Il virologo Andrea Crisanti non ha dubbi: il nuovo Dpcm, che divide l’Italia in tre diversi livelli di criticità in base a 21 criteri, porta con sé il rischio che le Regioni, per non vedersi costrette ad aumentare le restrizioni imposte alla popolazione, intervengano per truccare i dati sui contagi e sui ricoveri.
Nella notte il Premier Giuseppe Conte ha firmato il nuovo Dpcm, che divide l’Italia in tre diversi livelli in base alla situazione dei contagi. Ospite della trasmissione Agorà, in onda su RaiTre, il virologo Andrea Crisanti ha cercato di analizzare il tipo di interventi che, a suo giudizio, si rendono necessari in questa delicata fase di gestione dell’epidemia, sgombrando il campo dalla disputa – particolarmente presente su gran parte degli organi di informazione – tra favorevoli e contrari al lockdown. Il punto, secondo il professore che ha guidato con ottimi risultati la gestione della prima ondata in Veneto, è riuscire a prendere quelle misure preventive che permettano di scongiurare una terza ondata nei prossimi mesi. Imporre una severa chiusura in questo momento, secondo Crisanti, permetterebbe senz’altro di abbassare sensibilmente la curva dei contagi, portandola a ridosso del Natale a livelli decisamente più gestibili. A quel punto, però, “ci saranno mille pressioni per rimuovere queste misure e poi a febbraio saremo di nuovo in questa situazione“, prevede lo scienziato, anche considerando un grande livello di assembramento tra le persone in coincidenza della celebrazione delle festività natalizie.
Al di là delle misure finalizzate ad un immediato contenimento, quindi, Crisanti punta l’attenzione sulla necessità di un piano che possa garantire, una volta fatto diminuire il numero dei contagi, che questi non rimbalzino nuovamente verso l’alto. Ed essendo impensabile procedere per mesi e mesi soltanto con misure restrittive, che danneggiano l’economia e diffondono malcontento e rabbia tra la popolazione, si rende necessario, secondo il professore, un “piano nazionale per consolidare i risultati di queste nuove restrizioni. Altrimenti a febbraio ci ritroviamo in questa situazione“, assicura. A sparigliare potrebbe intervenire la diffusione di un vaccino, che però, sottolinea Crisanti, difficilmente potrà essere disponibile in quantitativi massicci già all’inizio del nuovo anno.
Il virologo critica poi anche i criteri adottati nell’ultimo Dpcm per la classificazione delle diverse aree di rischio all’interno del Paese. Gli ormai celebri 21 criteri attraverso i quali si stabilisce se ogni singola regione appartenga alla fascia verde, arancione o rossa del paese, sembrano un po’ troppo numerosi a Crisanti – convinto che la priorità sia tenere d’occhio lo stato di saturazione degli ospedali – che poi, intervistato da La Stampa, lancia un avvertimento: “Non vorrei che un provvedimento simile inducesse le Regioni a non essere totalmente trasparenti riguardo a questi dati“.
Secondo Crisanti, infatti, l’eccessiva politicizzazione della gestione di questa fase – in cui, a onor del vero, è sembrato che le varie istituzioni agissero, tutte, mantenendo sempre un occhio alle conseguenze delle proprie scelte in termini di consensi – potrebbe portare al rischio che alcuni dati vengano manipolati per evitare di far sconfinare singole Regioni in area arancione o, peggio, rossa: “Se tenere aperta o chiudere una Regione diventa un fatto politico, se un presidente di Regione pensa che il successo politico si dimostra non chiudendo, è chiaro che ci sono mille modi per aggiustare i dati e stare sotto la soglia“. Ad esempio, sottolinea il virologo, in alcune regioni si potrebbe decidere di non ricoverare tutte quelle persone ritenute in una condizione borderline, così da non aggravare il livello di riempimento dei reparti ospedalieri e delle terapie intensive, per scongiurare l’innalzamento della soglia di restrizioni a livello regionale.
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