Il contagio da coronavirus corre e i territori corrono ai ripari. Ad aprire la strada è la Lombardia, che ha ottenuto dal Governo l’ok per far scattare un coprifuoco a partire da giovedì prossimo. I sindaci degli altri comuni italiani, però, lamentano regole poco chiare da parte del Governo.
Il primo coprifuoco da Coronavirus scatterà alle 23 di giovedì prossimo, 22 ottobre, in Lombardia. La decisione, che appare ormai presa dai vertici regionali, imporrà la chiusura di tutte le attività e lo stop ad ogni spostamento – tranne quelli considerati “eccezionali” – nella fascia oraria compresa tra le 23 e le 5 del mattino. Ma se la decisione di limitare gli spostamenti serali e notturni nel territorio regionale vede d’accordo sia le amministrazioni locali che il Governo, i sindaci di molti comuni italiani protestano con l’Esecutivo per la mancanza di chiarezza nelle norme fin qui varate.
Il coprifuoco in Lombardia
La richiesta di poter intervenire in modo così netto è partita proprio dall’amministrazione regionale – supportata da tutti i sindaci dei capoluoghi lombardi – ed ha avuto l’ok del Governo, con l’approvazione in particolare del Ministro della Salute Roberto Speranza, che pur senza dare ufficialmente il via libera a nome del Governo ha lasciato intendere che ci sia unione d’intenti con Fontana: “Sono d’accordo sull’ipotesi di misure più restrittive in Lombardia. Ho sentito il Presidente Fontana e il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, e lavoreremo assieme in tal senso nelle prossime ore».
Nel pacchetto di misure che il Presidente Attilio Fontana si prepara a varare, rientra anche la chiusura – nelle giornate di sabato e domenica – di centri commerciali che rientrino nei circuiti di grande e media distribuzione. Resteranno invece aperti i negozi di generi alimentari e i beni di prima necessità – compresi i supermercati.
Intervenuto su Rete4, Fontana ha spiegato che la volontà dell’amministrazione lombarda era quella di intervenire con un provvedimento “che sia anche simbolico“, nel tentativo di limitare la movida, le feste, gli incontri in piazza: tutte “cause del contagio che non si riescono a controllare perché non riusciamo ad avere un numero sufficiente di polizia e agenti“. Una questione, quella delle risorse di forze dell’ordine a disposizione, sollevata, come vedremo più avanti, anche dal sindaco di Firenze Dario Nardella.
Più nel dettaglio, la richiesta avanzata dalla Lombardia dovrebbe prevedere uno stop assoluto alla circolazione dopo le ore 23, salvo quei casi legati a motivi di salute, lavoro e comprovata necessità che permettevano, già ai tempi del lockdown, di uscire di casa.
La crescita dei contagi e dei ricoveri
A convincere l’amministrazione ad accelerare sulle chiusure serali sono anche i dati che arrivano dagli ospedali della regione: secondo la “Commissione indicatori” istituita dalla direzione generale del Welfare, già il 31 ottobre – tra undici giorni – i ricoverati in terapia intensiva in Lombardia potrebbero essere circa 600 – attualmente sono 113. E’ bene ricordare che nei periodi peggiori della prima ondata, in pieno lockdown, nell’area si arrivarono a registrare 1.300 ricoveri in terapia intensiva. “Il timore è che entro fine mese la situazione possa diventare impegnativa“, ha detto ancora Fontana. “Useremo l’ospedale della Fiera, entro la fine della settimana sarà pronto a ricevere malati“.
Esattamente come avvenne nella scorsa primavera la Lombardia si conferma l’area maggiormente interessata dalla diffusione dei contagi: nella giornata di ieri i nuovi positivi sono stati 1.687, con una percentuale di positivi in rapporto ai tamponi effettuati – 11,5% – che supera di quasi due punti quella nazionale – 9,6%.
Ciò che è parzialmente diverso rispetto alla prima ondata è la diffusione del virus sul territorio lombardo. Oggi, sembra che il contagio circoli in modo più rapido nelle aree che, nei mesi scorsi, erano state meno colpite. Milano, colpita marginalmente durante il lockdown, ora è il cuore dell’epidemia: 436 casi in città, 814 nell’area metropolitana, con un indice di contagio Rt pari a 2: una crescita esponenziale che è segno dell’inefficacia delle misure fin qui adottate.
Firenze: la rabbia di Nardella
Rispetto alla buona sintonia con il Governo che trapela sulla gestione dell’emergenza in Lombardia, la situazione sembra profondamente diversa in Toscana, in particolare a Firenze, dove il sindaco Nardella contesta senza troppi giri di parole l’ultimo Dpcm. “Noi sindaci abbiamo bisogno di regole chiare“, spiega, “Lo scaricabarile non ci piace“.
Sulla stretta alla movida, con la chiusura di strade e piazze, spiega: “Noi, a Firenze, piazza Santo Spirito, il cuore della movida, l’abbiamo già chiusa da due settimane: abbiamo messo 50 agenti, tra polizia, carabinieri, vigili urbani e steward ai 4 ingressi col contapersone“. E di fronte alla volontà dell’Esecutivo di imporre una chiusura generalizzata di strade e piazze del capoluogo, Nardella avanza, polemicamente, una richiesta: “Il Governo ci metta a disposizione i reparti mobili di polizia, carabinieri e Guardia di finanza. Migliaia di uomini che adesso sono fermi nelle caserme perché gli stadi di calcio sono praticamente chiusi e le manifestazioni causa Covid non si fanno quasi più. Allora sì che avremmo le risorse per chiudere“.