Secondo il piano del Governo, se il Covid continua a contagiare ci sono almeno cinque Regioni che dovranno chiudere tutto. Ci sono tre settimane di tempo per intervenire.
Sono cinque le Regioni italiane dove il Covid cresce in maniera quasi incontrollabile, spingendo tali territori verso il tanto temuto scenario 4, quello che prevede “misure più aggressive per il distanziamento”: in parole povere, un modo edulcorato per definire la chiusura completa di tutte le attività essenziali e una nuova limitazione delle libertà personali dei cittadini per proteggere la Sanità di tutti. I territori che rischiano di più sono Lombardia, Lazio, Campania, Valle d’Aosta e Liguria a cui si va ad aggiungere la provincia autonoma di Bolzano: quest’ultima ha dovuto infine allinearsi al resto del paese dopo aver tenuto bar e locali aperti anche oltre le 18:00.
Tra le Regioni a rischio, quelle dove il Covid preoccupa di più gli scienziati sono indubbiamente Lombardia – che conta un record di 7.339 nuovi contagi – e Campania: in proposito, il microbiologo Andrea Cristanti – che si è già espresso riguardo la situazione attuale della pandemia – ha affermato che la chiusura è già in ritardo: “Personalmente, avrei messo in lockdown la Lombardia già da dieci giorni”, le sue parole. Nella Regione governata da Vincenzo De Luca, i casi crescono in maniera esponenziale: solo nel capoluogo di Napoli si registrano 603 nuovi contagi nelle ultime 24 ore, quasi un terzo dei 3.000 contati in tutta la Campania.
In tutti i casi, il criterio utilizzato per stabilire quali Regioni andranno in lockdown in caso di una ascesa dei contagi per Covid è quello dell’Rt, l’indice di contagio. Se questo valore dovesse superare la soglia di 1,5%, ecco che si verificherebbe uno scenario 4 con tutto quello che esso comporta.
Lo scenario 4 – quello che prevede il lockdown – è a sua volta suddiviso in altri scenari che possono portare a misure più o meno severe per il contenimento del virus. A variare a seconda del numero di contagi sarebbe la durata del periodo di chiusura inferiore, pari o superiore alle tre settimane. L’Istituo Superiore di Sanità propone nel frattempo misure che possano scongiurare questa eventualità come l’utilizzo di alberghi per confinare i malati in quarantena e la restrizione dei test a tampone soltanto per quelle persone certe di essere entrate in contatto con un malato di Covid.
Sale anche la percentuale di positività proprio a tali test, arrivata al 13,31%: la Francia che ha chiuso il paese poche ore fa ha un tasso del 19%. L’unica buona notizia in questo scenario che atterrisce il paese è l’aumento dei guariti: infatti, nelle ultime 24 ore 3.878 persone hanno sconfitto la malattia, venendo dimesse o lasciando l’isolamento domiciliare. Se questo dato continuasse ad aumentare, gli ospedali sarebbero senz’altro più liberi e in grado di operare senza rischiare un sovraccarico del sistema.
L’epidemiologo Paolo Bonanni intanto mette in discussione il sistema a “scenari”, affermando che fare previsioni sulla situazione da qui a dicembre non è affatto semplice: “Prendete con le pinze le mie dichiarazioni perchè ci sono tante variabili ma è probabile che il picco dei contagi sarà a metà dicembre. C’è anche la possibilità che i contagi raggiungano un punto di stallo per poi scendere all’Rt ottimale di 1 ma è molto difficile fare previsioni”, conclude il medico.
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