Le modifiche apportate alla proroga del blocco dei licenziamenti non soddisfa tutti. Alcune sigle sindacali giudicano pessimo l’operato del Governo
Tra i problemi più pressanti che il Governo deve affrontare in questo periodo c’è senz’altro il rischio dell’aumento della disoccupazione. Per ovviare, almeno in parte, a questa grave conseguenza della crisi innescata dal Coronavirus, la misura del blocco dei licenziamenti, scaduta il 17 agosto, è stata infatti prorogata dal Premier Giuseppe Conte. Tuttavia la proroga prevede alcune alcune eccezioni, dando vita a quello che è stato definito un blocco “mobile” che consente i licenziamenti in tre casi – ricorda Il Sole 24 ore: quando l’attività dell’azienda cessa completamente o parzialmente, quando c’è una risoluzione del contratto concordata con il lavoratore – in caso quindi di accordo collettivo per l’incentivo all’esodo – ed infine in caso di fallimento dell’azienda qualora non sia possibile l’esercizio provvisorio. Queste modifiche apportate al blocco dei licenziamenti non convincono però alcuni sindacati, primo tra tutti Unimpresa.
A criticare l’operato del primo ministro è stato Giovanni Assisi, consigliere nazionale di Unimpresa: “Il governo non può sperare di proteggere i posti di lavoro a spese degli imprenditori: sarebbe stata una soluzione più intelligente e funzionale introdurre aiuti strutturali che stimolino l’economia del Paese”- le sue parole riportate su AGI. A suo dire bloccare i licenziamenti ha soltanto gravato sulle casse delle aziende ed il governo avrebbe piuttosto dovuto investire sulle stesse per garantirne l’operato: “Il governo ha creato un disastro adottando un provvedimento al limite dell’incostituzionalità, salvo poi fare un passo indietro. Tuttavia, la misura più assurda è quella pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale negli ultimi giorni, il blocco mobile dei licenziamenti”- prosegue Assisi. Il consigliere nazionale di Unimpresa ha diffuso alcuni dati riguardanti le previsioni sul periodo immediatamente successivo alla cessazione completa del blocco: tra il 5% ed il 7% dei lavoratori che sono stati protetti dal blocco dei licenziamenti, perderanno comunque il lavoro allo scadere del termine del provvedimento.
Insomma, almeno secondo Unimpresa, per tutelare i lavoratori Conte avrebbe dovuto adottare misure differenti: “Il punto più incredibile del provvedimento è quella che impone anche alle aziende che non hanno accesso alla cassa integrazione e che non hanno usufruito degli ammortizatori sociali di bloccare i licenziamenti fino a fine anno. Una vera e propria violenza. Speriamo che i legislatori chiariscano rapidamente questo punto”, conclude il consigliere. Un’altra critica – riporta Il Corriere della Sera – arriva da alcuni commentatori del provvedimento che hanno individuato altri tre casi in cui il datore di lavoro potrebbe terminare legalmente il rapporto di lavoro con un dipendente: infatti, il licenziamento può arrivare anche dopo diciotto mesi di cassa integrazione, dopo quattro mesi di esonero contributivo e anche come conseguenza di un cambio di organico che porta quindi ad una chiusura dell’attività aziendale. Il momento peggiore per i lavoratori italiani – ricorda l’Istat – deve ancora arrivare, purtroppo: gli effetti peggiori della crisi economica causata dai mesi di lockdown necessari contro la diffusione del virus si faranno sentire anche l’anno prossimo ed il governo avrà il suo bel da fare nell’arginarli.
Fonte: AGI, Il Sole 24 Ore