L’impennata dei contagi giornalieri da Covid-19 ha fatto accendere i campanelli d’allarme e potrebbero scattare misure di contenimento più restrittive. La situazione resta comunque diversa dalla fase più acuta della crisi. Ma ora c’è il nodo del Sud.
L’impennata dei contagi giornalieri da Covid-19, raddoppiati in appena due giorni, ha fatto accendere tutti i campanelli d’allarme. Dai 2.257 nuovi positivi del 5 ottobre siamo passati ai 4.458 di ieri giovedì 8, ai 5372 nuovi casi di oggi e raggiungendo numeri che non si vedevano da aprile. E per l’esattezza, dall’11 aprile, quando si sono registrati 4.694 nuovi casi, tutta la penisola era costretta al lockdown, e le scene delle città deserte riempivano di angoscia il cuore degli italiani. Era anche il giorno in cui Papa Francesco pregava in una piazza San Pietro completamente deserta, immagine simbolo di un mondo costretto a rimanere chiuso in casa, ricorda il Corriere della Sera.
Sebbene i numeri attuali destino preoccupazione nelle autorità regionali e nazionali – e abbiano fatto scattare delle misure più stringenti di contenzione, – la situazione è ben diversa da allora. Gli italiani girano liberamente da maggio, le scuole sono aperte, i bar e ristoranti sono pieni. Ma, soprattutto, ieri il totale dei tamponi realizzati ha raggiunto quota 128.000, contro i soli 56.000 dell’11 aprile, i casi attivi sono 65.952 contro i 100.269 di allora, i morti sono stati 22 (un dato tutto sommato stabile) contro gli spaventosi 619 decessi di quel sabato della Settimana Santa, quando in rianimazione si contavano 3.381 malati, quasi dieci volte i 358 di adesso. Ed è proprio questo il termometro – il numero dei ricoveri (3.925) e delle terapie intensive (358) – che potrà far scattare delle misure ancora più restrittive, informa Repubblica. I numeri sono monitorati con particolare attenzione, ma laddove i malati ricoverati in terapia intensiva supereranno quota 1.000, il Governo potrebbe stabilire i primi mini lockdown. I valori sono ancora gestibili a fronte dei più di 9.000 posti disponibili – che potrebbero arrivare a 11.000 con la trasformazione dei reparti di terapia subintensiva e con le quattro strutture mobili per la quale il commissario per l’emergenza Domenico Arcuri ha già pubblicato il bando. Ma l’Esecutivo non intende farsi trovare impreparato per la seconda ondata. Anche per questo lavorerà in stretto coordinamento con le Regioni, che potranno approvare delle misure più restrittive rispetto a quanto stabilito dal provvedimento approvato in livello nazionale. L’obiettivo immediato è quello di contenere il virus, anche per permettere agli ospedali di attivare i nuovi posti letto, per poter assicurare cure adeguate e tempestive e poter così evitare che le terapie intensive si riempiano.
C’è però il nodo del Sud, dove al problema endemico della mancanza di infrastruttura si somma quello del numero insufficiente di personale sanitario. Per questo il presidente della regione Campania Vincenzo De Luca ha chiesto al ministro della Salute Roberto Speranza, al commissario per l’emergenza Domenico Arcuri e alla Protezione civile l’invio di operatori sanitari, anche volontari. La Campania è una delle regioni dove l’incremento dei positivi è stato più accentuato, con i contagi schizzati a quota 757, incidendo di non poco sul totale dei positivi in Italia. Anche in Sicilia e Puglia – dove i reparti degli ospedali specializzati sono quasi pieni, sebbene le terapie intensive siano solo a metà – a preoccupare è la carenza di personale sanitario, oltre che l’approccio degli ospedali all’emergenza. Infatti, come è saputo, al Sud non è toccato affrontare l’emergenza di alcuni mesi fa, che si era concentrata in poche regioni settentrionali. Si diceva già allora che se l’onda di contagi fosse arrivata ugualmente in tutte le Regioni, quelle meridionali, caratterizzata da sistemi sanitari carenti, avrebbero contato molti più morti. Quella paura è stata scongiurata allora, quando il Sud si è chiusa a riccio, riuscendo a evitare lo scenario peggiore. Ma adesso che il Covid si sparge a macchia d’olio e un nuovo lockdown potrebbe finire per annientare delle economie già in ginocchio, si dovrà giocare tutto sulla responsabilità dei cittadini e su un coordinamento ottimale tra Esecutivo e governi locali, che dovranno garantire risposte efficienti e tempestive all’aumento dei contagi. Una partita da giocare, tutta, di anticipo.
Fonte: Corriere della Sera, Repubblica