Quota 100 addio: in pensione due anni più tardi e con l’assegno tagliato

Confermata la decisione di non rifinanziare Quota 100, il Governo è a lavoro per varare un pacchetto di misure che riformino il sistema pensionistico italiano.

Dopo l’annuncio del Governo sulla scelta di non rifinanziare Quota 100 alla naturale scadenza del triennio previsto, i tecnici dell’Esecutivo sono già al lavoro per mettere a punto una nuova, ennesima riforma del nostro sistema previdenziale. Le novità entreranno in vigore a partire dal primo gennaio 2022 e, come scrive Il Corriere della Sera, l’impegno preso al tavolo tra Governo e sindacati è quello di evitare uno scalone per l’uscita dal lavoro che allo stato attuale sarebbe di ben 5 anni: dai 62 (più 38 di contributi) attualmente sufficienti a maturare la pensione, ai 67 previsti per raggiungere la pensione di vecchiaia.

Secondo Il Messaggero l’ipotesi su cui si sta lavorando è quindi quella che si potrebbe definire una “Quota 102“, con l’opzione di pensionamento che si attiverebbe a 64 anni in concomitanza con 38 anni di contributi versati. Il meccanismo sarebbe quindi molto simile a quello attualmente in vigore, ma con un ritardo di due anni sull’uscita dal lavoro. Aderire alla ipotetica Quota 102 comporterebbe un taglio dell’assegno mensile compreso tra il 2,8% e il 3% per ogni necessario al raggiungimento dei requisiti di età previsti per la pensione di vecchiaia.

Nel frattempo il Ministro del Lavoro Nunzia Catalfo ha annunciato l’intenzione di prorogare per tutto il prossimo anno “opzione donna“, la misura che permette alle donne lavoratrici, sia dipendenti che autonome, di andare in pensione a 58 e 59 anni. Proroga in vista anche per l’Ape social, che permette di andare in pensione a 63 anni a costo zero, e che potrebbe essere estesa a tutti i lavoratori considerati “fragili a rischio covid.
Nella categoria rientrerebbero tutti coloro che, pur non essendo invalidi al 74%, soffrono di gravi patologie, come tumori o malattie cardio-vascolari. Inoltre, la platea di beneficiari dell’Ape social potrebbe essere estesa anche a disoccupati di lunga durata o a chi non ha diritto alla Naspi (l’indennità di disoccupazione).
Sul tavolo anche la proposta dei sindacati di ridurre da 36 a 30 gli anni di contributi necessari per tutte quelle tipologie di lavoro ritenuti gravosi come, ad esempio, gli operi del settore edile.
Di fronte alle ipotesi avanzate dal Governo – quota 102, proroga opzione donna e ape social con l’allargamento della platea di beneficiari – i sindacati si sono detti fiduciosi sul lavoro da portare avanti. C’è apertura al confronto e ci sono, soprattutto, proposte ulteriori da sottoporre all’Esecutivo. Tra queste la pensione contributiva di garanzia per i giovani – una sorta di integrazione al minimo, attualmente non prevista dal nostro sistema contributivo -, pensioni ad hoc per le donne e una staffetta generazionale, finalizzata ad anticipare il pensionamento di alcuni lavoratori per favorire, attraverso un accordo sindacale, l’accesso al mondo del lavoro per altrettanti giovani.
Tante, quindi, le ipotesi sul tavolo. Al momento l’unica certezza, però, riguarda la conclusione dell’esperienza di Quota 100. Per tutto il resto, sarà necessario attendere indicazioni che potranno arrivare dal varo della Legge di Bilancio 2021, previsto per la fine del mese di ottobre.
Lorenzo Palmisciano
Fonte: Il Corriere della Sera, Il Messaggero
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