Quello di Gabriel Garko potrebbe essere un semplice coming out. Ma il senso del suo discorso va ben oltre le apparenze. E ci insegna la vita.
“Adua, Adua, Adua, Adua, Adua. Rosalinda”. E’ iniziata così la commossa lettera di Gabriel Garko letta davanti agli occhi – che forse già sapevano ma mai stanchi di ascoltare e di guardare – di Adua Del Vesco, sua ex fiamma. “Tu non mi hai mai chiamato Dario, vero? È un suono che ho cancellato, è ragazzo che ho ucciso e che voglio riportare in vita. Lo so che alcune cose che sto per dirti saranno una sorpresa per te. Non perché tu non le sapessi ma perché lo farò qui, e ora”, ha proseguito l’attore. “Noi due insieme abbiamo vissuto una bellissima favola. Bella, sì, ma una favola. E nella favola c’è chi le scrive, chi le racconta e chi le interpreta. E non ho ancora capito chi si diverte di più. Tu ti sei divertita?”.
E’ una domanda che forse dovremmo farci tutti, ogni tanto, quando ci fermiamo a pensare alla nostra vita in un attimo di respiro tirato fuori dalla nostra frenesia. Presi da impegni, dal tempo che scorre, dall’oppressione di dover sempre fare qualcosa, dimentichiamo che forse ci divertiamo poco, molto poco, a recitare la parte che qualcuno ci ha cucito addosso. La verità è che ridiamo poco; che sorridiamo poco; che questo gioco di finzioni non lo vogliamo neanche noi, anche se si adatta, benissimo, al mondo dei social e alle logiche delle apparenze di questo secolo. Non lo vogliamo, ma ce lo teniamo. E così, quando la notte abbandoniamo le apparenze e rimaniamo noi, struccati, nel nostro letto, ci rendiamo conto di aver vissuto un’altra giornata stanca, un’altra giornata senza quiete. Non ci soddisfa, più, allora, essere come ci siamo sempre mostrati perché l’unica cosa che vorremmo è essere come siamo in quel letto, la notte. La verità è che le maschere ci invadono, che ciò che cerchiamo di camuffare e di nascondere dietro sorrisi finti e di cera prima o poi finiscono per adattarsi a noi, per prendere le nostre sembianze, al punto che diventa difficile, difficilissimo, capire chi è la maschera e qual è , invece, il nostro vero volto. E quando ci trasciniamo le nostre apparenze con noi, per anni, toglierle e mandarle al diavolo diventa più difficile. Ci vuole coraggio, per scoprire l’essere. Ci vuole anche coraggio per dare a quell’essere il fuoco per ritornare ad esistere. Chi siamo, quando il mondo fuori smette di guardarci come noi ci siamo sempre mostrati? Ma cosa siamo, quando noi stessi ci guardiamo all’interno e sappiamo che non siamo affatto ciò che abbiamo creduto di essere?
“Devi trovare la bambina che c’è dentro di te, prendertene cura e pensare in quale momento della tua vita l’hai persa. Io l’ho fatto. Ho ritrovato il bambino dentro di me e gli ho fatto ripercorrere tutta la mia vita fino a oggi”, ha detto Gabriel. Gabriel, che l’altra sera, su Canale 5, ha gettato nel cestino il suo cognome, ciò che ne comportava, per ricongiungersi finalmente con sé. “Ti dico la verità, io al bambino, i momenti brutti non glieli ho fatti vedere, gli ho coperto gli occhi. Il mio bambino si è accorto che io non ero felice. Oggi non riesco più a trovare una maschera che mi stia bene…”, ha proseguito l’attore. Ma è difficile credere che stesse recitando. Sono anni, ormai, che il suo segreto di Pulcinella non è più un segreto. E avrebbe potuto continuare a camminare così, lui, non curante di ciò che gli altri aspettavano di sentirsi dire per sentirsi finalmente appagati. E invece Gabriel ha scelto. Ha pianto, ha guardato negli occhi colei che ha sempre saputo, ha letto con la voce tremante una lettera che dovrebbe essere d’esempio a tutti. E poco importa, che sia stato pagato o non pagato, dicono sul web. Oppure, che tutto sia stato studiato a tavolino ai piani alti della Mediaset. E ancora, che Verissimo non aspettava altro che questo.
Al Grande fratello Vip è andata in onda una prova di coraggio. Una delicatissima, bellissima, prova di forza. Certo, probabilmente non si dovrebbe neanche sentirsi in dovere di riferire o non riferire qualcosa sui propri gusti personali. Ma il discorso di Gabriel non è stato un coming out. Gabriel Garko ci ha detto di essere come si è. Di prenderci cura dei nostri malesseri. Di non abbandonarci, mai, ad un mondo che non si vuole. Di bere un caffé al mattino con la consapevolezza che quel caffé sia tutto per noi e che ce lo meritiamo. Ci ha detto di abbracciarci, di non aspettare che una finestra aperta diventi un motivo per saltare giù e che saltare giù dalla finestra diventi la soluzione ai nostri problemi. Di non aspettare che nostro fratello ci insegua su una moto, ammazzandoci. Di dare sempre una voce alle nostre esigenze. Di avere coraggio. Di avere pazienza. E infine, quando ci sentiamo pronti, di goderci il tempo. Molti, commentando, hanno detto che Gabriel Garko sarà più libero, da ora. Io non credo sia così. Credo che sarà ancora difficile parlarne, credo che la verità – se anche la sapevano “tutti” – ha bisogno del suo tempo per essere riconosciuta. Credo che Gabriel Garko non avesse bisogno di dichiarare in televisione qualcosa per riconoscersi. Ma la televisione può ancora mandare messaggi. E lui, con gli schermi, ci ha costruito una vita, una carriera, un personaggio. E allora usiamo la televisione, usiamo quella tv comunemente riconosciuta come spazzatura, per mettere in mostra anche quello che per anni non si è visto. Giù, credo che Gabriel Garko abbia voluto far questo. E credo anche… “che la verità scavalcherà ogni segnale di omertà”.
Chiara Feleppa
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