Monica Napoleoni, capo della Omicidi di Perugia, fronteggia una condanna a 3 anni e 3 mesi. Indagò sul caso Kercher, incriminando Raffaele Sollecito.
Giunge oggi la notizia della condanna definitiva dell’agente capo Monica Napoleoni, massima autorità della sezione Omidici di Perugia, quella stessa branca della Polizia di Stato che indagò su Raffaele Sollecito, Amanda Knox e Rudy Guede nel lontano 2007, anno del delitto di Meredith Kercher. L’agente Napoleoni, assieme alla collega Lorena Zugarini che ha ricevuto una pena analoga – riporta Umbria 24 – è stata condannata per aver esercitato abusi di ufficio su una psicologa. La poliziotta avrebbe infatti utilizzato le sue credenziali per accedere al database interforze per avviare accertamenti non autorizzati sulla donna, a cui avrebbe anche distrutto l’auto come gesto intimidatorio. L’agente era inizialmente stata accusata di aver anche imbrattato con frasi offensive e minacce nei confronti della terapeuta alcuni muri di Perugia, accusa per cui è stata però assolta in tribunale. L’avvocato che rappresenta i due agenti, Nicola Di Mario, ha già annunciato di voler ricorrere in appello.
A commentare la notizia è stato Raffaele Sollecito, uno dei principali indagati per il brutale omicidio della studentessa Meredith Kercher. Il ragazzo si è sempre professato innocente ma il processo – che lo ha visto come uno dei principali imputati – è durato ben sette anni tra rinvii e colpi di scena. Alla fine, la sua accusa per concorso in omicidio è caduta e l’unico ad essere condannato per il delitto con il rito abbreviato è stato l’ivoriano Rudy Hermann Guede, anche lui professatosi innocente dal primo momento: “Il capo della squadra omicidi che indagò sul delitto di Meredith condannato a tre anni. Meno male che si trattava di persone oneste ed affidabili, come ripetevano in continuazione a me durante il processo…”, commenta il ragazzo che si è spesso lamentato negli anni di come l’esposizione mediatica del caso Kercher gli abbia rovinato la vita per anni. A sua detta, Raffaele Sollecito avrebbe ricevuto a causa dell’operato della polizia e delle istituzioni “pubblicità negativa” che per anni gli ha reso impossibile trovare un posto di lavoro come ingegnere informatico, anche dopo la caduta delle accuse a suo carico – riporta Il Corriere della Sera. I commenti sotto il post del ragazzo gli danno perlopiù ragione: “Ha danneggiato l’auto di una persona, ma di che parliamo? Finalmente pagherà”, scrive qualcuno. Un altro follower scrive a Raffaele: “Dopo le cose che si è permessa di scrivere durante il caso…io penserei bene di chiedere un risarcimento”. In effetti, Amanda Knox, un altro degli indagati principali per il caso Meredith Kercher chiese ed ottenne un risarcimento quando – secondo il tribunale – la sua innocenza venne verificata. Ma Sollecito ha sempre dichiarato di voler solo continuare a vivere normalmente: “Mi sento sempre come se fossi ai domiciliari, come se la mia aura nera mi rendesse impossibile una relazione normale con le persone che incontro”, aveva dichiarato anni fa.
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Il processo per il caso Kercher rimane uno dei capitoli più oscuri della cronaca nera italiana: la lunga durata degli atti processuali, le tante incongruenze nelle deposizioni degli imputati e soprattutto le testimonianze confuse e contorte di chi provò a ricostruire gli ultimi attimi prima che Meredith venisse stuprata ed uccisa rendono questo episodio di cronaca nera una macchia indelebile per il sistema giudiziario italiano.
Manfredi Falcetta
Fonte: Corriere della Sera, Perugia 24, Raffaele Sollecito Facebook