Emergono i dettagli del piano con cui i sospettati dello scandalo in Vaticano intendevano dirottare le finanze della Santa Sede.
Un’ estorsione di denaro paragonabile ad un ricatto quella che, secondo gli inquirenti, sarebbe stata pianificata nel dettaglio principalmente dal broker Gianluigi Torzi. Lo scopo era dirottare ingenti cifre dal tesoro della Santa Sede verso le proprie società e quelle di altri esponenti del Vaticano, sospettati di aver messo in piedi una truffa che non ha precedenti. Lo scandalo che ha colpito la Chiesa di Roma – che sembrava inizialmente limitato alle azioni di pochi collaboratori di Papa Francesco – sarebbe di proporzioni decisamente maggiori e vedrebbe la partecipazione di alti esponenti del Vaticano. Tra questi, Torzi sarebbe al momento il primo sospettato, sotto la lente di ingrandimento del Tribunale che indaga sui fatti. Un vero e proprio ricatto – riferisce Adnkronos – quello operato dal broker che con una furba quanto illecita manovra finanziaria sarebbe riuscito ad ottenere 15 milioni di euro dalle casse della Santa Sede in cambio del rilascio di alcune azioni della società Gutt Sa.
Tutto è iniziato nel 2018, quando Torzi – ricorda La Repubblica – decide di vendere al Vaticano 30.000 azioni della compagnia tenendone per sè 1.000, le più importanti in quanto sono proprio queste ultime a godere del diritto di voto. A questo punto, inizia una esagerata richiesta di denaro che ruota attorno alla cessione alla Chiesa di un immobile a Londra, teoricamente già di proprietà della Chiesa ma in pratica ancora vincolato a Torzi che porta ad una perdita complessiva di 100 milioni di euro. Ma il giro di denaro avrebbe coinvolto più di un funzionario in vista, secondo quanto emerso in questi giorni. I responsabili dell’invio di denaro a Torzi sarebbero Monsignor Alberto Perlasca e il funzionario Fabrizio Tirabassi che si difendono affermando di essere stati essi stessi vittime del ricatto. Una delle persone interrogate – non come imputato ma come individuo informato sui fatti – ovvero il preside dell’Università Guglielmo Marconi di Roma, Renato Giovannini, ha dichiarato: “Ho difficoltà a ricordare le cifre esatte richieste da Torzi perchè erano in costante aumento. Quello che ricordo precisamente è che tutto è cominciato dopo il 26 dicembre 2018”.
Un flusso di denaro potenzialmente infinito quello generato dal caso dei finanziamenti diretti all’immobile londinese che ha coinvolto avvocati, consulenti e broker e, a partire dal 2019, anche il segretario del Cardinale Angelo Becciu – anche lui alle prese con un sospetto scandalo finanziario – Alberto Carlino che avrebbe ricevuto l’autorizzazione a pagare 10 milioni di Euro per acquisire tre società del New Jersey proprietarie dell’immobile incriminato. L’ingente flusso di denaro che è circolato per più di due anni attorno a questa maxi truffa rende molto difficile capire dove e a chi sono andati a finire tutti questi soldi provenienti dalle casse della Chiesa e soprattutto stabilire una stima precisa delle perdite della Santa Sede: l’ipotesi di reato è gravissima per tutte le persone coinvolte; si parla infatti di riciclaggio e autoriciclaggio. Resta da vedere se la vicenda sarà considerata alla stregua di un ricatto. Come riportato da Giovannini che ha già fatto sapere tramite il suo legale di essere estraneo ai reati commessi e di aver solo ricevuto informazioni sui fatti: “Non nego che a tratti le richieste di Torzi in merito alla restituzione dell’immobile a Londra hanno assunto i tratti di un vero e proprio caso di estorsione”.
Manfredi Falcetta
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