Luca Zaia ottiene il 40% nei sondaggi, da solo. E ora non ha più bisogno di Salvini

Da “Lega Nord” a “Lega per Salvini Premier”: il passaggio nominativo del partito di Matteo Salvini non è solo una formalità, quanto una questione di senso. Di fatto, il partito di Umberto Bossi resta svuotato della sua essenza, mentre le mosse di Luca Zaia e di Giorgia Meloni mettono a rischio la sopravvivenza politica del leader leghista.

“Lega per Salvini Premier”: è questo il nuovo nome del partito ufficiale della Lega. Da oggi, infatti, non esiste più il vecchio Carroccio di Umberto Bossi – la Lega Nordconfluita nel nuovo partito del Carroccio che prenderà definitivamente il posto del vecchio. La mossa di Matteo Salvini sarebbe stata dettata da due fattori. Il primo: avere a disposizione una forza politica di carattere nazionale e non più regionale, puntando quindi ai voti del Sud. Il secondo: lasciarsi alle spalle la brutta storia dei 49 milioni. In questo modo, il vecchio partito resterebbe soltanto una sorta di scatola vuota ma con i debiti da restituire allo Stato per la vicenda dei rimborsi elettorali. Tuttavia, questa svolta avrebbe avuto ben presto un risvolto negativo tanto che, al Nord, la “Lega per Salvini Premier” avrebbe registrato un 30% di tessere in meno rispetto allo scorso anno. E a complicare il quadro, si mette di traverso Luca Zaia.

Il Presidente della Regione Veneto Luca Zaia, nelle ultime settimane, ha fatto testare in alcuni sondaggi il potenziale di una sua eventuale lista personale, la “Lista Zaia”. Secondo i sondaggi, riportati da Affari Italiani, Zaia da solo raggiungerebbe quasi il 40 per cento, mentre la Lega scenderebbe al 10. Le elezioni regionali del 20 e 21 settembre, quindi, saranno un banco di prova decisivo: se Zaia in Veneto dovesse vincere con percentuali alte e se Salvini dovesse uscire ridimensionato nelle altre Regioni, sarebbe inevitabile una sorta di resa dei conti. Del resto, da tempo si parla di una sorta di dualismo tra Luca Zaia e Matteo Salvini che fanno gridare, ad ogni cenno di nervi tesi, alla scissione. La popolarità del governatore avrebbe messo in discussione la solidità del leader Matteo Salvini, che vive tra l’altro un periodo poco felice. Sono così tornate a circolare le voci che parlano di una possibile scissione nella Lega, con i salviniani nel nuovo partito voluto dal Capitano e i veneti invece a raccogliere l’eredità del Carroccio delle origini.

Lega a rischio scissione?

Così, da oggi, ci sono due partiti: la “vecchia” e la “nuova” Lega. E se la “nuova” Lega è occupata da Matteo Salvini, resta da capire chi colmerà la “vecchia”. Ad incidere, fa notare Repubblica, saranno certamente i rapporti personali tra i dirigenti. Da una parte quelli che si sentono ancora legati a Bossi; dall’altra quelli della generazione sovranista. Ci sono poi le divisioni regionali: Veneti e Lombardi sono da sempre avversari interni e quel dualismo, oggi, sembra replicarsi. Basta pensare alla vicenda di Toni Da Re, eurodeputato del Carroccio eletto nel 2019 ed ex segretario della Lega in Veneto, oltre che fedelissimo di Zaia. Appena approdato a Strasburgo è stato rimosso e al suo posto Salvini ha mandato l’ex Ministro Lorenzo Fontana. Altra sede di rancori è il Movimento dei Giovani Padani, luogo di nomine e scontri.

Nella Lega, dunque, di pace ce n’è poca e i riflettori sono tutti puntati su Matteo Salvini che potrebbe essere espropriato più che facilmente. A scandirne il destino, dopo il voto del Senato per il caso della Open Arms, una serie di appuntamenti di cui, primo, il voto alle Regionali di settembre. Poi, quelle della prossima primavera. Ancora, il verdetto sul governo Conte2: se andrà in crisi e se si terranno le elezioni nazionali anticipate, allora Salvini registrerà la vittoria. Altrimenti, Salvini farebbe un ulteriore passo indietro rispetto a Fratelli d’Italia e Forza Italia. E ancora, a far vacillare le sorti di Salvini, il sorpasso di Fratelli d’Italia sulla Lega, vista l’avanzata di Giorgia Meloni che sta guadagnando terreno. Tra l’altro, i vecchi fedeli al partito di Bossi avrebbero chiesto consiglio ad alcuni avvocati per riprendersi il simbolo, il nome e l’immagine di Alberto da Giussano. Tutto si fonda su un interrogativo presente nei pareri legali: “È possibile non pagare le quote associative per un partito che avrebbe ancora 49 milioni di debito con lo Stato?”. L’universo leghista, dunque, sta entrando in fibrillazione e gli spazi certi sono ora quanto mai oscuri.

Fonte: Affari italiani, Repubblica

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