Prosegue l’inchiesta che ha portato all’arresto di tre commercialisti vicini alla Lega. I pm che seguono le tracce di bonifici ritenuti sospetti.
Si profila l’ipotesi di un processo immediato: saltare l’udienza preliminare e andare dritti in Tribunale con i tre commercialisti della Lega di Matteo salvini – riporta il Corriere della Sera. Svuotare completamente i conti correnti bancari della Lega e far confluire tutto il patrimonio del partito su un trust, così da mettersi a riparo da eventuali azioni giudiziarie, richieste dei creditori. E soprattutto dalle indagini dei pm, che stanno indagando sui 49 milioni di euro spariti in una truffa allo Stato architettata dal vecchio tesoriere Francesco Belsito. E’ questa la strategia che avrebbe intrapreso la Lega a partire dal 2013. E questo è uno dei filoni di indagine seguito dal procuratore aggiunto Francesco Pinto e dal pm Paola Calleri. Come spiega La Repubblica, i due stanno cercando di capire se parte di quei 49 milioni sia effettivamente confluita in quel trust, con particolare attenzione dedicata in questi giorni ad un bonifico di quasi 19 milioni di euro. Una cifra importante, 18 milioni e 744 mila euro, partita il 5 luglio 2018 dallo studio del notaio Angelo Busani e inviata ad un altro notaio milanese: Mario Grandi. Il suo studio – anche questo ha attirato l’attenzione degli inquirenti – si è occupato dei due rogiti di compravendita tra Immobiliare Andromeda, Paloschi Srl e Film Commission. Il giorno stesso, quel 5 luglio, Mario Grandi invia un bonifico di pari cifra alla Bailican Ltd, società di Cipro con conti a Basilea, e Merchant Trust riconducibile ad una società avente sede nelle isole Cayman. Il socio di maggioranza della Bailican è Serhiy Tihipko, ex primo ministro ucraino e delle Finanze.
Riavvolgendo il nastro e tornando al 2013, emerge un’intercettazione che coinvolge proprio Busani, al telefono con l’avvocato Domenico Aiello – avvocato difensore di Roberto Maroni, che all’epoca e fino alla fine del 2013 è il segretario nazionale della Lega. “Tu hai paura di azioni esecutive?“, chiede Busani. “Una l’abbiamo appena subita per circa 3 milioni. Era un ricorso per decreto ingiuntivo.. prestazioni professionali erano.. Era, tra l’altro, un dirigente della Lega..“. Il dirigente in questione, secondo la Guardia di Finanza, è Matteo Brigandì, avvocato ed amico di Umberto Bossi. Poi Aiello esita di fronte alla proposta di Busani: “No, prima devo capire la bontà dell’ingegneria..“. E Busani sbotta e taglia corto: “Domenico, la bontà dell’ingegneria è che i soldi non sono più sul conto della Lega e vaffaunbagno, se fanno l’esecuzione non li trovano!“.
Movimenti e intercettazioni che convincono i magistrati che indagano sul caso a passare al setaccio gli spostamenti di denaro che coinvolgono – oltre a questi professionisti – la Lega e la Regione Lombardia, che dal partito è amministrata. Così si arriva al bonifico emesso nel 2015 dalla Regione in favore di Lombardia Film Commission (LFC), al cui vertice c’è un altro uomo in quota Lega: Alberto Di Rubba, uno dei commercialisti del partito. Un’operazione che desta stupore anche tra i funzionari dell’amministrazione regionale. Graziella Gattulli, dirigente dell’Assessorato alla Cultura, giudica eccessiva l’operazione. Anche perchè, come confermerà l’ex dg dell’assessorato regionale alla Cultura Sabrina Sammuri, all’interno di LFC non è chiaro a nessuno quale destinazione vada data a quei fondi arrivati improvvisamente dall’alto: “Il contributo non era stato dato per acquistare alcunché. Era un contributo straordinario per rafforzare il patrimonio“. Alla guida dell’assessorato – e a portare la proposta di delibera in giunta – è Cristina Cappellini, nominata da Maroni nonostante la scarsissima esperienza politica fino a quel punto maturata. E’ lei stessa a definire la nomina ad assessore come “un’opportunità calata dall’alto“. D’altra parte, tutta la sua esperienza precedente si limitava all’aver collaborato alla campagna elettorale dello stesso Maroni. E ora è proprio Cappellini a dare un contributo fondamentale nella ricostruzione degli eventi che hanno portato a nominare il commercialista Di Rubba alla guida della commissione cinematografica istituita dalla regione: “Il suo nome me lo fa Giulio Centemero, in pratica Di Rubba veniva dall’entourage di Salvini. E gli incarichi che riceveva ne erano la dimostrazione“. Anche Erminia Ferrari, che all’epoca sedeva nel Cda di LFC, ricorda il “malcontento generale” suscitato dalla nomina: “Di Rubba non si è mai fatto vedere a festival o inaugurazioni. Era un commercialista totalmente ignaro del settore audiovisivo“, spiega.
Secondo quanto scoperto fin qui dai pm, a richiedere i fondi fu lo stesso Di Rubba, che ne guidò direttamente la gestione. E’ ancora Ferrari a ricordare: “Sono rimasti bloccati per un lungo periodo. Di Rubba continuava a dir che non potevano essere usati, ma poi da un giorno all’altro ha comunicato di volerli usare per acquistare un cineporto. Io ho sollevato diverse obiezioni. Acquistare un cineporto per non farci niente? LFC non faceva nulla, se non espletare le minime funzionalità della sua missione. Quando ho saputo che era a Cormano, mi sono nuovamente opposta: lontano dalla città, in una zona trafficata e non servita, poco attraente per le produzioni. E in più da ristrutturare“. Al termine del mandato, poi, Di Rubba avrebbe anche tentato di garantirsi una sorta di “buonuscita” dorata, assegnando a se stesso consulenze per un valore complessivo di circa 70 mila euro l’anno. Paola Dubini, docente all’Università Bocconi e membro del Cda di LFC, lo ritenne un compenso sproporzionato, soprattutto in considerazione del fatto che una spesa di quel tipo avrebbe pregiudicato per LFC la possibilità di finanziare qualsiasi altra attività. Alla fine, non se ne fece nulla.
Ma a fare il paio con la nomina di Di Rubba c’è anche quella di un altro commercialista: Michele Scillieri, cui fu chiesto di occuparsi della contabilità di LFC. A differenza degli altri arrestati, Di Rubba e Manzoni, oggi Scilieri non si presenterà davanti al gip per l’interrogatorio di garanzia. Sul suo conto, riporta Il Fatto Quotidiano, pesano le dichiarazioni del prestanome Luca Sostegni, secondo cui: “Scillieri si vantava delle amicizie che aveva con Di Rubba e altri esponenti locali della Lega, tanto da avere ricevuto un incarico per cercare di vendere la sede della Lega di via Bellerio. C’era fretta di concludere l’operazione, perché era di proprietà della Lega Nord, e si rischiava il sequestro dai pm di Genova, per le indagini sui rimborsi elettorali“.
Fonte: Repubblica, Il Fatto Quotidiano, Corriere della Sera