Dopo i rusultati delle regionali e il Referendum, il Premier Giuseppe Conte si dice certo di proseguire alla guida del Governo fino al 2023.
Un risultato che dà nuova forza al Governo, quello di ieri riguardo le elezioni regionali e il Referendum sul taglio dei parlamentari. Non ha dubbi il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, assolutamente convinto che dalle urne esca un Esecutivo più stabile e destinato a durare fino alla scadenza naturale della legislatura, nel 2023. Eppure – come spiega Il Corriere della Sera – non ci sono soltanto buone notizie in vista per il Premier. E’ probabile che, all’indomani dei risultati elettorali, qualcuno pensi di passare ora all’incasso, magari con una modifica degli equilibri interni alla Maggioranza di Governo o con un cambio di passo sui provvedimenti da adottare. E’ il caso del segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti che, dopo una campagna elettorale in cui si è ripetutamente paventata una larga vittoria del Centrodestra, si sente ora forte di un risultato positivo e intende prendere per sé e per il proprio partito una maggiore rilevanza nell’indirizzo politico del Governo. E’ per questo che, probabilmente, prima di avviare una discussione sulle poltrone e sugli incarichi all’interno dell’Esecutivo, il segretario spingerà affinché vengano messi in agenda temi cari ai democratici. Non è un caso che già nella serata di ieri Zingaretti abbia fatto espliciti riferimenti al Mes – su cui resiste una profonda differenza di vedute tra Pd e Movimento 5 Stelle – e alla modifica dei Decreti Sicurezza, varati dal primo Governo Conte, quando in alleanza con i grillini c’era la Lega di Matteo Salvini, ma sui quali il Governo Conte bis non ha ancora preso una posizione precisa.
Insomma – riferisce Il Fatto Quotidiano – Zingaretti sembra intenzionato ad invertire lo schema che ha visto finora i grillini come principale forza a traino del Governo, contando anche sul fatto che il Movimento 5 Stelle dovrà necessariamente fare i conti con un calo del consenso molto accentuato soprattutto nel sud del Paese – storica roccaforte elettorale pentastellata. Luigi Di Maio – nei fatti ancora il vero leader dei 5 Stelle – rivendica però con forza il successo del “Sì” al Referendum. Anche questo un modo per marcare il territorio e far valere il proprio peso all’interno della coalizione giallorossa. Non si può quindi escludere che le tensioni sul programma possano portare a qualche altro scossone nel Governo, magari attraverso quel rimpasto mai ufficialmente preso in considerazione dal Premier ma, in fondo, sempre di stretta attualità. A questo va aggiunto il malcontento che trapela dai gruppi grillini: il combinato disposto tra taglio dei parlamentari approvato dal Referendum e debacle nel voto regionale fa sì che, tra i rappresentanti 5 Stelle, non siano in pochi a temere per la propria riconferma nella prossima legislatura. Non a caso, già si vocifera di una intensa opera di campagna acquisti messa in atto dal Centrodestra soprattutto tra i banchi del Senato, dove la Maggioranza è più debole e può contare, dopo ieri, su un voto in meno, visto che le elezioni suppletive in Sardegna hanno portato alla vittoria del candidato dell’opposizione Carlo Doria. E’ per queste ragioni che Conte rimane in guardia, attento a non rimanere schiacciato dalle pressioni interne – con Pd e Movimento 5 Stelle che reclamano maggiore centralità nel Governo – e dalle trame esterne provenienti dalle opposizioni.
Lorenzo Palmisciano
Fonte: Corriere della Sera, Il Fatto Quotidiano