Siglato dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte e dal segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti un patto per blindare il Governo in caso di débâcle alle elezioni Regionali. Ma qualche sorpresa potrebbe esserci.
Rimpasto in vista? Neanche per sogno. Il patto tra il segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti e il presidente del Consiglio Giuseppe Conte è chiaro e non prevede eccezioni. O quasi. I due leader, dice Repubblica, hanno deciso di blindare il governo, siglando un patto a prova di debacle nelle prossime Regionale, almeno così sperano. Dopo le votazioni del prossimo fine settimana, non si tocca niente, una volta che, con ogni probabilità, se uno cade, cadono tutti. Un vero accordo tra gentiluomini mediato da Dario Franceschini, l’uomo cuscinetto che avrebbe reso possibile il patto tra il premier e il presidente della Regione Lazio, elargendo loro saggi consigli di immobilità. Non fare nulla è la parola del giorno. Il capodelegazione del PD suggerisce a tutti di stare fermi, anche a rischio di scontentare una parte importante dei democratici, come la Base riformista, quella corrente che vorrebbe far entrare nel Governo Graziano Delrio, mandando il ministro delle infrastrutture e dei trasporti Paola De Micheli alla vicesegreteria del PD e spostando il vicesegretario Andrea Orlando alla guida del gruppo di Montecitorio. E di non dare ascolto neanche al grillo parlante Goffredo Bettini, rappresentante di quella fetta del Partito che vorrebbe vedere Zingaretti nell’Esecutivo.
Franceschini è diventato l’uomo saggio che la vede lunga sui tenui equilibri del Governo, i quali potrebbero essere stravolti da qualunque movimento, e spazzare via con se anche la Regione Lazio, una delle poche rimaste a guida PD. Non è stato certo un accordo facile, anche perché Zingaretti cambia opinione come chi si cambia i calzini, e il partito è diviso da quelli che gridano al rimpasto anche in vista dei 200 miliardi in arrivo del recovery fund. È il caso di Andrea Orlando che, in una dichiarazione al Tg4 riportata da AGI, è stato cristalino come l’acqua: “Al governo serve un tagliando, nuove competenze nei ministeri per il Recovery Fund”. Conte non ci sta, non ci è mai stato all’idea del rimpasto, anche se strada facendo avrebbe accettato di trovare una soluzione intermedia, di emergenza, tornando poi sui suoi passi. Forse anche grazie al lavoro di ricucitura fatto da Franceschini.
Ed ecco quindi che le idee sono finalmente chiare e all’Esecutivo non ci sarà nessun rimpasto. A meno che. Ebbene sì, perché bisogna pur pensare a un piano B. Il patto Conte-Zingaretti resterebbe valido in caso di sconfitta nelle Marche, e anche in Puglia. Ma se la leghista Susanna Ceccardi vincesse in Toscana, allora reggerebbe con difficoltà, e potrebbe aprire scenari non attesi. Per esempio, le dimissioni di Zingaretti da segretario del PD. Il che, comunque, non inciderebbe sulla tenuta dell’Esecutivo, almeno fino all’anno prossimo. Conte è deciso a portarsi a casa la manovra economica e non vuole mollare il recovery fund, attorno al quale ruota tutto il pensiero del primo ministro, e attorno al quale ruoterà anche lo slogan del 22 settembre. “Se perderemo la sfida del Recovery – ha detto Conte – avrete il diritto di mandarci a casa”. Cadesse il mondo con il risultato delle Regionali, prima di un anno il Governo non ha intenzione di andarsene. Poi, certo, si potrebbe anche verificare la grande vittoria del PD, e spazzare via tutte le paure della maggioranza. In quel caso, Zingaretti potrebbe festeggiare con un folgorante debutto a capo del Viminale.
Il PD è preoccupato per la Toscana dove il candidato Eugenio Giani dovrà battersi alle urne con Susanna Ceccardi, la candidata della Lega di Salvini. Ed è nella regione “rossa” che i dem concentreranno tutti gli sforzi nell’ultima settimana di una campagna elettorale dove, come riconosce Zingaretti, tutte le partite sono aperte.
E per scongiurare una pesante sconfitta alle Regionali, soprattutto in Toscana dove si gioca la carta decisiva, Zingaretti si sta dando da fare: a Unomattina su Rai1 il segretario ha fatto l’ennesimo appello al voto disgiunto, ha invitato gli elettorari a “unirsi” contro le destre, e a non sprecare i voti. “Abbiamo detto agli alleati di governare insieme i territori, ma non hanno voluto” è il lamento di Zingaretti, riportato da Repubblica. E ha lanciato l’appello all’unione degli elettori “Non dividiamoci, non buttiamo i voti”.
Fonte: Repubblica, AGI