferimento al muro contro muro con le regioni. Il Ministro ha tentato dal rinunciare, per una volta, alla sua tradizionale compostezza per rispondere per le rime alle accuse piovutegli addosso da alcune amministrazioni regionali. Ciò che al Ministro non va giù, ancor più degli attacchi nei suoi confronti, è che ci sia chi finge di “ignorare la gravità dei dati dei propri territori, anzichè assumersi la propria parte di responsabilità“.
Lombardia, Piemonte e Calabria
Il riferimento, probabilmente, è indirizzato a quelle Regioni che in questi giorni hanno maggiormente contestato l’inserimento in zona rossa: Lombardia e Piemonte su tutte. Il Governatore lombardo Attilio Fontana, dopo aver definito “immotivata e grave” la decisione dell’Esecutivo, ha accusato Speranza di aver basato la scelta su dati vecchi, risalenti al monitoraggio del 25 ottobre. Come se il numero uno del Pirellone non sapesse che quei dati, al Governo, li ha comunicati proprio la sua amministrazione e che, soprattutto, sia praticamente una certezza che da quella data ad oggi la situazione possa soltanto essere peggiorata. E come se il rimpallo di responsabilità tra Governo e Regione non sia stato portato avanti per mesi, con Fontana che invocava misure dure – che sarebbero spettate al Governo, dal suo punto di vista – salvo poi gridare allo scandalo per un Governo che decide di “esautorare le Regioni“.
Un atteggiamento tenuto negli ultimi mesi da molti dei Governatori regionali. Dalla Lombardia alla Campania, l’impressione data dalle amministrazioni in queste fasi di crescita dei contagi è stata quella di tenere sempre un occhio sui sondaggi e sulle possibili conseguenze elettorali delle decisioni prese – più che sul vero andamento dell’epidemia. E così, quegli stessi Presidenti che in estate, con pochi contagi e una situazione più rosea, invocavano una maggiore autonomia, sono improvvisamente passati a sostenere la necessità che fosse il Governo ad imporre un lockdown che – per giunta – questo dovesse essere uguale su tutto il territorio italiano.
Nel caso della Lombardia e del Piemonte, insiste Speranza, le recriminazioni sono incomprensibili: entrambe le Regioni hanno fatto registrare un indice Rt superiore a 2. Un valore altissimo che lascia intendere che la curva sia destinata a continuare la sua crescita vertiginosa. Basti pensare, sottolinea il Ministro, che Angela Merkel, in Germania, considera emergenziali tutte quelle situazioni in cui l’indice Rt superi la soglia di 1,3.
Si fatica a comprendere anche le proteste arrivate dalla Calabria, dove l’indice Rt è leggermente più basso – 1,86 – ma dove la capacità di risposta del sistema sanitario è decisamente inferiore. Continuare per altre due settimane con il raddoppio dei contagi sarebbe stata una scelta folle e pericolosa: “Lo dicono gli scienziati”, ripete il Ministro.
Le restrizioni unica strada possibile
Nonostante tutto, Speranza non si scompone, pur ammettendo di essere arrivato al proprio limite di sopportazione. Eppure, oggi andrà in Parlamento non per attaccare – o per mostrare quei dati che incontrovertibilmente dimostrano che nelle zone rosse la situazione dei contagi è fuori controllo – ma per chiedere ancora una volta unità e responsabilità.
D’altra parte, le sue decisioni continuano a basarsi sui dati e sui parametri stabiliti di concerto con l’Istituto Superiore di Sanità. E’ questo che a Speranza proprio risulta inconcepibile: negare le curve epidemiologiche. Solo ieri, l’Italia ha registrato altri 445 decessi, un numero altissimo. Per questo, dal Ministero della Salute, fanno sapere di ritenere inevitabili le decisioni prese: “Sappiamo di imporre sacrifici alla gente, ma non c’è altro modo“, ripete Speranza, prendendo ad esempio i leader degli altri paesi europei in cui, già da giorni, è tornato più o meno totalmente il regime di lockdown. Cita Merkel, Macron, Johnson. Tutti hanno imposto durissime restrizioni ai propri concittadini, non “perché hanno piacere, ma perché a volte queste restrizioni sono l’unica strada possibile. E i prossimi giorni lo dimostreranno“, insiste.
Speranza sa di aver imposto la chiusura di territori per milioni di abitanti ed è consapevole che questo potrà succedere in maniera ancora più ampia, nei giorni e nelle settimane a venire. Ma è convinto di aver chiuso in maniera chirurgica, toccando esclusivamente le aree in cui restrizioni tanto severe si erano rese indispensabili: “I dati delle Regioni confluiscono tutti nel database dell’Istituto superiore di sanità. Poi vengono elaborati con i parametri e scattano le ordinanze“, afferma per sottolineare la natura scientifica – più che politica – delle sue scelte. “Sono arrivati attacchi oltre il limite” avrebbe detto Roberto Speranza, riferisce Repubblica “C’è un limite anche alla mia mitezza, anche alla mia pazienza. È surreale che anziché assumersi la propria parte di responsabilità, ci sia chi faccia finta di ignorare la gravità dei dati dei propri territori“.
I dati incompleti: errore o dolo?
Vero è che i dati forniti da diverse Regioni – Campania, Liguria, Veneto, Abruzzo e Basilicata – sono arrivati in maniera incompleta. Solo nelle prossime ore verranno definitivamente integrati in modo da poter essere inseriti – tra sabato e domenica – nella griglia dei parametri voluta dal Governo. A quel punto arriveranno altre decisioni, che sembrerebbero vedere a rischio la Liguria, destinata probabilmente a finire come minimo in zona arancione. Meno preoccupante, almeno per il momento, apparirebbe la situazione del Veneto, mentre continuano ad esserci dubbi – questi sì, comprensibili – sulla Campania. Che rimane in bilico – oltre che al centro delle polemiche.
La regione del Presidente Vincenzo De Luca era stata, in queste settimane, uno dei simboli dell’emergenza. I numeri diffusi parlavano di una grande crescita dei contagi, e di un impatto importante sulla tenuta del sistema ospedaliero. Eppure, afferma Speranza in attesa degli aggiornamenti, gli ultimi dati sembravano dire qualcosa di diverso. I ritardi nella comunicazione ci sono stati, da parte di diverse Regioni, e il Ministro esclude che dietro questa circostanza possa esserci una precisa volontà delle amministrazioni. Nessun dolo, sostiene il Governo, anche se l’ipotesi che – con un Dpcm differenziato per aree di pericolo – le Regioni possano cercare di agire sui dati per migliorare la propria posizione agli occhi dell’Esecutivo è stata avanzata da più parti, negli ultimi giorni. Tra i più pessimisti a riguardo, anche il virologo Andrea Crisanti.
Inevitabile, infine, che il corto circuito nella comunicazione dei dati aggiornati da parte delle Regioni sia finito anche sul tavolo della Conferenza Stato-Regioni. Su questo è il Ministro Francesco Boccia ad escludere ipotesi fantasiose, restringendo il campo a due possibili alternative: “I dati sono un fatto oggettivo. Se non sono corretti, ci sono due alternative: o è un errore di chi li ha trasmessi, o abbiamo un problema di altra natura“. Non ancora un’accusa, ma quanto meno un campanello d’allarme.