“La curva epidemiologica è terrificante”. Il Ministro Speranza mette Conte spalle al muro

Secondo il Ministro della Salute Roberto Speranza, il tempo a disposizione prima di adottare nuove drastiche misure di contenimento al Covid 19 sta per esaurirsi. Entro oggi il Governo dovrà “provare a dare una stretta ulteriore”.

giuseppe conte dpcm 2 novembre
Foto: Facebook Giuseppe Conte

Il tempo a disposizione è sempre meno, bisogna agire in fretta. E’ questo il pensiero del Ministro della Salute Roberto Speranza che, preoccupato dalla corsa dei contagi, definisce “ancora difficilissima” la situazione dell’Italia. I dati raccontano di una situazione già pienamente emergenziale in moltissimi ospedali, dove l’eccessivo affollamento non fa che creare ritardi e problemi, sia ai malati di Covid che a tutti quei cittadini che abbiano invece bisogno di cure ed assistenza medica per altre patologie.

Il rischio, come nella scorsa primavera, è che le strutture arrivino al collasso. Ed è un rischio che l’Italia non può permettersi di correre. Non a caso Speranza insiste, da giorni, sulla necessità di adottare in tempi stretti misure ancor più restrittive. Richieste fin qui cadute nel vuoto della trattativa – tutta politica – tra Governo e Regioni, impegnati a cedersi a vicenda il cerino delle decisioni più drastiche da assumere, prima che questo si consumi completamente. “La curva epidemiologica è ancora molto alta. Quel che mi preoccupa è il dato assoluto, che mostra una curva terrificante. O la pieghiamo, o andiamo in difficoltà“, sottolinea il Ministro della Salute.

Che la situazione sia allarmante è evidente a tutti, anche all’interno del Governo. Non è un caso che anche il Premier Giuseppe Conte, fin qui fermamente deciso a scongiurare un nuovo lockdown, stia via via convincendosi della necessità di ricorrere alla più drastica delle misure, facendo sua la linea sostenuta dal Ministro della Salute che, nelle ultime due settimane, ha guidato l’ala rigorista dell’Esecutivo.

Eppure non manca chi – sia all’interno della Maggioranza, che tra i Presidenti di Regione – continua a non voler cedere all’idea di una nuova stretta, ritenuta da Speranza l’unica via ormai percorribile. Per sottolineare lo stato di assoluta urgenza il Ministro della Salute – insieme al capodelegazione del Pd Dario Franceschini e al responsabile dei Rapporti con le Regioni Francesco Boccia – ieri ha fatto circolare via Whatsapp un documento – preparato in estate e aggiornato all’inizio di ottobre – approvato dalle Regioni poco più di due settimane fa: “Prevenzione e risposta a Covid-19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione“. Si tratta di un rapporto contenente una serie di prescrizioni provenienti, oltre che dal Ministero della Salute, anche dall’Istituto superiore di sanità e dall’Inail. Nelle zone dove si dovesse raggiungere il “livello 4“, cioè le aree in cui l’indice Rt abbia superato la soglia di 1.5, saranno necessarie “restrizioni regionali e/o provinciali“, si legge. Restrizioni che riguardano le “limitazioni alla mobilità“, la “chiusura delle strutture scolastiche/universitarie” e di tutte le attività commerciali non indispensabili. Insomma, un lockdown locale che appare già deciso e di cui si attende soltanto l’entrata in vigore.

E’ proprio questo documento di 115 pagine che Speranza adotta come punto di riferimento per gestire l’emergenza di questi giorni. “Non c’è un minuto da perdere tutto quello che dobbiamo fare, con questi numeri, è scritto qui“, ripete per convincere le Regioni ad ammorbidire le proprie resistenze. E se appare ormai quasi scontato il ritorno alla chiusura dei confini tra le regioni, rimane apertissima la partita sulle restrizioni da inserire a livello locale. Secondo il Ministro della Salute sono urgentemente necessari, “interventi forti anche in Lombardia, una delle aree del Paese che si trovano in condizioni peggiori“, oltre che in Piemonte. Gli amministratori Lombardi – in testa il Governatore Attilio Fontana ed il sindaco di Milano Beppe Sala – ed il Governatore piemontese Alberto Cirio hanno finora fatto muro, sostenendo l’inutilità di misure locali e invocando l’adozione, da parte del Governo, di provvedimenti a livello nazionale: “Se i tecnici ci dicono che l’unica alternativa è il lockdown“, ripeteva ancora ieri il numero uno di Regione Lombardia, “facciamolo a livello nazionale“. Speranza e il Governo, per ora, frenano: “Sulla base dei dati del Comitato tecnico scientifico ci sediamo con il presidente Attilio Fontana e con il sindaco Giuseppe Sala e valutiamo le decisioni da prendere“.

