Secondo la Legge i soggetti positivi al Covid ma asintomatici avranno l’obbligo di quarantena ma non potranno lavorare in modalità smart working.
Se per difendersi dal Covid uno dei metodi più efficaci risulta il distanziamento sociale, appare come un enorme paradosso impedire di lavorare tramite smart working a chi risulta positivo al Coronavirus. Eppure è quanto impongono i decreti Cura e Rilancio, recentemente convertiti in legge – riferisce Sky TG24. Anche l’Inps con un messaggio risalente al 24 giugno – il 2584 per la precisione – conferma che per chiunque si ritrovi sottoposto all’isolamento domiciliare in quanto positivo a test del tampone, anche senza mostrare i sintomi, non esiste la possibilità di portare avanti il proprio lavoro via web, senza entrare in contatto con nessun’altra persona. A far notare questa peculiarità dei decreti legge che ha dell’incredibile è stato Cesare Pozzoli, partner dello studio legale milanese Chiello-Pozzoli che afferma: “Diverse aziende che si sono rivolte al nostro studio legale chiedevano una consulenza in merito: stando alla legge no, non è possibile far lavorare un dipendente che si trova in quarantena per Coronavirus nemmeno tramite smart working”.
E c’è di più perchè nei decreti Cura e Rilancio c’è una postilla aggiuntiva, come spiega il legale: “Ritornare da un viaggio all’estero o in Sardegna dove sono stati segnalati focolai di Coronavirus importanti comporta una quarantena obbligatoria di quattordici giorni, equiparata allo stato di malattia. Se un dipendente torna dalle vacanze, non può lavorare da casa per due settimane”, le parole dell’avvocato – secondo Il Corriere della Sera. In un momento molto delicato per l’economia, privare anche se solo per poche settimane un’azienda di dipendenti che potrebbero svolgere le loro attività da casa senza correre il rischio di contagiare terzi appare decisamente fuori luogo.
Ma concretamente, quanti dipendenti verranno interessati da questa postilla legale che potrebbe causare altre proteste riguardo le modalità con cui si svolge lo smart working? Negli ultimi 30 giorni – riferisce l’Istituto superiore della Sanità – sono stati individuati 21.724 nuovi casi di Covid: tra queste persone, 16.300 risultano in età lavorativa. Riguardo questa cifra, i dati dicono che il 65% di loro non presentava sintomi della malattia portando il numero di persone interessate dai decreti a circa 10.000, un numero non proprio irrisorio. Se i tamponi dovessero aumentare passando da 100.000 a 300.000 al giorno, non si può escludere la possibilità che la cifra lieviti ancora. Oltre ai danni per l’azienda che deve fare a meno di un dipendente – che potrebbe essere fondamentale a seconda del suo ruolo lavorativo – questo problema potrebbe pesare sulle casse dell’Inps che ha faticato non poco a retribuire tutti i lavoratori tenuti bloccati dal lockdown. Una soluzione è stata suggerita proprio dall’avocato Pozzoli: “Per uscire da questa impasse legale si potrebbe consentire alle aziende di accordarsi con il lavoratore ‘sospeso’: previa il suo consenso, si può giungere ad un accordo con cui la persona in quarantena continua a lavorare da remoto”, dice il legale. Tra i tanti punti che il governo discuterà con i sindacati che sono stati recentemente convocati, potrebbe esserci anche questo.
Fonte: SkyTG24, Corriere della Sera