Chiusure, il Governo discute e litiga. E c’è il conflitto con le Regioni, su tutto

Dpcm anti-Covid: la trattativa per l’approvazione del nuovo Decreto è frastagliata e rivela animi diversi sia tra Governo e Regioni, sia all’interno dello stesso Esecutivo, che però su alcuni punti è coeso.

 

Sono due le novità emerse nelle ultime ore come misure di mitigazione nella lotta contro l’avanzata dei contagi da Covid-19 in Italia, e che trovano resistenze sia nell’Esecutivo, sia tra i governatori di diverse Regioni. La prima una serrata generale dell’interno Paese a partire dalle ore 21, alle 20, o addirittura dalle 18. La seconda, la possibile chiusura definitiva di bar e ristoranti. Le misure sono sul tavolo del Governo che però, per inserirle nel nuovo Dpcm, deve prima confrontarsi con le Regioni, ma deve anche superare il muro del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che oppone non poche resistenze. La trattativa è frastagliata e rivela animi diversi sia tra Governo e Regioni, sia all’interno dello stesso Esecutivo, che però su alcuni punti è coeso.

Intanto la decisione di lavorare su tre livelli: il primo con misure nazionali, gli altri con decisioni che vanno a incidere sulle Regioni. Il livello nazionale sarebbe quello con le misure più blande, mentre il secondo sarebbe per le Regioni in situazione critica, e il terzo per quelle già al collasso, dove potrebbero essere determinate delle zone rosse totali. Il regime differenziato è stato proposto dal Governo per venire incontro a quanto delineato dall’Istituto Superiore della Sanità e dal Comitato Tecnico Scientifico, i quali propongono regimi diversi a seconda degli scenari e dei rischi di ciascuna regione. Per questo le decisioni vanno prese in concertazione con i Governatori. Resta confermata la durata di un mese del nuovo Decreto da approvare tra stasera e domani mattina, salvo aggiornamenti. È stata bocciata invece la proposta del governatore della Liguria Giovanni Toti che proponeva di limitare la circolazione per gli over 70 in quanto “gli anziani non sono indispensabili”.

Le misure di respiro nazionale vedono, come già anticipato dal ministro Dario Franceschini, la chiusura dei musei chiusi in aggiunta a quella di cinema e teatri. Vietati anche gli spostamenti tra le regioni. Si prevede inoltre la chiusura dei centri commerciali nel fine settimana e lo stop alle zone di gioco nelle tabaccherie. I nodi da sciogliere per le misure di livello nazionale restano le scuole – con lezioni che verrebbero tenute in presenza soltanto fino alla seconda media compresa – e il coprifuoco generalizzato. Quest’ultimo è un tassello delicato e oggetto di accesa discussione nell’Esecutivo ma anche con i Governatori. In primo luogo perché Conte non è convinto. Le resistenze del premier si basano sul fatto che la chiusura anticipata dalle 18 si configurerebbe come un pre-lockdown imposto non solo alle regioni con un preoccupante indice di contagio e con il rischio imminente del crollo delle strutture ospedaliere, ma anche a chi questo quadro, per ora, non ce l’ha. Il compromesso trovato, per il momento, è quello di far partire il coprifuoco nazionale alle 21. Non è dello stesso parere il ministro della Salute Roberto Speranza e lo stesso Pd, che sposano invece la linea rigorista e sostengono lo scatto del coprifuoco serale già dalle 18.

Il secondo livello di attuazione vede le decisioni mirate per quelle Regioni a rischio, ma che non si trovano ancora nello scenario 4. Di certo il coprifuoco serale, da decidere se dalle 21 o dalle 18. Sulla chiusura nel tardo pomeriggio i governatori sono d’accordo a patto che a decidere sia l’Esecutivo. Le Regioni, che dialogano incessantemente con Speranza ma anche con il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia, spingono per un coprifuoco generalizzato proprio perché non vogliono prendersi la responsabilità di decretare chiusure mirate o zone rosse su specifici centri urbani o zone territoriali che subirebbero un impatto economico enorme. Ma al contempo per il Governo si tratta di una misura improrogabile quella di rispettare le specifiche indicazioni degli esperti che raccomandano la creazione immediata di zone rosse locali, le quali potrebbero essere decise su base regionale o provinciale.

Il primo livello – che nei fatti si configura come un vero e proprio lockdown – è quello che contiene le misure ancora più severe, riservate alle regioni che sono in scenario 4 e rischio alto. Chiusura anche di locali pubblici e di negozi al dettaglio – tranne farmacie, parafarmacie tabaccai e alimentari, smart working totale nella pubblica amministrazione, tranne che per i servizi pubblici essenziali. A scuola invece scatterebbe l’obbligo della mascherina anche al banco, e resterebbero aperte soltanto le elementari e la prima media.

Chiusure automatiche imposte dal Dpcm

Potrebbe scattare con il nuovo Dpcm la chiusura automatica delle Regioni e territori che presentano un indice di contagiosità Rt 1,5 con rischio alto di saturazione dei posti letto (30% delle terapie intensive), oppure con Rt a 2. Se la misura verrà confermata nel nuovo Decreto, quasi tutto il Piemonte e la Lombardia saranno interessati, nonché le città di Napoli e Genova. Tra le zone più a rischio anche le province di Cosenza, Reggio Calabria e Catanzaro.

Altri territori che diventerebbero automaticamente zona rossa – con misure ancora più restrittive – sono la provincia autonoma di Bolzano e la Valle d’Aosta, Rovigo e Treviso in Veneto, Enna e Caltanissetta in Sicilia, Brindisi in Puglia.

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