Uno studio fornito al Governo dall’Istituto superiore di sanità evidenzia l’alto rischio che riguarda, in particolare, 5 regioni italiane. Se la crescita nella curva dei contagi non dovesse registrare un rallentamento, il lockdown diventerebbe l’ultima opzione di contenimento disponibile.
La curva dei contagi non arresta la sua ascesa. Anzi, la diffusione del coronavirus nel nostro paese sembra essere ancora in una fase di grande accelerazione, in attesa che – si vedrà tra circa dieci giorni – le misure adottate domenica scorsa dal Governo attraverso l’ultimo Dpcm comincino a mostrare i loro effetti.
Il rischio, di giorno in giorno sempre più concreto, è che però il tempo di aspettare non ci sia più. Secondo gli esperti dell’Istituto superiore di sanità, infatti, l’Italia si sta rapidamente avviando verso il tanto temuto “scenario 4“. Il più preoccupante, il più grave: quello che prevede, come unica e ultima misura di contenimento, il ritorno al lockdown.
I numeri degli ultimi giorni, purtroppo, non lasciano margine a contromisure meno drastiche. Si fa sempre più strada quindi l’ipotesi che, a meno di una forte – e purtroppo improbabile – inversione di tendenza dei dati, già all’inizio della prossima settimana il Governo proceda al varo di un nuovo Dpcm, che rappresenterebbe un ulteriore passo di avvicinamento al lockdown. E così se da una parte si tengono d’occhio le diverse situazioni regionali, con l’intento di favorire l’introduzione da parte di sindaci e Governatori di restrizioni a livello locale, dall’altra si ragiona su un nuovo duro intervento sul piano nazionale da mettere in campo entro il 9 novembre: questa la data limite per l’entrata in vigore di un nuovo lockdown, di cui sono già stati informati alcuni dei vertici della pubblica amministrazione, che hanno già iniziato ad organizzare il proprio lavoro in questa direzione.
La situazione peggiore riguarda, in questo momento, 5 regioni: Lombardia, Campania, Liguria, Lazio e Valle d’Aosta, alle quali si aggiunge la provincia autonoma di Bolzano. Grande attenzione anche all’area di Milano, descritta più volte come il cuore di questa seconda ondata di Covid-19. Il limite di tempo stabilito, entro il quale deve necessariamente registrarsi una netta inversione di tendenza nell’andamento quotidiano dei contagi – e, di pari passo, anche nel numero di ricoveri in terapia intensiva – è di tre settimane. Se le cose non dovessero mostrare alcun segno di miglioramento, allora non ci saranno più alternative ad una nuova chiusura generalizzata.
Ad affermarlo è uno studio consegnato in questi giorni al Governo dall’Iss, nel quale vengono descritte le possibili situazioni, indicati i rimedi e sottolineati i rischi per la popolazione, in base a diverse opzioni di andamento dei contagi. Elemento da tenere particolarmente sotto controllo – e molto preoccupante nell’ultimo periodo – è l’indice di contagiosità Rt. Nello studio si analizza, tra le altre cose, uno scenario che preveda un indice Rt con valori regionali significativamente superiori ad 1.5, prospettiva che porterebbe “rapidamente a una numerosità di casi elevata e chiari segnali di sovraccarico dei servizi assistenziali, senza la possibilità di tracciare l’origine dei nuovi casi“.
La rottura totale del sistema di tracciamento è già un dato di fatto. Evidente, quindi, che la costante crescita dei contagi non potrebbe che peggiorare la situazione, rendendo praticamente impossibile ogni tentativo di riprendere in mano la situazione e ricominciare a stabilire connessioni tra i diversi casi di positività. Inoltre, si legge ancora nello studio, una situazione come quella descritta comporterebbe “un sovraccarico dei servizi assistenziali entro 1-1.5 mesi, a meno che l’epidemia non si diffonda prevalentemente tra i più giovani, come osservato nel luglio/agosto 2020, e si riuscisse a proteggere le categorie più fragili come gli anziani“. Un’ipotesi formulata anche da tre economisti che nei giorni scorsi hanno lanciato una proposta alternativa di gestione dell’emergenza, basata sulla separazione della popolazione in fasce di età invece che sul ricorso a lockdown e restrizioni simili.
Tuttavia l’Iss continua a mostrare un certo scetticismo rispetto alla possibilità di riuscire effettivamente ad isolare e proteggere le categorie considerate più fragili, soprattutto di fronte ad “un’epidemia caratterizzata da questi valori di trasmissibilitià“. In base ai dati a disposizione, ed alla velocità di diffusione del contagio, lo studio definisce “presumibile” il fatto che nel giro di qualche settimana saranno molte le regioni italiane classificate ad alto rischio e, in una situazione di “interconnessione tra le varie regioni, è improbabile che vi siano situazioni di rischio inferiore al moderato“. Come a dire che, se lockdown sarà, potrebbe probabilmente riguardare ancora una volta tutto il paese, senza eccezioni.
D’altra parte l’ipotesi del lockdown è direttamente contemplata all’interno dello studio fornito dall’Iss al Governo: “Se la situazione di rischio alto dovesse persistere per un periodo di più di tre settimane“, scrivono gli scienziati, “si rendono molto probabilmente necessarie misure di contenimento molto aggressive“. Parole confermate anche dal commissario straordinario all’emergenza Covid, Domenico Arcuri, secondo cui “la crescita del contagio non è mai stata tanto impetuosa“. Arcuri sottolinea il fatto che i positivi sono cresciuti di otto volte rispetto a tre settimane fa. Un tasso di crescita che “nessun sistema sanitario, tantomeno quello italiano, sarà capace di reggere“. Un vero segnale di allarme, lanciato ieri nel corso di una conferenza stampa durante la quale non ha mancato di riservare una stoccata alle Regioni, responsabili della gestione della sanità, che secondo Arcuri avrebbero potuto e dovuto agire in modo più efficace: “Da maggio potevano attuare piani di rafforzamento degli ospedali“, assicura il commissario.
Andando ad analizzare gli ultimi dati su base regionale, le situazioni peggiori riguardano ancora una volta Campania e Lombardia. Nel primo caso, si superano per la prima volta i 3.000 nuovi contagi in un giorno, con Napoli che arriva a quota 603. Nel secondo, oltre ai 7.339 nuovi positivi riscontrati ieri – con 53 ricoveri in terapia intensiva e 57 decessi – a preoccupare è il caso di Milano, per il cui caso viene invocato da più parti – e da giorni – il ritorno al lockdown. Preoccupante anche l’andamento dei contagi a Bolzano, in Liguria e nel Lazio. Intanto, di fronte a numeri in grande crescita, l’Alto Adige si trova costretto ad abbandonare l’approccio soft che pure aveva deciso di mantenere anche nei giorni successivi all’entrata in vigore dell’ultimo Dpcm: chiusura alle 18 per bar e ristoranti, il virus torna a fare paura.