Il leader del Partito Popolare Austriaco e attuale Cancelliere Sebastian Kurz, in un’intervista a Repubblica, ricorda che ci sono chiare indicazioni su come spendere i soldi europei. Indicazioni che saranno sorvegliate dalla Commissione Europea.
Mentre in Italia si iniziano a intravedere le battaglie, ancora relativamente velate, sull’uso del recovery fund, dall’Austria ci arrivano suggerimenti precisi sul sentiero da percorrere, seguiti da un monito: la Commissione Europea ci monitora. Se e in quale misura i soldi europei verranno usati per le opere di infrastruttura, come la costruzione del tunnel sotto stretto di Messina, o per la modernizzazione della scuola, come vuole il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina, ancora non ci è dato sapere. Ma Sebastian Kurz, leader del Partito Popolare Austriaco e attuale Cancelliere federale dell’Austria, in un’intervista a Repubblica ricorda che ci sono “delle chiare indicazioni su come spenderli”. Indicazioni che saranno sorvegliate dalla Commissione Europea. Per il giovanissimo politico conservatore – classe 1986, il leader più giovane del continente – sarà decisivo usare i fondi per investire nel futuro, con la creazione di valore. Innovazione, digitalizzazione, ambiente sono alcuni dei settori chiave. Questo è quanto si aspetta da Roma il cancelliere, che con una frase sintetizza anche la grossa piaga italiana della burocrazia, e mette il dito sulla ferita della competitività. “Ciò che trovo positivo nella discussione italiana è che si parli di una sburocratizzazione. Dobbiamo lavorare tutti a diventare più competitivi”, afferma. E conclude con un laconico promemoria: “Il Recovery Fund ci sarà una volta sola, tutti i Paesi lo sanno”.
Già, perché al contrario di chi vede in questo innovatore meccanismo di finanziamento l’avvio di una unione dei debiti a lungo termine, Kurz difende con tutte le forze il carattere assolutamente transitorio dello strumento, una misura d’emergenza, irripetibile, conto la pandemia. “Non lo consentiremo mai”, tuona contro l’unione dei debiti uno dei frontmen dei cosiddetti Paesi frugali della Unione Europea. Paesi che si sono messi di traverso nella lotta per l’approvazione delle misure storiche prese in seno all’Unione durante la fase più acuta della crisi sanitaria. Per Kurz, spingere il progetto europeo verso un debito condiviso non solo “inibirebbe la spinta per le riforme strutturali”, ma anche causerebbe una riduzione della responsabilità di ciascuno Stato membro.
Responsabilità che, per quanto riguarda invece il bollente problema dei flussi migratori, il leader austriaco sembra non voler prendere a livello nazionale. Ragione per cui non ci sta ad una riforma della Carta di Dublino che modifichi gli attuali parametri per i ricollocamenti dei migranti – come invece chiede l’Italia. “Se serve a ricollocare i migranti verso la Germania, la Svezia o l’Austria, saranno sempre di più a mettersi in cammino. È ciò che vogliamo impedire”, sostiene il cancelliere, per il quale la vera soluzione è quella di chiudere i confini esterni dell’Europa ai migranti. E se la prende con la Turchia, “uno dei problemi” attuali. Perché lo Stato guidato da Recep Tayyip Erdoğan, spiega, “spinge i migranti ad andare verso la Grecia sfondando la frontiera. Noi sosteniamo le autorità greche con poliziotti e penso sia decisivo chiudere i confini esterni. In Italia arrivano molti migranti economici, ad esempio dalla Tunisia: anche questo non va accettato, da parte dell’Ue”.
Sebastian Kurz ha sempre difeso la posizione della chiusura totale delle frontiere europee ai migranti. E afferma che nel 2015 veniva “bollato da molti come di destra o destra estrema”, mentre oggi la maggior parte dei capi di Stato e di governo dell’Ue “la pensa così”. Non sembra il caso di Ursula Gertrud von der Leyen, Presidente della Commissione Europea, che vorrebbe presentare il suo “pacchetto immigrazione” alla fine di settembre per ottenere una riforma del regolamento di Dublino. Ma viste le mani messe subito avanti dal presidente del Consiglio Europeo Charles Michel, verrebbe da pensare che Kurz abbia ragione.
Intanto in Italia, approfittando di un periodo che sembra segnare una temporanea pausa negli sbarchi, il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, intervenendo al Forum Ambrosetti a Cernobbio, ha spiegato che “negli ultimi due mesi tutti i migranti sono arrivati con sbarchi autonomi, l’unico arrivo con una nave ong è avvenuto la scorsa settimana ed ha riguardato 350 persone”. A riferirlo ilMessaggero. Il ministro, che insiste sulla necessità di lavorare con i Paesi di provenienza come la Tunisia – dove è stata due volte a luglio ed agosto – si difende dalle accuse di non aver “bloccato gli sbarchi autonomi”. “Non possiamo bloccare i barchini affondandoli”, afferma. Invece a quanto sembra non mancherebbero, a casa nostra come in Europa, persone pronte a farlo.
Fonte: Repubblica, Messaggero
Thais Palermo
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