Il leader delle Sardine Mattia Santori spiega la scelta del movimento di votare “No” al referendum, scelta condivisa da anche da parte del Centrodestra.
“Mi trovo un po’ in imbarazzo ad essere d’accordo con Sallusti e in disaccordo con Bersani“, dice il leader delle Sardine Mattia Santori. Ma il “no” al referendum del movimento nato lo scorso inverno in Emilia Romagna “fa parte di un’analisi che abbiamo fatto. Durante il lockdown abbiamo studiato tanto, avevamo un bel gruppo di lavoro che ha fatto un’ottima sintesi tra le posizioni in campo“. Santori, ospite della trasmissione Di Martedì in onda su La7 insieme, tra gli altri, al direttore de Il Giornale Alessandro Sallusti e al Presidente di Articolo Uno Pier Luigi Bersani, spiega la posizione delle Sardine sull’imminente referendum costituzionale. Una scelta che porta il numero uno del movimento a schierarsi, insolitamente, sullo stesso fronte di Sallusti. “Questo per noi è stato un modo per dimostrare che non abbiamo posizioni a prescindere, non abbiamo legami politici che non ci permettono di dire un nostro pensiero“, spiega ancora Santori. Le Sardine, secondo il fondatore, hanno analizzato bene le carte e valutato attentamente la riforma, prima di arrivare a scegliere di percorrere la strada del “no“: “I proponenti della riforma devono sostenerne le argomentazioni, e devo dire che più sento parlare Di Maio, più mi convinco che sia giusto votare no“.
Santori si dice preoccupato prima di tutto per la scarsa affluenza prevista: molti sondaggi stimano una partecipazione complessiva tra il 30 e il 40% degli aventi diritto. Pochi, se si pensa che in discussione c’è una riforma della Costituzione. Ma a spingere le Sardine verso il “no” è il concetto proposto per sostenere questa riforma, ossia il taglio dei costi della politica: “La politica è un costo? Ne siamo davvero convinti?“- si domanda Santori, sostenitore tra le altre cose del ritorno al finanziamento pubblico ai partiti. “Allora lo sono anche la sanità, l’istruzione“. L’appello delle Sardine, dunque, si rivolge a quella parte di elettorato che non si trova in linea con le indicazioni ricevute dai partiti di riferimento. In particolare per quel che riguarda i sostenitori del Pd: “La base e gli elettori di centrosinistra vedono questo taglio come il culmine della propaganda populista di Di Maio“- dice Santori ad Huffington Post. Votare sì, per i democratici, rappresenterebbe quindi una scelta di “coerenza rispetto all’ultimo voto parlamentare” ma anche un chiaro “errore politico“.
Fonte: La7, Huffington Post