A un anno dall’entrata in servizio dei “navigator” voluti da Luigi Di Maio, il sistema di ricollocazione attivato dal Ministero dello Sviluppo economico si è rivelato un fallimento. Dei 3 milioni di beneficiari del reddito di cittadinanza, solo 100 mila hanno un contratto attivo
Era il settembre del 2019 quando i cosiddetti “navigator” sono entrati in servizio. Le nuove figure professionale, fortemente volute dall’allora ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio, avevano il compito di traghettare coloro che avevano ottenuto il reddito di cittadinanza verso un nuovo lavoro. Aiutare quindi centinaia di migliaia di disoccupati a trovare una occupazione, a uscire dalla posizione “assistiti” per ritornare a quella di lavoratori. Eppure, a un anno dall’avvio di questo esperimento che avrebbe dovuto scuotere e rinnovare il mercato di lavoro italiano, il tentativo si è rivelato un fallimenti.
Un’illusione durata dodici mesi: tanti sono stati dedicati a formare e inserire nei centri per l’impiego delle varie regioni le 2846 persone assunte in tutte Italia con questo compito, riferisce La Stampa. E quando il sistema iniziava a produrre qualche risultato, è arrivato il Covid, che ha rallentato una missione quasi impossibile, quella di far tornare al mercato del lavoro i beneficiari del Reddito di cittadinanza. La difficoltà maggiore è data dalla scarsità di richieste gestite dai Centri per l’impiego, nonché dalla difficoltà di far combaciare la domanda di occupazione, che per lo più riguarda le figure professionali specializzate, con una offerta caratterizzata nella stragrande maggioranza da profili bassi, che necessitano di lunghi periodi di formazione per poter sperare di accedere al mercato del lavoro.
I dati di questo insuccesso non mentono: dei 2,8 milioni di persone che hanno ottenuto il Reddito di cittadinanza, per un importo medio mensile di 561 euro – dati dell’ultimo report Inps aggiornato a luglio – gli occupabili sarebbero circa 1,5 milione, secondo la stima dell’Istituto di Previdenza. Ma solo la metà di questo universo di assistiti sarebbe stata contattata. E ad oggi, soltanto 800 mila hanno sottoscritto il “patto per il lavoro”, l’accordo per attivare la fase due del beneficio assistenziale. Il patto prevede che navigator e dipendenti dei Centri per l’impiego formulino fino a un massimo di tre proposte di lavoro “congrue” per ciascun candidato che, se rifiutate, fanno decadere il diritto all’assegno statale. Per l’Anpal Servizi, la società che opera sotto il controllo dell’Agenzia nazionale delle politiche attive del lavoro e che ha formalmente assunto i navigator, è un “numero importante”. Soprattutto considerando i mesi di lockdown in cui è stato impossibile lavorare in presenza, e durante i quali, informa la società, i colloqui sono proseguiti solo telefonicamente. Ma a conti fatti, di questi 800 mila cittadini che hanno chiesto di essere ricollocati nel mercato di lavoro, meno di 200 mila hanno firmato un contratto. Ma a luglio, i contratti attivi superavano di poco i 100 mila. Numero irrisorio rispetto ai 3 milioni di beneficiari dell’assegno statale, e molto lontano dalle ambizioni iniziali di Di Maio.
Ora alla lunga fila di disoccupati – beneficiari o meno del reddito di cittadinanza – potrebbero sommarsi gli stessi navigator, quelli che la disoccupazione la dovevano aiutare a ridurre. Infatti, i contratti di questi operatori, circa 3 mila persone in tutto il paese, scadranno ad aprile e, a meno di sorprese – riferisce il Giornale – non saranno rinnovati. Un’ultima speranza per i navigator potrebbero essere i concorsi che verranno banditi dalle Regioni per il potenziamento dei Centri per l’impiego, e che prevedono l’assunzione di 11.600 persone. Ma per la ricollocazione dei quasi 800 mila beneficiari del reddito di cittadinanza, ancora niente da fare.
Fonte: La Stampa, il Giornale