L’ex Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati Luca Palamara dichiara di trovarsi nella stessa condizione delle Lega. Vittima – a suo dire – di una “giustizia a orologeria”.
I tempi cambiano, i ruoli pure. E tutto può accadere nel giro di poco. E così dalla cabina di regia, dal ruolo di “potere” si può finire nell’occhio del mirino di quelli che un tempo si credevano essere i propri amici o, quantomeno, i propri alleati. Ed è quello che sta accadendo all’ex Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati Luca Palamara che, in questi giorni, sta sperimentando sulla propria pelle il significato di “giustizia a orologeria”.
Questa mattina riferisce Affaritaliani l’assemblea di Anm doveva decidere se confermare o no la sua espulsione decisa a luglio. Palamara ha chiesto di essere ascoltato dai suoi ex colleghi ed è arrivato con tanto di telecamere a seguito, cosa non gradita ai presenti. Ha ammesso le sue responsabilità non ha negato il coinvolgimento con la politica: “I rapporti con la politica li ho avuti, le Frequentazioni con l’ex Ministro Luca Lotti ci sono state e con il senno del poi dico che non avrei dovuto. Ma il confronto con la politica sulle nomine è sempre esistito. L’incontro all’hotel Champagne non era clandestino” – ha dichiarato riferendosi alla riunione in cui si parlò anche della nomina del nuovo capo dei pm a Roma. Riunione a cui presero parte, oltre a Luca Palamara, anche 5 togati del Consiglio Superiore della Magistratura e i deputati di Italia Viva Luca Lotti e Cosimo Ferri. Ma, pur ammettendo gli errori commessi, l’ex toga ha difeso la sua onestà morale: “Non ho mai venduto la mia funzione né a Lotti né a nessun altro. Sono stato travolto e nella fiumana mi sono perso. Ma non mi sento di essere stato indegno moralmente”. E rivolgendosi all’assemblea dell’Anm ha concluso: “Chiedo di essere giudicato serenamente. Sono qui perché penso che prima venga l’interesse di tutti, della magistratura, di recuperare la fiducia dei cittadini e l’interesse dei colleghi che mio malgrado sono stati travolti”. Ma a nulla è servita questa arringa. Infatti – spiega la Repubblica – Palamara è stato definitivamente espulso dall’Anm: con 111 voti un solo voto a favore e una scheda bianca, il sindacato dei giudici ha confermato l’espulsione di Luca Palamara. La decisione era già stata presa a luglio, ma Palamara aveva presentato ricorso e aveva chiesto di essere ascoltato. Uno dei più duri verso di lui è stato il collega Mario Palazzi che, guardandolo in faccia, ha detto: “Avresti fatto bene ad avere maggiore eleganza verso una Anm che ti ha dato troppo, non devi più continuare in questa operazione deleteria di dileggio di una categoria che non bussa alle porte dei potenti, ma lavora dalla mattina alla sera. Palamara non può stare nella mia stessa associazione”. Non meno dure le parole del presidente dell’Anm, il pm milanese Luca Poniz, che ha chiuso così: “Ha detto che l’Anm non conta un ca… dopo esserne stato il presidente. Se l’Anm è quella che non pensa alle carriere, ma alla tutela dei diritti allora sono contento che non conti un ca…”
“Anche io sto provando l’esperienza di chi si aspetta di avere un giudizio imparziale e si accorge, invece, di essere solamente in balia di un plotone di esecuzione. Mi hanno fissato dodici udienze in quindici giorni, alla faccia dei tempi ragionevoli”. Era stato questo lo sfogo di Palamara riportato da Il Giornale. E il parallelismo con la situazione della Lega e del suo segretario Matteo Salvini è evidente dalle parole stesse dell’ex presidente di Anm. Il processo imminente per la Open Arms, i deputati del Carroccio sospesi per aver incassato il bonus Covid, i 49 milioni di cui si torna a parlare proprio a pochissimi giorni dalle elezioni regionali: secondo Palamara questo non è un caso. “Se tutto questo è la riproposizione del vecchio gioco che ora ha nel mirino la Lega? Esatto” riferisce Libero.
La Lega, infatti, in questo frangente è temuta soprattutto in Toscana, Regione storicamente “rossa”. Infatti il giornalista Massimo Giannini recentemente ha sostenuto che se Salvini dovesse vincere in Toscana allora il contraccolpo per il Governo giallorosso sarebbe davvero duro. E il partito guidato da Salvini è attualmente nell’occhio del ciclone soprattutto per la questione dell’arresto dei tre commercialisti legati al Carroccio. Come spiega il Corriere della Sera la Guardia di Finanza di Milano ha notificato i domiciliari per Alberto di Rubba – direttore amministrativo della Lega al Senato – Andrea Manzoni – revisore contabile per la Lega alla Camera – e Michele Scilleri. La Procura di Milano sta valutando il processo con rito immediato senza udienza preliminare. L’inchiesta nella quale sono coinvolti i tre commercialisti riguarda la vendita di un immobile a Cormano alla Fondazione Lombardia film Commission per una cifra pari a 800mila euro che sarebbero finiti nella tasche dei tre indagati.
Samanta Airoldi
Fonte: Il Giornale, Affaritaliani, Corriere della Sera, Repubblica, Libero
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