Il Governatore della Regione Campania, Vincenzo De Luca ha commentato con una nota scritta gli scontri di Napoli allo scoccare del coprifuoco ieri alle ore 23. Ma in tarda serata si è arreso, dando la colpa al Governo.
“Ieri sera si è assistito a Napoli a uno spettacolo indegno di violenza e di guerriglia urbana organizzata, che nulla ha da spartire con le categorie sociali. Ieri si applicavano le stesse ordinanze a Milano, Roma e Napoli. E mentre a Milano e Roma le città erano deserte nel rispetto delle norme, a Napoli c’erano violenze e vandalismo. Alcune centinaia di delinquenti hanno sporcato l’immagine della città. I protagonisti di questi episodi non hanno nulla a che fare con le categorie economiche e con i cittadini di Napoli, che hanno dato in questi mesi una prova straordinaria di autodisciplina e di responsabilità, e che tuteleremo fino in fondo sul piano sanitario e su quello sociale“.
Insieme alla nota, De Luca annunciava che il provvedimento di lockdown non sarebbe ritirato come avevano chiesto i manifestanti che chiedevano il dietrofront sul coprifuoco dalle ore 23 operativo da venerdì sera, elemento portante delle misure per prevenire il contagio Campania: “Continueremo – aveva detto De Luca– a seguire la nostra linea di rigore, senza cambiare di una virgola, come è nostro dovere fare. Da questo momento chiediamo al Governo di impegnarsi a garantire legalità e rispetto delle leggi; a mettere a punto immediatamente un piano di sostegno socio-economico per le categorie produttive e per le famiglie“. De Luca continuava con toni di sfida all’Esecutivo: “Da oggi non accetteremo ritardi e interlocuzioni se non si affronta da subito il tema sociale. Sollecitiamo un incontro ad horas con il Governo su questi punti“.
Ma neanche 24 ore dopo aver annunciato il lockdown della Campania Vincenzo De Luca ha deciso di fare marcia indietro. Dopo che l’Esecutivo ha snobbato il suo ultimatum per un Lockdown nazionale ha chiesto che bar e i ristoranti chiudano alle 23 e non alle 18 come previsto dalla bozza di dpcm. De Luca si è giustificato affermando che se il governo non intende “assumere drastiche misure restrittive a livello nazionale diventa improponibile realizzare misure limitate a una sola regione, perché questo comporterebbe incontrollabili spostamenti al di fuori dei confini regionali”. Una motivazione che sembra in realtà motivata più da quanto accaduto venerdì sera, e i conseguenti timori che la rabbia in strada sembra aver suscitato, che non dalle rivendicazioni di De Luca contro l’Esecutivo a cui il governatore campano ora imputa la mancanza di un piano socioeconomico di sostegno per le attività che patiscono le chiusure. Ma anche questa sembra una motivazione cercata alla rinfusa e sostenuta debolmente, perchè nessun intervento di sostegno era sul tavolo quando De Luca decideva la linea dura.
Ed ecco che allora De Luca, dimenticandosi dei manifestanti, sposta lo scontro sulle questioni cardine del nuovo dpcm: la didattica a distanza, dice, deve rimanere al cento per cento, con l’eccezione dei soli asili. I locali pubblici, in particolare, vanno chiusi alle 23 invece che alle 18 come previsto dalla bozza del Dpcm. In assenza di chiusure complessive “è inutile penalizzare intere categorie”. Insomma una capriola contro sè stesso e in contraddizione con il Lockdown nazionale richiesto neanche 24 ore fa.
Intanto l’epidemia intorno a De Luca continua a correre veloce. Ieri si sono registrati 2.280 contagi su 15.801 tamponi. Nelle successive 24 ore i casi sono stati 1.718 casi ma correlati ad una flessione nei tamponi: 12.530.
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