Il segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti detta la linea del Governo, sulla scorta del buon risultato elettorale ottenuto alle amministrative: “Ripristinare il bipolarismo e accelerare sul Mes”.
E’ entusiasta, Nicola Zingaretti. Un po’ per la notizia, ricevuta durante un trial medico, che il suo organismo è ancora immune al Covid, a 7 mesi di distanza dalla contrazione del virus, un po’ – forse soprattutto – per via di un sondaggio Ixè secondo cui la rimonta del suo Partito Democratico nei confronti della Lega sarebbe quasi completata: a separarlo da Matteo Salvini ci sarebbe, ora, soltanto uno 0,9% – il 23% del Carroccio contro il 22,1 dei dem.
Come scrive Il Corriere della Sera, Zingaretti si sente il vero vincitore dell’ultima tornata elettorale, soprattutto per via del risultato positivo arrivato dalla Toscana, dove una sconfitta sarebbe stata probabilmente fatale per il suo mandato di segretario e – chissà – forse anche per il Governo di Giuseppe Conte. “Alle sei di sera il corridoio del secondo piano del Nazareno era deserto, nessuno voleva intestarsi la temuta sconfitta“, spiegano i collaboratori di Zingaretti. “Alle dieci era zeppo di gente, tutti a intestarsi la vittoria“.
Certo, un risultato elettorale positivo, confermato anche dal secondo turno, in cui il Centrosinistra è salito ad amministrare 51 comuni, 10 in più di quelli che controllava fino a una settimana fa, potrebbe dare adito alla speranza, al desiderio, del segretario di ritagliarsi un posto all’interno dell’Esecutivo che il suo partito sostiene. Ma la prospettiva, per il momento, rimane impraticabile. Le elezioni per il nuovo sindaco di Roma incombono e il Pd naviga nel buio rispetto alle possibili figure da candidare per provare a tornare al Governo della Capitale. Se a questo si dovesse aggiungere un ingresso di Zingaretti nel Governo, con le sue conseguenti dimissioni da Presidente della Regione Lazio, il rebus candidature diventerebbe irrisolvibile.
E così il segretario tira dritto: “Resterò governatore fino al 2023“, dice. “Avverto la fatica del doppio ruolo“, aveva spiegato nei giorni scorsi a La Repubblica. E, da leader del partito, disegna le future battaglie del Pd. Primo obiettivo “Ripristinare il bipolarismo con sistema proporzionale e sbarramento al 5%: quella soglia spinge al voto utile, e noi possiamo diventare il primo partito italiano, il perno di ogni possibile maggioranza anti-sovranisti“.
“Mi prendono in giro perché sarei quello senza idee, quello del boh, ma io credo nella politica, e cioè nel fatto che per affermare i tuoi valori devi spostare equilibri, fare alleanze, disarticolare gli avversari“, dice ancora. Quel che è certo, è che Zingaretti è riuscito, anche in momenti di grave crisi per il Centrosinistra, ad uscire sempre vincitore dalle elezioni in cui è stato direttamente candidato: prima come Presidente della Provincia di Roma e poi, per due volte, per la Regione. Probabile che, in vista del 2023, un pensierino sulle elezioni politiche il segretario Pd lo stia facendo.
In quest’ottica, la sua opinione è chiara: più è ampia la coalizione, più alte saranno le probabilità di vittoria. “Per me vincere le prossime elezioni politiche vuol dire tenere i sovranisti sotto il 15%”, dice. “Il resto mi va bene tutto». Prima delle prossime politiche, però, altri importanti appuntamenti elettorali aspettano il Pd: tra meno di un anno torneranno al voto grandi città come Roma, Milano, Torino, Napoli, Bologna e in molti di questi casi il nodo delle candidature è di non facile soluzione. Anche perché rimane sul tavolo l’ipotesi di presentare un candidato unico insieme ad altre forze, 5 Stelle su tutti.
Inutile sottolineare che, per importanza e per affetto, Roma rappresenta per Zingaretti una partita diversa da tutte le altre: il Governatore del Lazio è indispettito dall’atteggiamento dei big del partito, che finora hanno guardato con sospetto alla possibilità di candidarsi alla guida della Capitale. Eppure, il sindaco di Roma nel prossimo decennio sarà, probabilmente, uno dei personaggi politici più in vista in tutto il mondo. Ad attendere la Capitale nei prossimi anni ci sono infatti appuntamenti di portata globale: dal Giubileo 2025 al possibile Expo 2030, fino alla ricorrenza, ricordata pochi giorni fa da Papa Francesco, dei duemila anni dalla nascita di Cristo, nel 2033. La strada è ancora lunga, e Zingaretti prende tempo, garantendo – magari nella speranza che emerga un nome importante a sparigliare – che al momento giusto verranno convocate le primarie.
Anche sul fronte delle alleanze, il leader Pd, si dice fiducioso. Da una parte, rivendica la sua strategia sui 5 Stelle: “Al Congresso avevo detto che non sono la stessa cosa della Lega. Sono nostri competitori, certo. Ma il Governo che abbiamo fatto insieme ha ribaltato i rapporti dell’Italia con l’Europa. Ora siamo ascoltati, c’è fiduda in noi, anche per il modo in cui abbíamo fronteggiato l’epidemia. È un capitale decisivo per l’Italia. E l’abbiamo messo in banca noi”. Dall’altra, è consapevole di aver saputo a tenere a bada Matteo Renzi, che in occasione della nascita di Italia Viva annunciò l’intenzione di “fare ai dem ciò che Macron ha fatto ai socialisti“, cioè sottrarre loro la gran parte dell’elettorato. Un piano fin qui fallito miseramente. E ora il segretario passa all’incasso: “Ho girato 140 piazze elettorali quando nessuno della maggioranza ci metteva la faccia. Con i nostri voti abbiamo fatto una trasfusione di sangue al governo. Adesso non vorrei che si approfittasse della ritrovata stabilità per prendersela comoda“, incalza. E dopo aver ottenuto le tanto attese modifiche ai Decreti Sicurezza, torna alla carica sul Mes: “Possibile che stiamo ancora a perdere tempo sul Mes? Voglio dirlo chiaro: l’obiettivo su cui si gioca quest’alleanza di governo non è più l’elezione del prossimo capo dello Stato, come si poteva ancora immaginare a gennaio, ma il Recovery plan e la ricostruzione del Paese“.
Lorenzo Palmisciano
Fonte: Il Corriere della Sera, La Repubblica