Il Comitato Tecnico Scientifico ha deciso di lasciare aperte, per ora, le strutture. Una decisione sbagliata, per il consulente del Ministro della Salute. Che avverte: dove c’è la crescita esponenziale, tracciamento impossibile. A rischio Napoli e Milano ma anche Roma.
Il Comitato Tecnico Scientifico si è spaccato. Dopo 110 riunioni “in concordia”, il pool di esperti che da febbraio supporta l’Esecutivo nella gestione dell’emergenza sanitaria ha dovuto mettere a verbale le sue divergenze, per la prima volta. Oggetto della discordia la chiusura di piscine e palestre, dove ha vinto la linea prudente, spesso – e anche questa volta – sposata dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte e dal ministro per le politiche giovanili e lo sport Vincenzo Spadafora. Sull’altra sponda i cosiddetti “rigoristi”, gli ispiratori della linea “massima prudenza”, nel senso di misure talvolta più radicali, a cui spesso fa riferimento il ministro della Salute Roberto Speranza.
La spaccatura del Comitato, e la conseguente sconfitta di Speranza, può anche essere letta nelle parole di Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute e che durante la prima ondata ha composto il gruppo di lavoro del ministero dell’Innovazione per analizzare le strategie di tracciamento. Nel lontano luglio, Ricciardi già avvertiva i segnali di quello che sta succedendo ora: “vedo un grande sbracamento generale“, aveva detto, chiedendo agli italiani di “darsi una regolata” per non perdere l’occasione di ridurre drasticamente i contagi, e di non doversi trovare ancora dentro in autunno, “quando il virus potrebbe diffondersi più facilmente”.
E ora il docente di sanità pubblica alla Cattolica non si tradisce. Sulla decisione di lasciare aperte palestre e piscine, Ricciardi è totalmente in disaccordo, perché sono luoghi in cui, per forze di cose, le distanze sicurezza si accorciano. Per questo l’esperto le avrebbe chiuse, “assolutamente”. Perché anche se molti dei gestori rispettano le regole e “le tengono benissimo”, nel momento in cui accorci le distanze di sicurezza per milioni di casi, l’esito non può essere che drammatico. Ricciardi, come lo stesso esperto Andrea Crisanti, sostiene che con i numeri attuali, il tracciamento è diventato impossibile, soprattutto per alcune parti del Paesi. “In alcune regioni ormai è troppo tardi, afferma, perché fronteggiano una crescita esponenziale del contagio”. Queste regioni non possono più basarsi sul tracciamento, e non resta altra soluzione che chiudere. “Altrove però, prosegue, il tracciamento va potenziato”, anche in prospettiva di una terza ondata. Per quelle regioni ad alto rischio – come Milano e Napoli, ma anche Roma, che tra un po’ “potrebbe essere nella stessa situazione” – vanno fatte chiusure mirate, “con precisione chirurgica”, sostiene Ricciardi.
L’esperto su questo punto sposa di più la linea governativa: non è più il momento di lockdown generalizzati, ma la precisione dell’intervento deve andare oltre anche le Regioni: “in questa fase non ha senso muoversi a livello regionale, ma metropolitano, provinciale, comunale”, sostiene, avvertendo però la necessità che i governatori “si assumano le loro responsabilità”. La decisione del Governo di delegare ai comuni la decisione sulle chiusure di bar, locali e ristoranti aveva fatto infuriare Governatori, sindaci e anche il presidente dell’Anci,Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, che aveva parlato di decisione “scaricabarile”.
Se per le Regioni o le città che vedono ormai un aumento esponenziale, e non più lineare, dei casi di positività non resta altro che chiudere, per le altre zone invece l’unica soluzione è potenziare il tracciamento. Che intanto deve essere, sostiene il consulente, “tecnologicamente più penetrante rispetto a quello usato adesso”. Il sistema dovrebbe non solo notificare l’avvenuto contagio, come fa Immuni, ma anche fornire una forma di georeferenziazione per “ricostruire la catena dei contatti”. L’utilità quindi della app di tracciamento del Governo è messa in serio dubbio. Non solo perché le mancano le funzionalità che consentirebbero di fare una vera e propria indagine epidemiologica, o altre prestazioni aggiuntive, quali la possibilità, per i positivi, di ricevere “test e assistenza a casa”. Ma anche perché a scaricarla sono state troppo poche persone.
La necessità di contare su strumenti tecnologici che funzionano efficacemente è data anche dal fatto che i dipartimenti di prevenzione delle Asl soffrono di organici ridotti. Un doppio rischio, per Ricciardi, che insiste: “Vivremo mesi col virus e dobbiamo avere soldati in trincea. Ora sono troppo pochi. Se non hai uomini e, come detto, disponi di strumenti tecnologici limitati, il virus entra, scavalca la trincea e dilaga“. E ora che Ema, l’ente regolatorio europeo, ha scartato completamente la possibilità di avere un vaccino a breve – un “miracolo” se riuscissimo ad averlo entro 2020 – è bene che si inizino ad attuare delle misure di tracciamento e chiusura per evitare che quanto vissuto in Lombardia nel primo semestre si ripeta su tutto il territorio nazionale.