Il professor Silvio Garattini, fondatore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano, sottolinea l’importanza dei comportamenti individuali – oltre che delle misure adottate dal Governo – in attesa di un vaccino in grado di contrastare efficacemente il coronavirus. E sui tamponi va all’attacco.
Con l’imporsi della seconda ondata di Covid-19, la commercializzazione di vaccini che siano in grado di immunizzare la popolazione dal virus è diventata uno degli argomenti più trattati dai media, oltre che dalle persone nella vita di tutti i giorni. Un’attesa spasmodica, amplificata dalle dichiarazioni di personaggi molto in vista della politica o della medicina, che fanno pronostici sui tempi di attesa necessari alla realizzazione definitiva di un antidoto. Ultimo in ordine di tempo il Premier Giuseppe Conte, secondo cui le prime dosi saranno disponibili già tra dicembre e gennaio, anche se per una quantità di vaccini capace di “contenere completamente la pandemia” sarà necessario aspettare la prossima primavera. Un’attesa anche eccessiva, secondo il professor Silvio Garattini, farmacologo e fondatore dell’, convinto che non sia possibile “vivere aspettando il vaccino. Il vaccino non può essere la scusa per abbassare la guardia”.
Tra chi dice che le prime dosi saranno disponibili già a dicembre e chi, invece prospetta tempi più lunghi, l’attesa secondo il professore si sta facendo snervante e priva di concrete giustificazioni. Fare affidamento soltanto sul vaccino, infatti, non è secondo Garattini la migliore strategia per affrontare la pandemia in corso: “Sicuramente ci darà una grossa mano, ma ora contano solo i comportamenti dei cittadini”, assicura. La riflessione del farmacologo mette in luce come, rispetto alla realizzazione dei vaccini, ci siano ancora almeno tre aspetti fondamentali da chiarire: “Il primo è se sarà davvero efficace“, visto che in tutti i vaccini la percentuale di protezione è di solito compresa tra il 50 ed il 100%; “La seconda domanda è: sarà ben tollerato?“, una questione fondamentale, visto che si prevede di somministrare milioni di dosi e, chiaramente, sarà indispensabile avere la certezza che queste non possano produrre danni nei soggetti che le ricevono; “Il terzo è per quanto tempo sarà in grado di proteggerci“.
A tutto questo, prosegue nel ragionamento il professore, bisogna aggiungere il fatto che tutta la documentazione relativa ai vaccini dovrà essere approvata dalle autorità che regolano la distribuzione dei farmaci nei vari paesi. Un processo normalmente piuttosto lungo. Certo, la produzione è già iniziata e, nella migliore delle ipotesi, si potrebbero avere le prime dosi in commercio già all’inizio del prossimo anno, “Ma non saranno disponibili per tutti, almeno inizialmente“, spiega Garattini.
Diventa quindi indispensabile, nell’attesa – lunga – che i vaccini possano essere davvero un alleato decisivo nella lotta contro il virus – che si mettano in gioco anche i singoli individui, cercando di “capire che può nuocere all’altro e prendere tutte le precauzioni per non essere veicolo del virus”. Accanto alle responsabilità individuali, ovviamente, deve agire l’intervento del Governo, chiamato secondo il farmacologo a rafforzare i controlli. L’introduzione di un coprifuoco, sostiene Garattini, senza assicurare la dovuta presenza di forze dell’ordine che possano verificare se questo viene effettivamente rispettato, rischia di trasformarsi in una misura incapace di produrre effetti tangibili. “Bisogna tener presente che non basta dire le cose, bisogna anche farle. E per farle bisogna mettere in piedi tutto un tipo di organizzazione“, afferma il professore. “I controlli vanno organizzati e potenziati: ad esempio, sarebbe giusto spalmarli su tutta la giornata o in alcune fasce d’orario critiche. Altrimenti sono solo parole al vento“.
Ci sarebbero poi, secondo il farmacologo, altre due fondamentali aree di intervento, su cui agire per limitare il più possibile pericolosi assembramenti e per garantire un miglior tracciamento dei contagi: i trasporti pubblici e i tamponi. Sul primo fronte, Garattini accusa: “Si sapeva da marzo che prima o poi il sistema avrebbe riaperto e sarebbe tornato a funzionare, i trasporti andavano gestiti diversamente. I bus sono strapieni, i controlli non si fanno. E il contagio viene favorito“. A proposito dei tamponi, invece, il farmacologo spiega che per funzionare, il tracciamento richiede una quantità di test ben più massiccia di quella che il nostro sistema è attualmente in grado di garantire, invocata anche da numerosi altri esperti: “Non si può sequestrare la gente in casa perché non ci sono tamponi o perché l’iter per farli è troppo lungo. È inaccettabile che le persone si facciano 12 ore di fila al drive-in“.
Infine, il professore sottolinea un dato che suona come un campanello d’allarme: in molti ripetono che il numero dei contagi aumenta esclusivamente a fronte di una crescita dei tamponi. Le cose, tuttavia, non stanno così: “Il rapporto sta aumentando. Il numero di positivi sta aumentando. Il numero di morti sta aumentando“, dice Garattini. La diffusione del virus, secondo lui, è un dato evidente che è necessario accettare ed affrontare senza cadere in eccessivi allarmismi.