Coronavirus: vogliono chiudere l’Italia ma non è come sembra. Ecco cosa dicono i dati

La nuova risalita di casi di Covid sta facendo preoccupare tutto il Paese. Ma la situazione potrebbe non essere così allarmante alla luce dei dati.

 

Stando al monitoraggio settimanale del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore della Sanità – riporta l’Ansasono 4.913 i focolai attivi di cui 1.749 sono nuovi. Gli esperti concordano sul fatto che si sta assistendo ad un’allarmante accelerazione nell’evoluzione dell’epidemia, ormai entrata in una fase acuta con un aumento progressivo nel numero dei casi. E a preoccupare è soprattutto il fatto che – nonostante la prima ondata e a distanza di mesi – l’Italia sia di nuovo impreparata ad affrontare il Covid. In molte Regioni mancano posti letto, medici e infermieri. In altre bisogna attendere 12 ore per fare il tampone. In Lombardia, in alcuni ospedali, i reparti specificamente dedicati ai pazienti Covid sono nuovamente saturi. E la popolazione ha paura. Paura di ammalarsi ma anche paura di un nuovo lockdown che per molti vorrebbe dire chiudere – e forse questa volta per sempre – la propria attività lavorativa.

Ieri si sono registrati ben 8804 nuovi casi totali: più del 21 marzo quando furono 6557. Ma ad analizzare i dati – spiega il Corriere della Sera – la situazione potrebbe essere, certo non tranquilla, ma neppure così drastica. Infatti il numero dei nuovi casi positivi va messo in relazione al numero dei tamponi eseguiti: il 21 marzo furono circa 26mila, ieri 163mila. Sei volte di più. A marzo si testavano solo le persone che presentavano sintomi; ora si testano anche gli asintomatici. Inoltre il tasso di positività – cioè la percentuale di tamponi che risulta positiva rispetto a quelli effettuati – a marzo era del 25%, ora è del 5,4%. Un tasso più basso è un elemento positivo in quanto indica che il virus è mano diffuso. Infine, altro dato importantissimo: quando leggiamo “casi positivi” in realtà i numeri non si riferiscono né ai soggetti contagiati né ai soggetti malati ma unicamente ai casi diagnosticati.

Samanta Airoldi

Fonte: Ansa, Corriere della Sera

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