Vacilla la stabilità del Governo. Nella giornata di ieri, infatti, le tensioni interne all’Esecutivo sono divampate a seguito della crescente pressione di Matteo Renzi per un rimpasto e della richiesta di verifica interna lanciata dal capogruppo del Pd Andrea Marcucci. E si fa strada l’ipotesi di un Governo Draghi.
Crescono esponenzialmente, un po’ come accade ai contagi da coronavirus, le fibrillazioni interne al Governo. L’Esecutivo sembra intenzionato ad accelerare verso l’adozione di misure ancora più restrittive – con l’ipotesi, sempre più realistica, di un nuovo lockdown a partire dal 9 novembre con l’ennesimo Dpcm del Governo che dovrebbe arrivare tra sabato 7 e domenica 8 novembre – proprio mentre le pressioni interne, amplificate dalle spinte verso un rimpasto provenienti da Matteo Renzi, si fanno sempre più insostenibili. E la connessione tra i due eventi, purtroppo, sembra essere evidente.
Stando alle parole del Premier Giuseppe Conte, infatti, le valutazioni del Governo sugli effetti delle misure introdotte con l’ultimo Dpcm saranno effettuate “nell’arco di almeno due settimane“. L’ultimo decreto è stato varato domenica 25, il che lascia pensare che, qualora la situazione dovesse precipitare nei giorni a venire, si potrebbero avere novità importanti tra sabato 7 e domenica 8 novembre, in modo da arrivare all’appuntamento con la data clou del 9 con un testo già pronto ad entrare in vigore.
Se l’Italia dovrà ricalcare il modello tracciato nei giorni scorsi da Francia e Germania, che hanno annunciato il ritorno ad una chiusura totale, diventerebbe infatti praticamente impossibile procedere a quella “verifica di Governo” invocata ripetutamente da Italia Viva. Da qui deriva la fretta dell’ala renziana di procedere ad una revisione degli equilibri interni all’Esecutivo. Un intervento invocato ieri anche dal renzianissimo capogruppo del Partito Democratico Andrea Marcucci. Nel corso del suo intervento, Marcucci ha invitato Conte a valutare “se i singoli Ministri sono adeguati alle emergenze che stiamo vivendo” e a procedere alla “verifica, visto quello che si legge, della tenuta della maggioranza“. Tradotto: una richiesta di rimpasto da farsi in tempi brevi, brevissimi, proprio come desidera Matteo Renzi. Già, perché tanto Marcucci quanto i renziani sanno che tra qualche giorno – con l’Italia che potrebbe nuovamente essere bloccata dal lockdown – mettersi a parlare di poltrone e di incarichi sarebbe attività che va ben oltre il confine del ridicolo.
Un’uscita, quella di Marcucci, che ha scatenato l’ira dei colleghi di partito. La prima risposta al capogruppo è arrivata da Franco Mirabelli, vice presidente dei senatori Pd, che ha definito “fuori dal mondo” l’idea di affrontare il tema di un rimpasto nel bel mezzo di una fase complicatissima per il paese, “in cui ogni sforzo va dedicato a sconfiggere il virus e la crisi“. Una responsabilità che il Pd, in quanto forza di Governo, deve assumersi. “Chi pensa ad altro sbaglia“, attacca Mirabelli.
Poco dopo anche il segretario dei democratici Nicola Zingaretti interviene per cercare di gettare acqua sul fuoco: “Il sostegno del Partito Democratico a questo Governo e ai suoi ministri è pieno e totale. Non in discussione. Posizione ribadita, tra l’altro, all’unanimità alcune ore fa dalla direzione nazionale sul voto della mia relazione“, spiega il lader dem.
Eppure, la partita è tutt’altro che chiusa. Per Renzi, infatti, la verifica ed il conseguente rimpasto sono una specie di chiodo fisso. L’ex sindaco di Firenze ha fretta e per questo alza sempre di più il pressing sul Governo. In questo senso vanno lette anche le dichiarazioni di ieri di Maria Elena Boschi, che sottolineava come la promessa del Premier di scongiurare un nuovo lockdown sembri ormai destinata ad essere disattesa.
Ma c’è di più: nel pomeriggio di ieri è filtrata una “velina” che non fa che surriscaldare ulteriormente il terreno sotto i piedi del Premier: “Siamo a un bivio, tra qualche settimana o si fa un rimpasto per il Conte 3 o la strada è quella di un governo Draghi“, si legge nell’indiscrezione lasciata trapelare da non meglio definite “fondi di maggioranza“, che sembrano però essere particolarmente vicine all’ala renziana della coalizione. Dal canto suo, l’ex Governatore della Bce sembra lontano dalla dimensione di prossimo Presidente del Consiglio in cui in molti cercano di calarlo, e confida agli interlocutori più intimi di voler dedicare tempo alla propria famiglia.
Renzi, però, tira dritto verso l’obiettivo rimpasto, rafforzato dall’uscita di Marcucci che apre definitivamente il tutti contro tutti all’interno del Pd. Perché è innegabile che tra i dem non siano in pochi coloro che vedono di buon occhio l’ipotesi di una modifica negli assetti del Governo: dalle accuse del vicesegretario Andrea Orlando al Ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina, fino alla richiesta di “cambiare i ministri non all’altezza“, avanzata da Matteo Orfini, sull’Esecutivo soffiano venti gelidi.
Lo stesso Marcucci, finito nella bufera dopo l’intervento in Senato smentito a stretto giro dal segretario, spiega a microfoni spenti che le sue dichiarazioni rientrano pienamente in una “la linea concordata con Zingaretti” e “decisa con il direttivo del gruppo del Senato“. Affermazioni che, invece di riportare il sereno e fare chiarezza, non fanno altro che alimentare una confusione che alcuni giudicano “strategica“.
Il risultato del caos che regna tra i democratici è infatti evidente: dopo la giornata convulsa di ieri, la tenuta del Governo sembra essere messa in crisi proprio dal Pd. Esattamente quello che sperava di ottenere Matteo Renzi, vero regista dell’operazione che, da un certo momento in poi, non ha dovuto far altro che rimanere fermo a osservare come la miccia da lui accesa abbia continuato a consumarsi grazie alle frizioni interne ai democratici.
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