Dopo giorni di trattative e liti sulle nuove misure da introdurre, il tempo sembra essere scaduto. Il nuovo Dpcm dovrebbe quindi essere varato nella serata di oggi, con una serie di nuove misure anti-Covid suddivise su tre distinti livelli di intervento.
Il nuovo Dpcm, contenente le ulteriori restrizioni che dovrebbero cercare di contenere l’avanzata del coronavirus, non è ancora pronto. Sono giorni che, dal Governo e dagli ambienti tecnici con cui questo collabora – su tutti Istituto superiore di sanità e Comitato tecnico scientifico – trapelano indicazioni sulla grande urgenza di varare provvedimenti più stringenti, sulla fretta di agire prima che la curva dei contagi raggiunga livelli ingestibili. Lo ripeteva ieri il Ministro della Salute Roberto Speranza, lo sottolineano oggi gli uomini di scienza vicini all’Esecutivo. Eppure, il nuovo Dpcm non è ancora pronto. Lo sarà, probabilmente, questa sera.
Segno evidente che il braccio di ferro in corso tra Governo e Opposizioni, rappresentate in questa sede anche dalla resistenza delle Regioni ad adottare provvedimenti restrittivi tarati sulle esigenze di ciascun territorio, si sta trasformando in una pericolosa guerra di posizione, da cui alla fine tutti rischiano di uscire sconfitti. Quel che è certo è che di tempo non ce n’è più, e quindi in serata – al massimo in nottata – gli ultimi nodi dovranno necessariamente essere sciolti. Con la collaborazione delle amministrazioni locali, o meno.
La principale novità dovrebbe riguardare il coprifuoco. Una misura che il Premier Giuseppe Conte non vorrebbe varare, ritenendola una eccessiva forzatura, ma alla fine appare più che probabile che lo stop serale a tutte le attività, oltre che alla circolazione dei cittadini, sarà uno dei punti salienti del nuovo decreto. Rimane aperta la discussione sugli orari: se alcune regioni – Lombardia, Campania e Puglia – chiedono di far scattare le chiusure alle 18, incontrando l’approvazione del Partito Democratico e di Speranza, sul fronte opposto Conte trova per una volta sostegno da Italia Viva, che per bocca del Ministro delle Politiche Agricole Teresa Bellanova insiste perché entri in vigore non prima delle 23. Una proposta di slittamento che depotenzierebbe notevolmente la misura, e che ha causato la rabbia del Pd, i cui esponenti fanno sapere che, in questi termini, il coprifuoco sarebbe del tutto inutile.
L’altro fronte aperto riguarda il rapporto con le Regioni, che dopo aver invocato a gran voce autonomia nelle settimane scorse, ora pretendono che le misure più severe siano decise dal Governo, in un rimpallo di responsabilità che prosegue da giorni e che lascia, per lo più, interdetti. Anche in questo caso, il dibattito è bollente. Perché, come noto, la situazione dei contagi, della tenuta degli ospedali, e dell’indice Rt non è uguale in tutta Italia, ragion per cui l’Esecutivo insiste per l’adozione di misure che siano calibrate in base alle effettive esigenze. Si tratterebbe, nelle aree maggiormente in difficoltà, di vere e proprie zone rosse che Speranza vorrebbe introdurre già da domani, sulla base dei dati raccolti in questi ultimi giorni. Fino a ieri sera, le informazioni disponibili descrivevano Piemonte e Lombardia come le due Regioni più a rischio, anche perché caratterizzate – entrambe – da un indice Rt superiore a 2. Definita, invece “borderline” la situazione della Liguria.
La resistenza degli amministratori, però, è salda. Non solo a livello regionale, se è vero che ancora ieri il sindaco di Milano Beppe Sala affermava che “non è automatico che la Lombardia si trovi nella fascia più alta“, spalleggiato dal Governatore Attilio Fontana, che escludeva categoricamente l’ipotesi che la Regione torni ad un lockdown come quello vissuto in primavera. Una promessa, quella del Governatore, che come vedremo rischia di essere smentita dal nuovo decreto.
Ancora da chiarire, inoltre, in quale forma saranno articolate le nuove misure. Secondo le indicazioni trapelate, il Governo sarebbe al lavoro su una modalità di intervento articolata in tre diversi livelli. Il terzo, il più grave, sarebbe l’introduzione, appunto, delle zone rosse nelle aree più colpite dal contagio. Qui si tornerà, nei fatti, alle condizioni vissute durante il lockdown: sarà consentito uscire di casa soltanto per recarsi a lavoro o a scuola, oltre che per ragioni di salute, ed esattamente come in primavera sarà necessario portare con sé e compilare un modulo di autocertificazione. Prevista, in queste aree, la chiusura dei negozi al dettaglio, salvo quelli che vendano generi alimentari – comprese pasticcerie e gelaterie. Aperte, naturalmente, anche farmacie e parafarmacie, oltre che i tabaccai. Prevista, invece, la chiusura totale per bar, ristoranti e saloni di bellezza – parrucchieri, barbieri, centri estetici. Resteranno invece in attività fabbriche ed industrie.