La verità è che il tempo stringe e che le decisioni dovranno essere prese entro oggi. Oltre alla bollente responsabilità politica che si assumerebbe chi dovesse proclamare un nuovo lockdown, secondo fonti interne al Governo i Presidenti di Regione sarebbero preoccupati anche dall’erogazione dei ristori per le attività costrette a chiudere. Vorrebbero che i fondi venissero stanziati dall’Esecutivo e, per questo, temporeggiano sulle chiusure. In questo contesto, fatto di tatticismi e scelte mosse da interessi elettorali, il contenuto del Dpcm sarà una diretta conseguenza di quello che le regioni decideranno di fare spontaneamente. Non il quadro ideale per affrontare una pandemia che è tornata a mordere come in primavera. Dal canto suo, il Governo continua a chiedere “responsabilità” davanti a numeri che non lasciano più spazio alle interpretazioni, e si dice pronto ad adottare disposizioni nazionali che saranno “successive e conseguenti” al comportamento delle Regioni.

L’intenzione di dare tutela all’economia del Paese, sostenuta con forza nelle ultime settimane, sta progressivamente cedendo il passo alla consapevolezza che, in mancanza di salute – e a fronte di migliaia di nuovi decessi – non può esservi alcun tipo di ripresa economica, come sottolineato nei giorni scorsi anche dal Ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Per questo in una intervista a Il Corriere della Sera, Speranza ripeteva: “Abbiamo 48 ore per provare a dare una stretta ulteriore“.

La chiusura delle scuole

Sul tavolo delle trattative continua a tenere banco la questione – scuola. Anche chi, all’interno del Governo, si è finora sempre schierato per il prosieguo delle lezioni – come Conte – di fronte alla crescita dei contagi comincia a nutrire dubbi: “La curva sta subendo un’impennata così rapida che rischia di mettere in discussione la didattica in presenza“, ha ammesso il Premier, accodandosi alla linea già tracciata dallo stesso Speranza, secondo cui “L’idea del governo è sempre quella di non toccare le scuole. Vogliamo difenderle il più possibile, ma purtroppo dobbiamo farlo dentro il contesto di una epidemia” e, nonostante gli sforzi fatti, “la scuola non è intangibile”. Come a dire: ci abbiamo provato fino all’ultimo. Ora, però, è tempo di chiudere.

Potrebbe anche andare a vuoto il tentativo di mediazione cercato dallo stesso Conte, che aveva proposto il prosieguo della didattica in presenza fino alla seconda media. Speranza si dice fermamente contrario, così come gran parte del Partito Democratico. Il Ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina, decisa a dare battaglia fino all’ultimo, fa sapere che prenderebbe in considerazione l’ipotesi di un ritorno alla didattica a distanza soltanto nelle aree caratterizzate da un alto livello dell’indice Rt, ma all’interno dell’Esecutivo ha ormai assunto dimensioni assolutamente maggioritarie la convinzione che l’Italia non possa permettersi di mantenere, in questa fase, aperte le scuole.

Il trasporto pubblico

Infine, rimane insoluto il nodo sul trasporto pubblico locale, terreno di scontro ormai da più di un mese tra le Regioni e i Ministeri dei Trasporti e dell’Istruzione. Speranza non esclude che il prossimo decreto imponga, almeno nelle aree in cui il contagio è più elevato, “di scendere un poco rispetto all’80% di capienza dei mezzi” attualmente imposto come limite. Gli incontri, le riunioni, le trattative tra i vari attori in campo si susseguono senza sosta, in queste ore febbrili che precedono il varo di un nuovo, probabilmente durissimo, Dpcm. L’accordo tra le diverse componenti rimane un miraggio, elemento che – comportando un allungamento dei tempi decisionali – non può che indirizzare verso l’adozione di misure sempre più drastiche.

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