Una proposta di tre economisti – Carlo Favero, Andrea Ichino e Aldo Rustichini -basata sull’analisi dei dati sulla letalità del Covid-19, suggerisce di affrontare la pandemia in modo completamente diverso da quanto fatto finora: nessun lockdown generalizzato, la chiave starebbe nel separare la popolazione per fasce di età.
La grande crescita dei contagi registrata nelle ultime settimane sembra destinata a portare l’Italia sullo stesso binario che la Francia – attraverso un annuncio televisivo del Presidente Emmanuel Macron – ha iniziato a percorrere ieri sera: quello di un nuovo lockdown. Una prospettiva preoccupante per tutti, oltre che drammaticamente pericolosa per le conseguenze economiche che inevitabilmente porterebbe con sé.
E’ anche per questo che negli ultimi giorni ha iniziato a circolare, e a far discutere, una proposta lanciata dagli economisti Carlo Favero, Andrea Ichino e Aldo Rustichini. L’idea dei tre prende le mosse da quanto suggerito nella Great Barrington Declaration, un documento pubblicato qualche settimana fa dall’omonimo istituto americano di ricerca economica e dedicato alle possibilità di riservare un diverso approccio alla pandemia in corso.
L’elemento centrale di questa proposta riguarda l’idea di separare la popolazione in due fasce d’età: escludere quindi contatti tra gli under 50 e chi invece abbia già superato la soglia del mezzo secolo. “Da noi ancora nessuno ne parla, mentre è una proposta fattibile, utile ad evitare la chiusura totale“, dice Andrea Ichino, professore ordinario di Econometria ed Economia della risorse umane presso l’Università di Bologna. “Offre la possibilità di ridurre la perdita economica salvando al tempo stesso vite umane, percorriamola“.
Alla base di questa proposta c’è un’analisi effettuata sui dati relativi agli effetti del contagio in base all’età degli infetti. Dallo studio si evince che su un totale di più di 37 mila morti per Covid, solo 409 avevano un’età inferiore ai 50 anni. Una soglia che cala ulteriormente, arrivando a 19, se si vanno ad analizzare i decessi di persone di età inferiore ai 30 anni. Da qui l’idea del professor Ichino di agire, piuttosto che attraverso chiusure generalizzate, in modo da tenere separate le due fasce di età – under e over 50.
Secondo Ichino, infatti, “è evidente, alla luce di questi dati, che i giovani non corrono grossi rischi nella pandemia“. Gran parte dei giovani positivi al Covid, spiega ancora il professore, sono asintomatici. In quella fascia di età, i ragazzi “muoiono di più negli incidenti stradali: nel 2019 sono morti 542 ragazzi con meno di 29 anni, mentre su base annua i morti per Covid-19 di pari età sono stati meno di 40“. Per tutelarli, dice provocatoriamente, sarebbe più utile impedire loro “di andare in motorino o in auto piuttosto che puntare il dito contro la movida“.
La proposta, però, è tutt’altro che una provocazione. I tre economisti, infatti, hanno anche formulato una serie di ipotesi sulle modalità pratiche con cui attuare questa separazione. La prima riguarda i luoghi di lavoro, con l’idea di mandare fisicamente a lavorare i più giovani, mantenendo invece i più anziani in regime di smart working. Un’altra ipotesi riguarda l’organizzazione della spesa per fasce orarie: “i più anziani la possono fare alle undici del mattino o alle tre del pomeriggio, per dire“, spiega Ichino. Il tutto, chiaramente, dovrebbe realizzarsi anche sui mezzi pubblici, cercando di limitare il più possibile che le due diverse fasce di età entrino in contatto.
Infine, spiega ancora l’economista, “lo Stato potrebbe offrire voucher che consentano ai giovani che vivono insieme agli anziani di trasferirsi, temporaneamente, nei numerosi alberghi vuoti e mangiare nei ristoranti attualmente senza clienti“. Una proposta che Ichino vede anche come alternativa alla necessità di fornire aiuti economici a fondo perduto, visto che permetterebbe di mantenere in attività numerosi esercizi del settore turistico e della ristorazione.
Chiaramente, sottolinea il professore, “Tutte le proposte che avanziamo hanno una premessa: laddove è possibile“. Il che, spiega Ichino, significa che se non è evidentemente possibile separare i genitori dai figli, si possano invece prendere in considerazione alcuni accorgimenti capaci di evitare che, in attesa del vaccino, i nonni e i parenti in età più avanzata non abbiano contatti particolarmente ravvicinati con i nipoti.
In particolare, i tre studiosi formulano l’esempio del pranzo domenicale: “Il problema non è il numero massimo di inviti che si possono fare“, assicura Ichino, “ma se intorno alla tavola siedono tre generazioni. I giovani possono pranzare insieme correndo molti meno rischi anche se sono più di sei”. Anche in questo caso, quindi, la strategia vincente, secondo la proposta dei tre economisti, starebbe nella separazione per fasce di età, più che in una limitazione assoluta dei convitati.
Anche sulla scuola, la cui gestione in tempi di pandemia rappresenta un nodo particolarmente discusso, Ichino ha idee molto chiare: “La scuola non va chiusa, un altro semestre a distanza avrebbe costi in futuro enormi in termini di perdita negli apprendimenti“. La proposta, quindi, è di mandare nelle classi soltanto gli insegnanti più giovani, riservando la didattica a distanza agli over 50. Per i docenti più anziani, infatti, stare per ore all’interno delle aule “con ragazzi che, non per colpa loro, veicolano il virus soprattutto in quanto asintomatici” rappresenta un rischio concreto.
Anche la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ad aprile scorso aveva ipotizzato, come possibile via d’uscita dall’emergenza, l’isolamento delle fasce più anziane della popolazione. Ichino, su questo, chiarisce: “Non vogliamo rinchiudere gli anziani, isolarli. La nostra idea è di evitare che abbiano contatti coi giovani. Almeno per quanto possibile, il più possibile“. Una teoria non semplice da applicare e, spiega lo stesso economista, che non potrebbe riguardare la popolazione nel suo complesso. Ma, se attuata in modo rispettoso della distinzione tra fasce d’età, garantisce infine Ichino, probabilmente efficace. Anche alla luce del fatto che “un nuovo lockdown non sarebbe certamente meno devastante“.