Il primo livello, sarebbe invece quello contenente le norme rivolte indistintamente a tutto il territorio nazionale, mentre il livello intermedio dovrebbe essere dedicato a quelle aree del Paese ritenute a rischio di raggiungere, in tempi relativamente brevi, le condizioni di massima sofferenza. Le aree inserite nel secondo livello vedranno la chiusura totale di bar e ristoranti, mentre negozi al dettaglio e saloni di bellezza potranno rimanere in attività fino, naturalmente, all’orario di entrata in vigore del coprifuoco. Nessuna limitazione prevista agli spostamenti per la popolazione, fatta salva l’indicazione di muoversi comunque il meno possibile e solo in caso di reali necessità. Per tutte le zone fatte rientrare in questo livello intermedio, rimane comunque in mano ai Presidenti di Regione la possibilità di intervenire con misure più restrittive, mentre non ci sarà facoltà, per i Governatori, di derogare o alleggerire in alcun modo i provvedimenti previsti dal decreto.
A spingere per la creazione questa fascia intermedia è proprio il Premier, intenzionato a salvare le scuole e parte delle attività produttive e commerciali dove possibile. Sul fronte del rigore, invece, staziona il Pd, convinto che si tratti di una diversificazione inutile e deciso a far rientrare le varie aree del paese esclusivamente nelle due categorie di alto e basso grado di rischio.
Per le zone che verranno considerate più in difficoltà, e quindi inserite nel terzo livello di intervento, sarà certamente previsto anche il divieto di spostamento oltre i confini regionali. Stop agli spostamenti, quindi, salvo che in occasione di “comprovate esigenze“, corrispondenti, come ormai abbiamo imparato, a motivi di lavoro e di salute che dovranno essere segnalati sull’apposito modulo di autocertificazione. Salva, naturalmente, la possibilità di fare ritorno presso il proprio domicilio o residenza per chi si trovi lontano al momento dell’entrata in vigore delle misure.
La discussione sulle scuole rimane, per ora, irrisolta. Sul fronte del Ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina, intenzionata a mantenere regolare l’attività negli istituti fino all’ultimo, si schierano il Premier Conte e Italia Viva; dalla parte opposta tutti gli altri, che premono perché si ritorni in maniera massiccia, se non totale, alla didattica a distanza. Quasi certo. a questo punto che la dad torni a riguardare la totalità delle scuole superiori, mentre rimangono in discussione le modalità con cui proseguiranno le lezioni per le scuole dell’infanzia, elementari e medie.
Quasi certo che, inoltre, il nuovo Dpcm torni a fissare al 50% la soglia massima di capienza per i mezzi destinati al trasporto pubblico – compresi i treni ad alta velocità – abbassandola dall’80% attualmente in vigore. La misura è fortemente consigliata, da settimane ormai, dal Comitato Tecnico Scientifico, certo che il grande affollamento di autobus e metropolitane abbia contribuito in maniera decisiva al dilagare dei contagi.
Verrebbero invece confermate, nelle aree considerate di primo livello, le misure attualmente vigenti per bar e ristoranti, con l’orario di chiusura fissato alle ore 18 per entrambe le categorie e la possibilità di cucinare per la vendita da asporto oltre che per le consegne a domicilio. La novità principale dovrebbe riguardare la chiusura domenicale imposta alle attività della ristorazione. Salta, così, il pranzo della domenica su cui molti ristoratori avevano puntato in queste settimane per limitare la perdita di introiti. Stop anche agli angoli dedicati a giochi e scommesse all’interno dei locali. Prevista, inoltre, la chiusura nei fine settimana dei grandi centri commerciali, all’interno dei quali potranno rimanere aperte soltanto le attività di vendita dei generi alimentari, le farmacie o parafarmacie e i tabaccai.
Certa anche la chiusura di “musei e mostre, anche nelle Regioni dove il pericolo di contagio è meno insistito“. A confermarlo è stato ieri lo stesso Conte, nel corso del suo intervento alla Camera dei Deputati, dopo che già nei giorni scorsi il responsabile dei Beni Culturali Dario Franceschini aveva anticipato l’orientamento del Governo ad intervenire sui luoghi d’arte con la finalità di ridurre le occasioni di contatto tra le persone.
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