Troppe le contraddizioni che emergono dalle dichiarazioni del governatore della Lombardia Attilio Fontana sui conti correnti all’estero e sulle forniture dei camici.
I conti non tornano proprio – né in senso figurato né letterale – per il governatore della Lombardia Attilio Fontana, finito nell’occhio del mirino della Procura di Milano per trasferimenti di denaro su conti esteri e per presunta frode nelle pubbliche forniture dei camici. Troppe le contraddizioni che emergono dalle dichiarazioni del presidente della Lombardia – spiega la Repubblica. Il primo aspetto che non torna è il denaro depositato su un conto all’estero: 5,3 milioni – oggi 4,4 – scudati nel 2015. Denaro scoperto a causa del bonifico che il governatore ha tentato di fare – venendo bloccato – in favore del congnato Andrea Dini per risarcirlo per i camici donati a Regione Lombardia. Secondo la versione ufficiale del numero uno del Pirellone, si tratterebbe del lascito di un’eredita. Fontana ha precisato che i suoi genitori mai e poi mai hanno evaso le tasse ma questo mal si concilia con queste ingenti cifre depositate all’estero su un conto intestato alla madre. Infatti – sospetta la Procura – si fosse trattato di denaro legale non ci sarebbe stato bisogno di scudarlo con dei trust alle Bahamas.
Un altro punto da chiarire è di chi sono quei soldi.Secondo gli investigatori è improbabile che i genitori di Fontana – un medico e una dentista – negli anni ’80 avessero messo da parte tali somme. L’ipotesi più probabile è che si tratti di denaro che appartiene allo stesso Fontana e non già ai suoi genitori. Nel caso in cui non si trattasse di soldi provenienti da un’eredità – come dichiarato dal governatore – si configurerebbe il reato di falso in voluntary. Altro aspetto su cui sono emerse palesi incongruenze riguarda i movimenti su questo conto: Fontana ha dichiarato che il conto era fermo da anni, dalla metà degli anni ’80 almeno. Mentre dai documenti risultano esservi stati una serie di movimenti tra il 2009 e il 2013 che hanno spostato grosse cifre. Ma all’epoca la madre del governatore aveva quasi 90 anni: improbabile che sia stata lei a operare.
Infine il leghista si è contraddetto anche per quanto riguarda la questione relativa alla fornitura dei camici. Lunedì scorso – riporta La Stampa – nel corso del Consiglio regionale, Fontana ha rimarcato la sua integrità: “Non posso tollerare si dubiti della mia integrità e di quella dei miei familiari.Regione Lombardia non ha speso un solo euro per i 50.000 camici e dei rapporti negoziali tra Dama Spa e Aria non ho saputo fino al 12 maggio scorso. Sono convinto si sia trattato di un negozio corretto ma ho chiesto a mio cognato di rinunciare al pagamento per evitare strumentalizzazioni”. Ma le sue affermazioni sono state smentite dall’ex numero uno di Aria – centrale acquisti di Regione Lombardia – Filippo Bongiovanni, e dall’assessore regionale Raffaele Cattaneo i quali hanno fornito altre date. Ma l’aspetto più spinoso di tutti riguarda i camici mancanti, ovvero la mancata consegna dell’ultima tranche dei dispositivi medici. Nonostante in quel periodo vi fosse urgenza di dispositivi sanitari per la tutela di medici, infermieri e operatori, nessuno – né in Regione né in Aria – ha mai pensato di far consegnare i 25.000 camici mancanti.
Samanta Airoldi
Fonte: Repubblica, La Stampa
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