Giorgia Meloni dovrebbe esserci abituata ormai. Perchè non è la più bella del reame, certo. Perchè è una leader in ascesa, in maniera quasi prepotente e meno effimera di quanto lo è stato Salvini durante gli ultimi mesi del primo Governo Conte, con un progetto di conquista politica del Paese impantanatosi nelle sabbie del Papetee. Lei non ha avuto fretta: ha studiato gli errori di Matteo e ne ha fatto tesoro. E ora è lei a far paura ed è diventata il nuovo avversario da battere.
Giorgia Meloni: che il problema numero uno fosse ormai diventato lei, lo si era capito da tempo, almeno da quando Repubblica, le aveva dedicato un ritratto accurato e velenoso, di quelli che ti saresti aspettato nei confronti di un Belusconi in ascesa, nel secolo scorso. Giorgia veniva descritta nel modo peggiore possibile, ma con intelligenza circospetta, perchè il foglio che fu di Eugenio Scalfari non rinunciava a quell’apparente noncuranza che deriva dalla presunzione di superiorità. E tuttavia la paura in fondo c’era, ed era evidente fin dalla scelta di dedicare tanto spazio a lei. Presto sarà inevitabile farlo, si saranno detti, e allora picchiamo due volte che picchiamo meglio. E giù botte. Il risultato di quel pestaggio aggraziato come la demolizione, al rallentatore, di uno scenario in lego è stato che la stessa Giorgia, con non minore controllo, ha iniziato a costruirne un altro, di scenario, tassello dopo tassello. E il suo percorso pare inarrestabile, ora.
Giorgia Meloni ha quasi raccolto tutto il consenso in fuga dalla Lega, in quest’anno che il leader del Carroccio è stato costretto all’angolo, facendo uso di una dialettica più assertiva e imprevedibile e, sopratutto, con una ferocia di cui l’ex Ministro dell’Interno è incapace. O meglio, non sarebbe in grado di gestire con l’efficacia di cui dispone la leader di Fratelli d’Italia. Eclatante è stato il suo intervento in Senato, durante la discussione riguardante la proroga dello Stato di Emergenza: ha toccato tutti i punti sensibili dell’elettorato del Centrodestra evitando tuttavia l’eloquio un po’ pigro e prevedibile – da orso in fase digestiva – tipico di Matteo Salvini. Lei è apparsa come una gatta selvatica fuggita via dal sacco dove si era tentato di rinchiuderla: un’attaccabrighe lucida, con stop and go dialettici di innegabile efficacia. E’ capace di cambiare tempi, modi e scenari, nei suoi interventi e anche di buttarla in caciara – come si dice nella sua Roma – con qualche buon fallo tattico, quando serve a riordinare le idee. Ed ha bisogno di poco tempo, Giorgia. La sua velocità di pensiero – quando si tratta di confronto politico senza troppe cerimonie, verifiche o approfondimenti – non ha eguali al momento.
Il suo intervento al Senato, dicevamo. La leader di Fratelli d’Italia si è espressa così, rivolta a Giuseppe Conte: “Lei fin qui ha avuto poteri straordinari tanti da configurare quasi i pieni poteri. Cosa ci avete fatto? Li avete usati per fare un’infornata di 300 nomine pubbliche nel corso del lockdown. Li avete usati per mettere nei decreti cose che non c’entrano nulla con la pandemia come la concessione di Fiumicino alla famiglia Benetton, avete fatto la commissione sulle fake news, il Ministero della verità o la sanatoria dei migranti, sono queste le cose che volete continuare a fare?”.
“Non renderemo tutto vano per la vostra furia immigrazionista! – ha detto la Meloni che ha subito dopo sottolineato la reazione di Conte: “E non rida, presidente Conte, perché non c’è nulla da ridere…”. Uno scontro diretto, quello tra il Premier Conte e la leader di Fratelli d’Italia, che segna quasi un passaggio di consegne, da leader dell’Opposizione, tra lei e Matteo Salvini. Perchè la sua velocità nel percepire lo scherno dell’avversario politico e di sottolinearne la cifra beffarda e inadeguata denota un istinto di prim’ordine. Un altro interlocutore si sarebbe trovato spiazzato dinanzi ad un Premier che, con sarcasmo, sottolinea di rimando quel termine – “furia immigrazionista” – proprio dell’armamentario di una certa Destra. E avrebbe pensato che forse sì, la misura della retorica populista era colma, a quel punto. Giorgia Meloni no, ha percepito la difficoltà di Conte che si celava dietro quelle risate e ha replicato in maniera ferina, secondo il proprio istinto. Ha compiuto una ragionamento rapidissimo, valutando che le riprese della seduta potevano con tutta probabilità non aver colto la reazione del Premier. E allora è stata lei a rendere noto, in tempo reale, quanto stava accadendo.
Un prologo a questo passaggio di consegne era avvenuto mesi addietro, con il premier che, dopo poche parole sprezzanti nei confronti di Salvini, si era dilettato a bacchettare la leader di Fratelli d’Italia dagli scranni del Governo, lamentando che la “deputata Meloni” diffondeva falsità sulle iniziative dell’Esecutivo. E lei come un’aquila strillava, interrompendolo, “non tollero si dicano falsità“.
L’altro giorno dunque il nuovo round, con Conte che rideva e lei a redarguirlo di rimando. E’ probabile che risa vera e proprie non siano state, ma è bastato l’accenno di un sorriso a farle diventare tali. L’effetto a cui mirava la Meloni è stato presto raggiunto, sembra, con Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera che piccato su Twitter commentava: “Il presidente Giuseppe Conte Conte ride alla presidente Giorgia Meloni mentre interviene in aula è un’offesa alla donna, alla deputata, agli italiani: è un insulto al momento drammatico che l’Italia sta vivendo. Ci auguriamo che presenti le sue scuse”.
E siamo giunti al nuovo tassello, quello che parte dall’amorevole ritratto di Repubblica e passa attraverso il sorriso di Giuseppe Conte. Questa volta è lo scrittore Sandro Veronesi vincitore del Premio Strega 2020 a replicare ad un post FB della Meloni, dedicato al via libera del Senato per il processo a Matteo Salvini. Anche qui la difesa delle ragioni proprie del Centrodestra sembra passare di mano, da Salvini a Meloni con tutte le reazioni social del caso. Tra queste la Meloni intercetta e mette in evidenza quella dello scrittore il quale, alla tesi della Meloni che parla di una Nazione che necessita di essere difesa da “vigliacchi e traditori” – e il riferimento ai 5 Stelle è palese – ha replicato “Vigliacca e traditrice te e tu sorella“.
Al di là dello scontro di piccolo cabotaggio, questa volta, il commento piccato dello scrittore – il quale evidentemente ritiene sia una buona occupazione perdersi dietro i post di Giorgia Meloni – fa capire che se il Centrodestra ha un problema apparente – l’eclissi di Matteo Salvini – la Sinistra ha un problema vero. E si chiama Giorgia.
Fonte: Corriere della Sera, Giorgia Meloni FB, Fabio Rampelli Twitter
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