L’ex Presidente del Consiglio Enrico Letta si schiera per il “Sì” al Referendum sul taglio dei parlamentari.
Enrico Letta voterà “sì “al Referendum sul taglio dei parlamentari. L’ex Presidente del Consiglio chiarisce la propria posizione nel corso di una intervista rilasciata a Il Fatto Quotidiano, in cui elenca le ragioni che lo portano ad essere favorevole alla riforma in discussione: “Il nostro Paese ha oggi un numero di parlamentari eccessivo rispetto alle funzioni del Parlamento, che le ha perse verso l’alto – a favore del Parlamento europeo – e verso il basso – con i poteri legislativi al fidati alle Regioni. Quando il numero fu fissato non c’erano né l’Europa, né le Regioni“. L’ex Premier, oggi docente alla Grand Ecole SciencesPo di Parigi, sottolinea un aspetto dal suo punto di vista ignorato da gran parte della stampa e degli osservatori: “Il Parlamento, soprattutto nella Prima Repubblica, ma anche nella Seconda, è sempre stato retto e gestito da due terzi dei parlamentari. Gli altri non andavano neanche in Commissione, ma si occupavano dei partiti. Dunque, il taglio dei parlamentari è assolutamente naturale“, spiega ancora Letta. Una posizione che aveva già annunciato nei giorni scorsi – riporta Huffington Post – in occasione della chiusura della sua scuola di politica a Cesenatico.
Secondo l’ex Presidente del Consiglio, poi, la riforma non presenterebbe alcun rischio di compressione della rappresentanza. Questa sarebbe infatti ampiamente garantita dalla presenza delle due Camere, del Parlamento europeo e delle assemblee regionali. “Il vero guaio è la nostra legge elettorale oscena. Il sistema delle liste bloccate – partito con il Porcellum e adesso in vigore con il Rosatellum – è la madre di tutte le nefandezze. Quello riduce la rappresentanza, con ogni leader che si porta dietro la sua corte“. Il “Sì” di Letta è quindi una scelta votata al cambiamento, visto che il taglio dei parlamentari comporterebbe necessariamente delle riforme ad esso collegate.
Eppure nel panorama politico le posizioni sul Referendum sono particolarmente variegate. Se molti noti esponenti del Pd si sono espressi per il “No“, a colpire Letta è quel comportamento, a suo dire particolarmente diffuso, che porta a votare guardando soltanto a chi propone la riforma in questione e alle più immediate conseguenze politiche. Un comportamento sempre respinto dall’ex Premier che sottolinea di aver “votato Sì nel 2016, nel merito. Nonostante sapessi che la vittoria del No avrebbe portato le dimissioni di Renzi: cosa che non poteva dispiacermi“. Il Governo, intanto, si è esposto in favore della riforma, sia con il Pd che con il Movimento 5 Stelle. Letta si dice però convinto che una eventuale vittoria dei “No” non dovrebbe causare conseguenze nell’Esecutivo, neanche in caso di una netta affermazione, in contemporanea, del Centrodestra nelle elezioni regionali: “La mia impressione è che non dovrebbe cambiare niente. Per quel che riguarda le Regioni: non c’è un’alleanza tra M5S e Pd, tranne che in Liguria Quindi il risultato non si può traslare a livello nazionale. Aggiungo che andare alle elezioni ora, mentre devi occuparti del Recovery Fund sarebbe un suicidio“.
L’esplicito riferimento al ritorno alle urne in caso di caduta del Governo è legato alla convinzione di Letta che, con questo Parlamento, non esista un’altra maggioranza possibile. Inoltre, “Questa è la maggioranza che ha elaborato e negoziato il Recovery Fund: bisogna dare atto a chi ha guidato la trattativa di aver riportato l’Italia al centro. E’ giusto che siano loro a gestire questa fase“.
Lorenzo Palmisciano
Fonte: Il Fatto Quotidiano, Huffington Post