Autostrade, i Benetton stanno mettendo spalle al muro il Governo

L’apertura ad un’asta internazionale da parte di Benetton per le proprie quote agita Cassa Depositi e Prestiti. Intanto iniziano i primi ricorsi. Il Governo rischia una magra figura: il passaggio delle azioni in Autostrade allo Stato potrebbe essere diverso da come annunciato trionfalmente.

Convocata per stamane una riunione a Palazzo Chigi tra il Premier Giuseppe Conte, il Ministro delle Infrastrutture Paola De Micheli e il Ministro delle Finanze Roberto Gualteri: sul tavolo il dossier di Autostrade e, soprattutto, la mossa della famiglia Benetton che tanto ha agitato la notte dell’Esecutivo. Il gruppo Atlantia ha atteso l’inaugurazione del nuovo Ponte San Giorgio – nato dalle ceneri del Ponte Morandi – per lanciare un siluro in direzione del Tesoro. Nella giornata di ieri, come spiega QuiFinanza, il Cda dell’azienda – di cui Benetton detiene l’88% – in un lungo comunicato ha spiegato che si sono ravvisate concrete difficoltà nel condurre la trattativa che dovrebbe portare Cassa Depositi e Prestiti all’acquisizione delle quote. Secondo il gruppo Atlantia, Cdp avrebbe avanzato proposte non contenute nella lettera arrivata dall’Esecutivo del 14 luglio. Al centro della questione la valorizzazione di Aspi – è previsto infatti un aumento di capitale per l’ingresso della società a maggioranza dello Stato – che ha permesso a Benetton di alzare la posta.

Nel comunicato si legge: “Il Cda ha ritenuto di dover individuare anche soluzioni alternative come la possibilità di procedere alla vendita tramite un processo internazionale al quale potrà partecipare Cdp congiuntamente ad altri investitori istituzionali”. Cioè apre anche ad un’altra possibilità, ovvero la scissione delle quote detenute da Atlantia con la creazione di una società da quotare in borsa, venendo a creare una public company da contendere. C’è tempo fino al 3 settembre per portare a termine l’accordo e la sensazione è che Benetton non abbia voglia di cedere al prezzo concordato dallo Stato. La minaccia è reale e l’aggiunta di: “Vendita a prezzo di mercato”, con cui si conclude la nota dell’azienda preoccupa il Tesoro. L’uscita dalla società da parte di Atlantia dovrà avvenire entro 18 mesi. Come spiega Repubblica, Benetton resta sulla sua scelta – confermata settimane fa – di vendere, evitando, tra l’altro al Premier Conte, un ulteriore scontro nella Maggioranza tra il Movimento 5 Stelle e il Partito Democratico sulle ipotetiche revoche.

Ci sono alcuni fattori da considerare. In primo luogo – pur detenendo la maggioranza – ci sono altri investitori privati e anche fondi istituzionali all’interno di Aspi, come il britannico Tci, che ha parlato di: “Esproprio di fatto”, commentando la decisione del Governo ed ha integrato il primo ricorco alla Commissione sulla Concorrenza Ue. Per Cdp resta il problema della manutenzione – mancata – e da sanare per Atlantia nei prossimi 4 anni. Nella giornata di oggi l’ad di Atlantia Carlo Bertazzo incontrerà l’ad di Cdp Fabrizio Palermo a cui avanzerà di nuovo l’impossibilità di svendere le azioni e la necessità di proteggere tutti gli azionisti del gruppo. Sul tavolo anche un ruolo diverso per Cdp e gli altri investitori istituzionali di suo gradimento – F2i e alcune fondazioni bancarie – frutto degli accordi di metà luglio. Si attendono ad ogni modo risposte adeguate da parte dell’Esecutivo: l’asta competitiva internazionale di cui parla Atlantia – aperta a tutti – potrebbe essere vinta da chiunque e lo Stato potrebbe trovarsi al fianco nel Cda del gruppo con investitori non graditi. Intanto proseguirà al Tesoro la trattativa sulla nuova concessione che dovrebbe permettere di calmierare l’1,75% annuo massimo gli aumenti tariffari, ma soprattutto l’indennizzo da 3,4 miliardi per il Ponte Morandi.

E non un affare da poco, anzi. Come scrive stamane Franco Bechis nel suo editoriale su Il Tempo, il Governo rischia una doppia magra figura. In primo luogo sui pedaggi: dal 1° gennaio le commissioni torneranno a salire, dopo il congelamento di due anni. Soldi che – dal momento sarà ancora Atlantia al netto della trattativa a detenere la maggioranza – andranno nelle casse di Benetton fino almeno fino al semestre 2022. Ma c’è un altro problema che il Mit sta cercando di risolvere: si tratta del risarcimento della tragedia del Ponte Morandi. Tutta la cifra arriva dal fondo Aspi – compresi i 700 milioni già stanziati per la ricostruzione del nuovo viadotto – ma il rischio è che Cdp, acquistando le azioni, venga in possesso anche del debito, dal momento che Autostrade ha quasi 8 miliardi di debiti non ancora saldati. La preoccupazione di Palazzo Chigi è che Benetton e il gruppo abbiano scommesso sulla caduta del Governo in autunno. Un modo – come spiega Benetton – per allungare i tempi della trattativa e, al tempo stesso, destabilizzare la Maggioranza premendo proprio sul M5S che spinge per la revoca. Una mossa azzardata certo, ma non improponibile dal momento che Luciano Benetton ha promesso all’Esecutivo di fargliela pagare, più per gli attacchi personali, che economici.

Fonte: QuiFinanza, Repubblica, La Stampa, Il Tempo

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