Piacenza: il Comando provinciale dei Carabinieri sapeva di Montella e i suoi, ma non fece nulla

Una sfilza di arresti, dal 2017, che hanno caratterizzato il gruppo di Montella sono finiti nelle indagini della Procura. Nel mirino della Magistratura le possibili coperture di cui hanno goduto i militari della Caserma Levante.

Piacenza: azzerata catena di comando provinciale dei Carabinieri per i fatti della caserma Levante - Leggilo.org

 

L’indagine condotta dalla Procura di Piacenza che mercoledì scorso ha portato all’arresto di 6 carabinieri della Caserma “Levante”, mira con forza alla catena di comando provinciale – responsabile della struttura militare che si trova nel centro della città emiliana – per verificare eventuali responsabilità dei superiori del gruppo capeggiato da Giuseppe Montella. Come hanno potuto gli appuntati della “Levante” compiere i crimini di cui sono accusati – tra cui spaccio, tortura e associazione a delinquere – senza destare alcun sospetto? E’ quello che si chiede il Procuratore Grazia Pradella, che ha deciso di aprire altri filoni d’indagine collegati al gruppo: le responsabilità dei superiori, che avrebbero coperto gli appuntati e la legittimità degli arresti commessi dal 2017 ad oggi da Montella e soci. Come spiega Repubblica, il modus operandi era sempre lo stesso: i carabinieri della “Levante” intercettavano, in flagranza di reato, uno spacciatore, obbligati dunque ad intervenire con conseguente processo per direttissima.

Ma c’è un’altra similitudine tra tutti gli arresti effettuati con quello che è stato già ribattezzato “metodo Montella” – se ne conteranno 50 – che ha insospettito la Procura: la resistenza all’arresto del fermato con annessa aggressione a pubblico ufficiale. Si tratta di numeri molto importanti, dovendo tenere conto che si tratta di un presidio dei carabinieri in centro città – 9 militari in tutto – e che tutti gli arresti sono stati effettuati nei quartieri vicini alla “Levante”. La Procura sta lavorando per l’ipotesi di associazione a delinquere – che vedrebbe nel caso iscritti nel registro degli indagati altri militari – anche per gli arresti effettuati dal gruppo. Gli arresti di Montella e i suoi avevano due importanti finalità: in primo luogo – come appurato nella prima parte dell’indagine – liberavano gli spacciatori alle loro dipendenze della “concorrenza”, facendoli rimanere da soli nelle grandi piazze di spaccio cittadine; in secondo luogo gli arresti giustificavano la presenza costante degli uomini della “Levante” nelle strade cittadine, oltre ad accrescere la fiducia del comando superiore.

Tra il 2016 e il 2017 i quotidiani locali di Piacenza iniziano a riempirsi di notizie circa operazioni antidroga compiute dal gruppo – più operazioni c’erano, più si rendeva alto il tasso di criminalità, più si giustificavano altri arresti – fino a quando, il 7 aprile 2017, il giornale “Il Piacenza” mette il focus proprio sui numeri della “Levante” con queste parole: “Spaccio ai giardini Margherita, i carabinieri della Levante arrestano 8 persone in 51 giorni. Quasi uno a settimana dal 14 febbraio al 6 aprile”. Un passaggio importante, dal momento che testimonia come, in città, ci si fosse accorti delle operazioni del gruppo. Nelle foto degli articoli c’erano sempre Montella, l’appuntato Giacomo Falanga, il Maresciallo Marco Orlando e il Maggiore Stefano Bezzeccheri, oggi tutti indagati. Il susseguirsi di arresti fotocopia attirò l’attenzione anche dell’allora comandante provinciale, il Colonnello Stefano Piras che, in un incontro proprio con Bezzeccheri, fece notare come una caserma come la “Levante” doveva essere adoperata soltanto per il controllo del territorio e che gli appuntati presenti non potevano effettuare indagini in borghese. Un particolare non da poco se si considera che un appuntato, senza un superiore presente, non può effettuare indagini, da qui, secondo la Procura, la necessità di un reato commesso davanti ai propri occhi. Le parole di Piras arrivano tra il 2018 e il 2019, nel frattempo Montella e i suoi ebbero anche l’encomio solenne del Comando della Legione Emilia-Romagna per: “I risultati conseguiti soprattutto nell’attività di contrasto allo spaccio”.

E fu proprio Bezzeccheri, il 5 marzo di quest’anno, dopo un incontro con il Comandate provinciale, a contattare direttamente Montella ed a chiedergli arresti maggiori entro la fine del mese: “Vediamo di farne il più possibile anche settimana prossima, almeno tre-quattro”. La vicenda sta sconvolgendo l’Arma che sta cercando di sospendere o trasferire tutti gli uomini implicati nella vicenda. Come spiega Adnkronos, sono stati azzerati i vertici del comando provinciale di Piacenza. Il Comandante Stefano Savo, arrivato in città nel novembre scorso, è stato rimosso dal suo incarico dal comando centrale dell’Arma. Oltre al Comandante Savo, sono stari rimossi – ma sono estranei alle indagini al momento – anche il Comandante del Reparto Operativo Marco Iannucci e il Comandante del Nucleo Investigativo Giuseppe Pischedda, che saranno assegnati ad altri ruoli in altre città.

.Fonte: Repubblica, Adnkronos

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