Lo smart working entra a tutti gli effetti anche nella Pubblica Amministrazione. A fronte di grossi risparmi ne deriveranno, tuttavia, anche ingenti perdite.
Lo smart working, introdotto per necessità durante i mesi di lockdown, diventa ora un elemento strutturale nell’organizzazione della Pubblica Amministrazione. Infatti – spiega Il Fatto Quotidiano – il Decreto rilancio elimina la percentuale minima per il telelavoro e stabilisce che ogni anno, entro il 31 gennaio, le amministrazioni redigano “Piano organizzativo del lavoro agile” – Pola. All’interno del piano dovranno essere indicate le attività che possono essere svolte in modalità “agile”, le misure organizzative, i requisiti tecnologici, i percorsi formativi del personale e gli strumenti di rilevazione e verifica dei risultati. In caso di mancata adozione del Pola, lo smart working potrà comunque essere applicato – a richiesta – al 30% dei dipendenti. Secondo quanto stimato da una ricerca del Forum Pubblica Amministrazione – riporta Adnkronos – lavorare da casa comporta una significativa riduzione delle spese per il lavoratore; un risparmio di tempo; un minore impatto ambientale. Lo studio ha calcolato che, in media, durante i mesi di lockdown si sono risparmiate 135 ore per gli spostamenti tra casa e ufficio, 400milioni di euro in benzina e 127mila tonnellate di CO2 in meno immesse nell’atmosfera. A queste cifre bisogna aggiungere la riduzione del 30% per mensa, consumi energetici e pulizia degli uffici a carico della Pubblica Amministrazione stessa. “Indietro non si torna, lo smart working sarà una grande rivoluzione e l’Italia ha fatto un grande salto in avanti” – ha assicurato il Ministro per la Pubblica Amministrazione, Fabiana Dadone. E, infatti, per il settore degli Statali, lo smart working è stato prorogato fino al 31 dicembre. mentre il Governo ha deciso di offrire questa possibilità che ai genitori che dovranno assistere figli – under 14 – risultati positivi al Covid. Mentre se ad essere positivo sarà il lavoratore stesso, anche se asintomatico e in ottime condizioni, lavorare da casa sarà vietato.
A fronte di grandi risparmi, tuttavia, il lavoro da casa ha prodotto – e continuerà a produrre se protratto – anche notevoli perdite. A pagerne le spese saranno soprattutto i ristoratori e i gestori di bar e tavole calde che perderanno tutti gli introiti derivanti dalle pause pranzo, dalle colazioni pre -ufficio, dalle pause caffé di metà mattina e metà pomeriggio. A luglio- riportava il Corriere della Sera – quantificava una perdita mensile di circa 250 milioni di euro per i ristoranti. Perdite che si aggiungono a quelle legate alla mancanza di turisti. Questo significa che se lo smart working proseguirà ancora per mesi, molti bar, trattorie e attività ristorative potrebbero vedersi costrette a chiudere definitivamente. Ma anche le palestre potrebbero vedersi ridurre il numero di iscritti, specialmente di tutti quei lavoratori che vi si recavano durante la pausa pranzo. Senza contare che anche per il lavoratore stesso, il lavoro agile potrebbe rivelarsi controproducente perché non avendo un “cartellino” da timbrare potrebbe rischiare di trovarsi immerso nel lavoro più ore di quelle stabilite da contratto. Inoltre uno studio svolto in Francia alla fine del lockdown – riportava Il Mattino – aveva evidenziato come lavorare da casa e restare sempre chiusi tra le mura domestiche avesse incentivato l’insorgere di disturbi psicologici come ansia e depressione, soprattutto tra le donne. Per questa ragione – riporta ancora Adnkronos – dovranno essere stabiliti i tempi e le modalità delle prestazioni lavorative rese in modalità agile e dunque al di fuori dei locali aziendali. Inoltre, dovranno essere regolamentati i tempi di riposo stabilendo gli orari in cui il dipendente potrà allontanersi dal computer e non rispondere alle chiamate aziendali senza il dovere di essere costantemente reperibile. I sindacati delle imprese e dei lavoratori stanno già mettendo a punto le linee guida per stabilire i contenuti di questi nuovi accordi.
Samanta Airoldi
Fonte: Adnkronos, Il Fatto Quotidiano, Corriere della Sera, Il Mattino
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