L’inchiesta per frode aperta e le opposizioni che provano a sfiduciarlo: Attilio Fontana vive giorni non facili. In Consiglio Regionale, il Governatore della Lombardia si è difeso dalle accuse a suo carico ribadendo la sua volontà di non dimettersi.
Secondo la ricostruzione del Corriere della Sera, non esiste alcun atto formale della Regione Lombardia che ha trasformato la fornitura di 75mila camici in donazione da parte della Dama spa, la società di Andrea Dini – cognato del governatore Attilio Fontana. Ovvero: la trasformazione del contratto non è mai stata registrata. Ma Fontana ha un’altra versione della storia: “Con Dama Spa il negoziato è stato corretto, ma non ne ho saputo nulla fino al 12 maggio scorso”, si è difeso il governatore chiarendo di aver chiesto al cognato di rinunciare al pagamento – il bonifico da 250mila euro – per evitare polemiche e strumentalizzazioni. La rinuncia, quindi, non sarebbe dovuta all’inchiesta di Report, datata il 1 giugno: “Erano trascorsi già 18 giorni”, dice Fontana.
Ricostruendo la propria versione dei fatti, la Dama si sarebbe resa disponibile a fornire un contributo per emergenza Covid-19, come già fatto in precedenza. Come lei, altre 5 aziende avevano dato propria disponibilità a riconvertire le produzioni e tutte e 5 hanno visto acquistate le loro merci e camici, con costi differenti. Ma per tutte loro aziende è valsa la stessa procedura. Fontana avrebbe quindi spontaneamente considerato di partecipare a una parte della donazione fatta da suo cognato, ma ben presto il gesto di solidarietà è diventato sospetto. Del resto, sin dall’inizio dell’emergenza, sulla “Lombardia si è scatenata una vera e propria pioggia di meteoriti”, dice il politico. Prima le accuse sui tamponi, poi le accuse sulla gestione della pandemia, poi ancora il modus operandi della sanità: la “Regione Lombardia ha subito un grave contraccolpo a livello di reputazione determinando “un sentiment negativo e arrivando a mettere in discussione un’eccellenza”, sostiene Fontana. Forse non a torto.
La Lombardia esce distrutta da questi mesi burrascosi. Non solo paga le colpe di una pandemia diffusasi in maniera esponenziale e andata a colpire una delle Regioni più vitali d’Italia; ma soprattutto perde la sua immagine di zona d’eccellenza e efficienza. Troppe toppe ci sono state, troppe crisi interne, troppe note stonata. E oggi la vicenda di Attilio Fontana sembra chiudere il cerchio. Che sia una mossa mediatica, un contraccolpo politico o un’accusa fondata, forse è presto per dirlo. Ma il Governatore non ha intenzione di arrendersi né di dimettersi. “Di benzina nel serbatoio ne ho tantissima, anzi devo accelerare per consumarla un po’”, ribadisce in un’intervista a Repubblica al termine del Consiglio. I magistrati devono svolgere il proprio compito e accertare la verità, ma la verità di Fontana è l’estraneità ai fatti. Nulla sapeva dei rapporti fra la Dama e Aria, la stazione appaltante della Regione fino al 12 maggio; nulla sapeva della procedura negoziata di Aria che ha portato all’acquisto di camici forniti dalla società Dama. Eppure Filippo Bongiovanni, il dg dimissionario di Aria, ha messo a verbale di aver comunicato alla segreteria di Fontana, già il 10 maggio scorso, che esisteva un contratto di affidamento diretto e senza gara a Dama. Ci sono, insomma, 48 ore di buco. “Glielo dico con sincerità, non posso giurare che fosse il 10 o il 12 maggio. Ma ricordo che ricevetti la notizia di questo contratto alla fine di una normale giornata di lavoro. Quindi, essendo il 10 maggio una domenica, poteva essere stato l’11 o il 12 sera”, ha replicato Fontana al giornalista.
Quanto al bonifico di 250mila euro diretto al cognato, l’intenzione era di alleviare il peso economico della operazione del cognato, partecipando alla copertura di una parte di quell’intervento economico. “Una decisione spontanea, volontaria e dovuta al rammarico di constatare che il mio legame di affinità aveva solo svantaggiato una azienda legata alla mia famiglia”, prosegue il Governatore. Quanto ai 5,3 milioni di euro, fondi gestiti fino al 2015 da due trust alle Bahamas e poi “scudati”, si tratta di un conto ereditato dalla madre. “Non erano soldi frutto di evasione fiscale”, dice Fontana che non sa davvero perché i suoi genitori portassero fuori i loro risparmi. Quel conto è insomma perfettamente legale, dichiarato, pubblico e trasparente; è riportato nella dichiarazione patrimoniale pubblicata sin dal primo giorno del suo mandato sui siti regionali.
E perché, tornando ai camici, la Regione non ha chiesto a Dama spa di sottoscrivere un patto di integrità che avrebbe dovuto mettere al riparo Fontana da conflitti di interesse?
“Ritengo che Aria abbia svolto bene il suo lavoro. Tutti gli acquisti svolti in quella fase erano in regime di emergenza e seguivano procedure eccezionali tali da non richiedere la sottoscrizione del patto di integrità”, spiega Fontana. Dal punto di vista sostanziale e a conti fatti, la Regione non ha pagato e non pagherà. Di fatto, la crisi del Covid19 ha rimesso al centro lo Stato e la sua capacità d’azione: “Errori ovviamente ci sono stati ma, come spesso accade in queste circostanze, quando la si butta in caciara pochi resistono alla tentazione di gettar via il bambino insieme all’acqua sporca”, conclude il Governatore.
Fonte: HuffPost, Repubblica, Corriere
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