Presentata oggi la riforma che dovrebbe sostituire il Trattato di Dublino per gestire i flussi migratori in Europa.
Come preannunciato qualche giorno fa dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, oggi è stata presentata la riforma che dovrà sostituire il Trattato di Dublino nella gestione dei flussi migratori in Europa. Lo scopo sarà quello di aiutare i Paesi di primo approdo come l’Italia. La presidente – riporta il Corriere della Sera – ha esordito: “Le migrazioni sono sempre stato un dato di fatto in Europa e sarà sempre così”. E il commissario europeo Ylva Johansson ha spiegato: “Il Patto di Dublino era qualcosa di simbolico, serviva a pochi richiedenti asilo. Il nostro meccanismo di solidarietà scatterà invece in modo automatico per tutti i migranti che verranno salvati in mare. Ma anche il Paese di sbarco dovrà continuare ad accoglierne una parte”. E’ stato precisato che con questo nuovo meccanismo ogni Paese membro dovrà aiutare i Paesi di primo sbarco o con i ricollocamenti o con i “rimpatri sponsorizzati” attraverso cui gli Stati dovranno rimpatriare una quota di miranti entro otto mesi. Se entro tale lasso di tempo i migranti non saranno rimpatriati allora lo “Stato partner” dovrà accoglierli sul suo territorio.
Tuttavia il Nuovo patto sulla gestione dei migranti non prevede trasferimenti obbligatori dal Paese di sbarco verso altri paesi Ue, come ha più volte chiesto il Governo italiano. Anche il nuovo sistema, dunque, come quello già in vigore, si basa – essenzialmente – sul sostegno su base volontaria. Viene introdotta, inoltre, una partnership con Paesi extra Ue che aiuteranno a sviluppare percorsi per l’ingresso dei migranti in Europa. La commissaria Johansson ha concluso: “Al momento l’Ue ha accordi con 24 Paesi per le riammissioni dei migranti. Alcuni accordi funzionano, altri meno”.
Se l’aspetto di volontarietà resta immutato, ciò che cambia – spiega Open – è che non ci saranno più “soluzioni ad hoc” ma questo meccanismo sarà valido per ogni migrante salvato in mare, a prescindere dal fatto che si tratti di persone che scappano da Paesi in guerra oppure no. Inoltre si terrà conto anche del passato e della famiglia dei migranti: ovvero se una persona appena sbarcata ha già un parente in un altro Paese Ue oppure ha già studiato o lavorato in un altro Stato diverso da quello in cui sbarca, sarà questo Stato a doversi fare carico dell’immigrato.
Samanta Airoldi
Fonte: Corriere della Sera, Open
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