In un’intervista al Corriere della Sera, la manager sarda Cecilia Marogna, a capo della società LogSic registrata in Slovenia, prova a spiegare i 500 mila euro trasferiti alla società dalla Segreteria di Stato vaticana
Una società aperta in Slovenia per aumentare i rapporti con paesi come Georgia, Ucraina, Serbia, Bosnia, Slovenia. Soltanto quindi per motivi geopolitici. È quanto affermato da Cecilia Marogna in un’intervista al Corriere della Sera. La “dama del cardinale” come viene definita la 39enne sarda a cui l’ex numero due della Segreteria di Stato Angelo Becciu ha fatto trasferire 500 mila euro in quattro anni. La “superconsulente vaticana”, la cui società Logsic è specializzata in “operazioni umanitarie”, ha provato così a spiegare perché la società è stata aperta in Slovenia se i rischi attuali – in termini di emergenze umanitarie – sono in Africa e in Medioriente. Nelle parole della fondatrice, i Balcani sarebbero stati la “prossima polveriera”. Avrebbe giocato di anticipo, Marogna, scommettendo su una crisi balcanica? Sulle operazioni della società, stando alle carte visionate dal Corriere, la società di Marogna è stata costituita a Lubjana nel dicembre del 2018, con un capitale iniziale di 7500 euro. Sui bilanci però non si vedono movimenti, e non vi sono fatture ma solo pochi compensi alla Marogna e a terzi. L’imprenditrice sarda rifiuta comunque il titolo di “società di copertura” che in tanti attribuiscono alla Logsic. “Mi sembra chiaro che non possiamo fare bonifici in Paesi che figurano nella black list”, difende Marogna, “ma dovevo pagare delle persone in Africa, gestire delle crisi, fare dei bonifici”. I fondi in Slovenia sarebbero quindi “di garanzia per le operazioni in Africa”. Sul perché non figurassero nei bilanci il mezzo milione di euro, che lei ammette di aver preso con bonifici ordinati dal cardinale Becciu e realizzati dal monsignor Perlasca, Marogna prova ad essere convincente: “trattandosi di operazioni riservate, nei bilanci non figurano compensi e fatture”. E anche la fiscalità del Vaticano viene tirata in ballo, in quanto lo Stato “non ha una fiscalità vera e propria”. E come sostiene lei, “non potevo certo emettere fatture”.
Marogna insiste sul fatto di aver speso i soldi in compensi professionali e spostamenti, e sull’acquisto di “borsette e poltrone in pelle” che ammette di aver realizzato utilizzando i soldi del Vaticano, si difende: “Dopo tanto lavoro penso di avere il diritto di comprarmi una poltrona”. Ma la manager si considera oggi un “pacco bomba”, che inizialmente poteva essere funzionale “per spostare l’attenzione dallo scandalo londinese”. E così, da “benefit” sarebbe diventata un boomerang, un oggetto di contesa per vicende esterne alle mura vaticane. “I grossi interessi girano lì”, prosegue, “i bonifici a me sono piccole cose nell’ambito di uno scontro di potere molto più ampio, che ha già visto cadere molte teste e che è solo iniziato, tra le fazioni che si oppongono a Papa Francesco”.
I bonifici alla società di Marogna realizzati dalla Segreteria di Stato vaticana sono solo uno dei tanti punti dello scandalo sulla gestione delle finanze in Vaticano, riporta Repubblica. Al centro è finito l’alto prelato sardo Angelo Giovanni Becciu, che si è dimesso dalla carica di prefetto della Congregazione delle cause dei santi, con la perdita dei diritti da cardinale. Le dimissioni di Becciu, dopo un’udienza con papa Francesco, risalgono a meno di due settimane fa. Ma la bufera è destinata a perdurare.
Fonte: Corriere della Sera, Repubblica
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