Coronavirus, i medici hanno paura: ” Riceviamo cento telefonate in un giorno e ci hanno lasciati soli”

Il rafforzamento della medicina territoriale è fondamentale soprattutto ora, per non madare in tilt gli ospedali. Ma la situazione raccontata dai medici di famiglia è davvero disperata.

In un momento di forte crescita dei contagi di Covid a cui si associa la crescente paure dei cittadini, è fondamentale rafforzare la medicina territoriale onde evitare la presa d’assalto di ospedali e pronto soccorso. Il Ministro della Salute Roberto Speranza aveva annunciato 230 milioni per la medicina di base ma – da quanto emerge – di risorse non ne sono arrivate. Il dottor Giandomenico Savorani, medico di base a Bologna, dichiara di sentorsi in trincea poiché non è facile contenere i pazienti a non perdere la lucidità e non correre al pronto soccorso al primo colpo di tosse. “Quando ci vuole almeno una settimana per riuscire a prenotare un tampone e tre-quattro giorni per avere il risultato, non è facile convincere le persone a non correre al pronto soccorso dove nel giro di sei-sette ore un tampone te lo fanno e se hai sintomi una Tac riesci ad averla”. Il medico spiega che chi non può permettersi di ricorrere alle strutture private e deve, dunque, ricorrere al pubblico si vede costretto ad attendere anche 7-8 giorni per avere un appuntamento e due o tre per avere il referto. Una risposta che il dottore definisce assolutamente tardiva e che non consente neppure di effettuare un adeguato tracciamento dei contatti poiché non vige l’obbligo di quarantena nel periodo di attesa dei risultati del test. E non più confortante la situazione sul fronte vaccini antinfluenzali, importantissimi anche per evitare di confondere i sintomi dell’influenza stagionale con eventuali sintomi del Covid. Ma le dosi sono poche e – spiega il medico – “Abbiamo una richiesta enorme ma fino a fine novembre non arriveranno altre dosi. Intanto sono costretto a scegliere chi vaccinare: anziani e persone con altre patologie. Agli altri, per il momento, non posso che allargare le braccia”.

La situazione a Genova e a Milano

E cambiando città la situazione non migliora. A Genova sono da poco arrivati i test rapidi ma – come spiega il dottor Luca Pestarino, medico di base a Rivarolo, nella Val Polcevera, una delle zone maggiormente colpite del capoluogo ligure: “Li faremo solo per appuntamento alle persone che sono state già vagliate dai medici di famiglia“. Il medico spiega che ogni giorno riceve tra le 50 e le 100 telefonate: c’è la folle corsa al tampone. Oltre alla paura della malattia si aggiunge la necessità di sottoporsi al test per poter far riammettere i figli a scuola o per poter tornare al lavoro. Ma purtroppo, al momento, non c’è la possibilità di farli a tutti e si deve operare una scelta. Il dottore conclude: “Siamo in trincea, facciamo l’impossibile, ma abbiamo bisogno di risorse e di una semplificazione della burocrazia che ci ruba tempo prezioso“.

Salendo in Lombardia – la Regione ancora una volta più colpita dal virus – la situazione peggiora ulteriormente. Il dottor Irven Mussi, medico di famiglia che lavora nella periferia milanese, racconta di ricevere continue telefonate ogni giorno da parte pazienti che chiedono consigli e informazioni. Persone che hanno tentato, ma senza alcun risultato, di contattare i numeri istituzionali. “Stiamo combattendo in prima linea, con qualche difesa in più rispetto a marzo, ma senza un comando sopra che ci dia indicazioni precise”. Inoltre in una città grande e densamente popolata come Milano c’è l’enorme problema del tracciamento che, al momento, si è rivelato un falllimento. I medici di base spiegano che molti pazienti si rivolgono a loro anche perché non vengono mai richiamati per fare il tampone di guarigione. Tracciare e isolare tutti i casi positivi in queste condizioni sembra impossibile. E il dottor Mussi conclude: “Nelle periferie, dobbiamo tracciare e isolare. Solo chi ha una mega casa può isolarsi come Briatore con la Santanchè, ma tutti gli altri spesso vivono in tanti in due stanze con un bagno solo. Servirebbe avere fin da subito gli hotel per isolare i positivi, ma al momento non ci sono ancora”

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