Il Dpcm approvato ieri contenente le nuove misure di contrasto al Covid-19 conferma la linea accennata dal Governo in precedenza. “No lockdown generalizzato”. Ma non risolve dei nodi importanti.
Il nuovo Dpcm, approvato ieri e contenente le nuove misure di contrasto al Covid-19, conferma la linea accennata dal Governo in precedenza. Niente lockdown, tanta prudenza. Nel fine settimana il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, parlando con i giornalisti – lo riporta Askanews – aveva affermato senza giri di parole: “non siamo più nella condizione di intervenire in modo generalizzato o su ampie aree del territorio“. Anche perché, ha detto Conte, tutto il lavoro fatto dall’inizio della pandemia – tra cui il rafforzamento delle strutture sanitarie e l’aumento del numero di test – avrebbe portato il Paese “molto avanti”, ragione per la quale, se si dovesse prevedere delle chiusure, sarebbero circoscritte. Da questo punto di vista, la Conferenza Stampa a Palazzo Chigi convocata dal premier per spiegare le misure del nuovo Decreto, non porta molte novità tranne il paventare, questa volta misure più drastiche: “La curva sta risalendo. Evitiamo che il Paese piombi in un lockdown generalizzato” ha detto.
Conte garantisce che l’obiettivo delle misure restrittive di certe libertà individuali non è creare uno Stato di polizia, e afferma: “Non manderemo le forze di polizia nelle abitazioni private, però dobbiamo assumere comportamenti prudenti per gestire la fase” ed “evitare situazioni pericolose”, riporta il Corriere della Sera. Il riferimento è soprattutto relativo al bando alle feste private in locali chiusi o all’aperto e alla “forte raccomandazione” – non divieto, come era stato accennato dal ministro Roberto Speranza –a evitare di ricevere in casa più di sei familiari o amici non conviventi, per cene o altre occasioni.
Per chi accusa la scuola di essere una delle cause dell’impennata dei contagi dell’ultima settimana, Conte avverte che non si tornerà alla didattica a distanza, e difende le misure adottate negli istituti scolastici, dove “le cose vanno bene”, afferma il premier, sottolineando poi “peggio tra le relazioni familiari e amicali”. Il ritorno alla didattica a distanza era stato richiesto da alcuni governatori, ma respinto dal ministro Lucia Azzolina. Il premier cita i tanti sacrifici fatti sia in termini di investimento che di risorse per permettere agli studenti di tornare in classe in condizioni di sicurezza, perché in una situazione di difficoltà come quella di oggi, la scuola “deve essere un asset privilegiato da tutelare, e continueremo a farlo”, ha proseguito.
Conte ha difeso a tutto campo il mantenimento delle classi in presenza sulla base delle verifiche fatte, che avrebbero rivelato come le condizioni di sicurezza in ambito scolastico si stiano rivelando efficaci, e dove “non si creano generalmente focolai di diffusione del contagio”, anche grazie al lavoro del personale scolastico e all’atteggiamento degli stessi studenti. Il vero problema non è quindi la scuola, ma “tutto quello che ruota attorno alla scuola”. Il richiamo è chiaro ad uno dei maggiori problemi legati alla mobilità di studenti e lavoratori e cioè il trasporto pubblico, uno dei temi posti dai presidenti delle Regioni, che avevano chiesto la didattica a distanza alle superiori proprio per ridurre la pressione su autobus e metro. Conte non lo nega ma la soluzione ancora non c’è: “Ci sono momenti in cui è inevitabile che si verifichino affollamenti, dobbiamo evitarli. Continueremo a monitorare la situazione e a investire per fare in modo che le persone possano viaggiare in condizioni di assoluta sicurezza”.
Il commento del premier fa capire che il nodo del trasporto pubblico c’è. Per questo è stato convocato per oggi (14 ottobre) dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Paola De Micheli, un tavolo con le associazioni rappresentative delle aziende del trasporto pubblico locale, i rappresentanti della Conferenza delle Regioni, di Anci e di Upi, informa Repubblica.
Fonte: Asknews, Corriere della Sera, Repubblica
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