Di fronte al fallimento delle strategie di tracciamento dei contagi e alla crescita esponenziale dei casi, le Regioni chiedono al Governo di poter ridurre la mole di lavoro delle Asl, rinunciando ad effettuare tamponi agli asintomatici.
Il tracciamento, la strategia che da molti era stata identificata come fondamentale per riuscire a contenere efficacemente il virus, è definitivamente saltato. Sono molte, infatti, le zone d’Italia in cui i dipartimenti di prevenzione delle Asl non sono più in grado di condurre quelle indagini epidemiologiche che potrebbero permettere di individuare i contatti a rischio avuti da chi sia stato trovato positivo ad un tampone.
Le ragioni sono principalmente due: da una parte l’enorme crescita dei contagi, che rende ingestibile la mole di lavoro per strutture che in molti casi non dispongono delle risorse – umane, economiche e tecniche – necessarie; dall’altro la grande difficoltà nel tracciare, attraverso questionario, tutti i contatti avuti nei giorni precedenti e, di conseguenza, avvertire tutte le persone potenzialmente a rischio.
Di fronte al fallimento del contact-tracing, le Regioni hanno deciso di tentare un netto cambio di strategia, reso evidente dalla richiesta, inoltrata al Ministro della Salute Roberto Speranza, di modificare le regole sui test. L’obiettivo delle amministrazioni regionali è di ottenere il permesso – per chi non è più in grado di gestire i troppi casi di positività – di non effettuare più tamponi, test molecolari o rapidi antigenici su pazienti asintomatici. Una richiesta che difficilmente troverà il consenso del Governo, convinto che non sia necessario ufficializzare attraverso un atto la possibilità di modificare le priorità di tracciamento nei casi di emergenza. La decisione, infatti, già oggi spetta nella pratica quotidiana ai medici dei dipartimenti di prevenzione: sono loro che, in base alle esigenze ed alle capacità delle strutture, adattano le attività da svolgere – e le priorità da seguire – alla situazione che si trovano a fronteggiare.
La richiesta, tra l’altro, arriva in un momento in cui Palazzo Chigi, preso atto del fallimento della strategia di tracing fin qui attuata, sta cercando di rilanciare il sistema di tracciamento attraverso l’assunzione di duemila persone con un bando della Protezione Civile. E’ in dirittura d’arrivo, inoltre, un accordo con i medici di famiglia, cui verrà chiesto di essere coinvolti nella ricerca dei contatti avuti dai positivi e nella somministrazione di tamponi e altri test. Naturalmente, i singoli medici saranno liberi di non aderire al progetto, che prevede per loro una remunerazione di 10-12 euro per esame effettuato.
Le Regioni, attraverso il Governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini e quello del Veneto Luca Zaia, precisano che la novità sulla riduzione dei tamponi agli asintomatici non dovrebbe essere introdotta ovunque, ma soltanto nelle aree in cui il contact tracing risulti impossibile. In quei casi, si legge nella lettera inviata al Ministero della Salute, “potranno, attraverso I dipartimenti di sanità pubblica, riorganizzare le attività di tracciamento e screening individuando specifiche priorità di intervento tempestivo“.
Le priorità cui si fa riferimento nel testo riguardano principalmente l’isolamento del positivo dagli altri membri del nucleo familiare: “Se questi ultimi dovessero risultare sintomatici“, scrivono ancora i Presidenti di Regione, “si dovrà eseguire il tampone rapido antigenico o quello molecolare“. Diverso il caso di chi, posto in isolamento, dovesse rimanere asintomatico: in questa circostanza, la regioni chiedono di poter effettuare un test – anche rapido – soltanto alla scadenza del decimo giorno e, se negativo, di poter interrompere lo stato di isolamento.
Un procedimento a tutti gli effetti in linea con le linee guida sulla quarantena diramate dal Ministero. La novità, sarebbe soprattutto rappresentata dal fatto che i contatti stretti asintomatici, una volta isolati, non dovranno necessariamente essere sottoposti a tampone, “tranne in casi particolari valutati dai servizi di sanità pubblica“. In questa eventualità, quindi, sarebbero compresi anche – per fare un esempio – i compagni di classe di alunni risultati positivi. La procedura proposta dalle regioni comporterebbe quindi il ricorso obbligatorio al tampone molecolare soltanto nel caso di comparsa dei sintomi.
La novità, si sottolinea ancora nella lettera firmata dai Governatori, dovrebbe rappresentare un’eccezione. L’intenzione delle Regioni, infatti, sarebbe quella di continuare ad effettuare test anche sugli asintomatici, pur volendo – preventivamente – prevedere una modifica alla sorveglianza attiva di chi si trovi in stato di isolamento.