I numeri del contagio hanno fatto cambiare discorso al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che ora non esclude un lockdown generalizzato. Ma insieme all’emergenza sanitaria ed economica, si affaccia anche l’ombra della rivolta sociale
Saranno stati i numeri a far cambiare tono e anche parole al presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Di morti giornalieri, nell’ultimo giorno, abbiamo contato 291, mentre nelle terapie intensive sono state ricoverate altre 127 persone, e 958 nei reparti normali come ricoveri ordinari. Il tutto in uno scenario dove si sono ammalate altre 21.994 persone, a fronte di 174.398 tamponi effettuati. Si è arrivati così nella giornata di ieri a un record di nuovi positivi, ma purtroppo non a un record di numero di test molecolari realizzati. Il che non fa ben sperare, perché fa capire quanto stia salendo l’indice percentuale dei malati trovati sui testati. E questo scenario, che si profila già da qualche giorno, avrà spinto Conte a pronunciare l’impronunciabile, la parola tabu: lockdown generalizzato. Per evitarlo, ammonisce, dobbiamo rispettare le misure del dpcm. In tal caso, spera il premier, “avremo buone chance di affrontare il mese di dicembre con una certa serenità”, senza cioè un sistema sanitario stremato. Ma in caso contrario, “ci troveremo più avanti con la necessità di operare un lockdown generalizzato”. Uno scenario che Conte vuole, anzi, deve “scongiurare in qualsiasi modo”, e lo sa. Ma ormai non nega più la possibilità di attuarlo.
I dati che potrebbero cambiare la direzione del Governo sono relazionati ai nuovi ingressi nelle terapie intensive, ma ce né uno in particolare – quello del numero di nuovi positivi settimanali per ogni centomila abitanti – che tiene le autorità con il fiato sospeso. I numeri non mentono: rispetto alla Francia, l’Italia ha “recuperato” tre settimane. Eravamo infatti indietro di trentacinque giorni nell’epidemia, mentre adesso lo siamo soltanto di quattordici giorni. E Conte, in queste ore, guarda proprio a Macron. Roma cerca di capire Parigi ma anche gli altri principali paesi europei, per tracciare anche le sue di mosse. Quasi tutti presentano numeri peggiori di quelli italiani, come appunto la Francia ma anche la Spagna e il Regno Unito, e la Germania ci sta dietro di poco. Macron potrebbe, a breve, determinare un lockdown generalizzato, mentre Angela Merkel cammina fianco a fianco all’Italia come modello di “stretta”.
Macron ha deciso
La Francia intanto ha deciso di chiudere di nuovo per un mese. “Rischiamo di essere sommersi dal virus” con queste parole Emmanuel Macron ha annunciato un nuovo lockdown totale che entrerà in vigore da domani notte e durerà fino al primo dicembre. Macron, riluttante all’ipotesi di una nuova chiusura ha dovuto arrendersi. “Il virus circola a una velocità che anche le previsioni più pessimiste non avevano previsto”. La Francia che viaggia ad un ritmo di 40, 50mila nuovi contagi al giorno, prevede, entro metà novembre 9mila pazienti in terapia intensiva, rispetto ai 5mila disponibili nel sistema sanitario nazionale. “Dobbiamo dare un colpo di freno brutale al virus“, ha detto il capo dello Stato. “La seconda ondata sarà più brutale e mortale della prima“.
Cosa farà l’Italia
Su cosa farà il governo italiano saranno probabilmente i numeri a decidere. I quali sono destinati a subire un’ulteriore impennata. Il ministero della Salute tiene d’occhio una tendenza preoccupante: l’epidemia ha raddoppiato per la quarta settimana consecutiva. Con le proiezioni attuali, ad oggi ci si aspettano circa 26 mila nuovi contagi. Anche i morti tenderanno a salire, e ieri hanno registrato un record dallo scorso 5 maggio. L’ultimo Decreto approvato avrà i suoi effetti positivi su questi numeri, dicono gli scienziati che supportano l’Esecutivo, ma non prima di due settimane. Preoccupazione maggiore destano Napoli e Milano, ma non si esclude che le principali città italiane – in tutto o in parte – diventino zone rosse. Il sindaco di Milano Beppe Sala non è d’accordo con la chiusura totale proposta dall’esperto Walter Ricciardi. Ma la sua affermazione lascia intravedere che il margine per cambiare idea c’è eccome: “Anche nella peggiore delle ipotesi, sostiene il sindaco, avremmo 10 o 15 giorni per decidere un eventuale lockdown”.
Ora però il Governo non deve solo fare i conti con l’emergenza sanitaria ed economica. Da una parte la pressione per intervenire con strette sempre più pesanti cresce con il passare delle ore, anche attraverso l’attuazione di mini-lockdown, “una strada che il dpcm rende possibile”, dice Conte”. Dall’altra però la pressione sociale sale, è dietro l’angolo, con la rabbia che comincia a montare nelle piazze. Sono diverse le città italiane che hanno visto le proteste in questi ultimi giorni contro le chiusure imposte dal nuovo decreto del presidente del Consiglio dei ministri (DPCM), in vigore dalla mezzanotte del 26 ottobre. Momenti di tensione si sono visti a Torino, a Napoli, a Milano e a Roma. Per la maggior parte delle manifestazioni, non è chiaro se siano presenti – e in quale misura – gruppi organizzati di vario tipo.